La pubblicazione di questi racconti per tutto il mese di marzo è un modo un po’ diverso dal solito per celebrare l’8 Marzo, Giornata internazionale della Donna. “Le mie storie sono dedicate alle donne e alle voci del passato”, scrive Roberta Giacometti. Buona lettura.
La zia la chiamò: c’era il direttore del teatro in persona che la cercava.
Stava giocando in cortile con le cugine e i fratelli. Lei era la più brava a saltare la corda e stava cantando la filastrocca che prevedeva il gioco: «Cameriere! Comandi! Un bicchiere! Vado vengo e torno subito!» uscì dal cerchio e corse ansimando verso la zia.
«chi… chi mi cerca? Il direttore… arrivo!»
La zia le andò incontro e le aggiustò i capelli: «Tieni su la schiena, salutalo come sai, rispondi solo dopo che hai capito bene quello che ti chiede. È chiaro?»
La bambina annuì, sapeva perché la zia le dava quelle spiegazioni, il direttore era una persona in vista nel paese e la zia si preoccupava di far bella figura.
«Ma abbiamo fatto le prove generali ieri, domani dobbiamo andare in scena! Vuoi vedere… vuoi vedere che non mi vogliono più?»
La zia la prese da parte e le strofinò le gambe sporche. «Vieni qui, le tue ginocchia sembrano due lividi neri e callosi, tirati giù il vestito per bene che non si vedano… non ti vogliono, dici? Ma va là, vedrai, è una sorpresa, il direttore me ne ha già accennato.»
La bambina sgranò gli occhi: «Cosa ti ha detto zia, non farmi aspettare!»
Ma la zia con un sorriso appena accennato, le disse: «dai sei a posto, il direttore è in casa che ti aspetta. Te lo dirà lui!»
L’appartamento della zia era di fronte al suo, sulla parte anteriore e più bella della casa. Il direttore si era fatto ricevere dalla zia perché era un amico del marito. Meglio così, pensò, non gli avrebbe fatto piacere entrare in casa sua, spesso sottosopra per via dei tanti che l’abitavano.
«Dritta, ti ho detto…». Il direttore era seduto al tavolo del soggiorno e sorseggiava un liquorino fatto in casa. «Oh, finalmente eccoti qua, ti fai già aspettare come le prime donne… la zia ti ha detto qualcosa? No, allora senti. Domani siamo in scena al Duse, a Bologna e sai cosa ci capita? Che il nostro piccolo attore protagonista si è rotto una gamba cadendo dalla bicicletta! Accidenti a chi gliel’ha regalata! Ma domani il podestà e tutti gli altri della sezione ci vogliono e quindi non dobbiamo mancare. Ho già pensato a tutto io: tu sostituirai l’infortunato e farai il piccolo balilla!»
13Una cartolina di propaganda dell’immaginario del Balilla (Foto di Sailko da Wikipedia)La bambina si sentì mancare e si sedette di botto. Altro che schiena dritta, qui ci voleva un letto.
La zia le accarezzò il volto: «il direttore dice che ieri alle prove generali ti ha visto, e ti ha notato a tutte le prove di questi mesi, non sei mai mancata, ti ha ascoltato nella tua piccola parte e dice che hai una bella voce. Ti ha portato la parte del protagonista da leggere, se vuoi ti porta di corsa dal maestro per ripassare, ma non puoi non fare quello che ti chiede! Sono certa che te la senti, vero cara? Sei una cantante nata… è davvero un usignolo, vero direttore?»
«La vostra famiglia mi ha sempre dato soddisfazioni, siete fra i più assidui in teatro, e la numerosa figliolanza di vostro cognato dà lustro al regime, sono tutti disponibili, brave comparse ma soprattutto voci incantevoli, voci di popolo, genuine, adatte a melodrammi e operette…»
«Allora cara, che cosa rispondi al direttore? Andrai subito dal maestro?»
La bambina alzò lo sguardo, cercò di calmarsi, che fino a quel momento il cuore le aveva dato di matto. La zia non l’aveva mai chiamata cara. Anzi, di solito la comandava a bacchetta. Vai qui, vai là, fammi questo, fammi quello… ora era tutta gentile!
«Non importa andare dal maestro, la parte del piccolo balilla la so, la canto dentro di me dal giorno delle prime prove. La parte la conosco, ma… è quella di un maschio e io come posso fare?» Il direttore, visibilmente soddisfatto, la mise in piedi sulla sedia con una sola mossa.
«Non preoccuparti, ci penseremo noi a truccarti bene, e poi alla vostra età… non c’è differenza nella voce. Lo sapevo che potevo contare su di voi, signora bella grazie per il vostro liquore, era ottimo. Vado subito dal maestro a riferire. Ci vediamo domani alla solita ora.»
La zia accompagnò la bambina a casa, erano così felici di dare la notizia che fecero tutto il cortile di corsa.
«E ha detto che il mio liquore era ottimo e l’aspetta domani alla solita ora? Hai capito bene? Domani farà la parte del protagonista, davanti al podestà, a tutti gli altri capoccioni e alle signore con i bei vestiti, e se saranno bravi ha detto che andranno alla festa del duce a Predappio. Lo sai che il duce vuole bene alla sua Romagna e vedrai, la piccola balilla farà carriera!» La zia non finiva più di parlare e ripetere tutto al cognato che era arrivato da poco.
Il babbo della bambina era stanco, ma a sentire la buona notizia si rinvigorì e tirò fuori il fiasco di vino che teneva nascosto.
Il suo amore per la musica era cosa risaputa: quale pompiere volontario seguiva tutte le opere da dietro la scena, non ne perdeva una, a turno portava i figli e li accompagnava sul loggione: «Ascolta con attenzione che domani la cantiamo a casa!» diceva a tutti loro e la sua primogenita, la sua graziosa biondina, si era appassionata: era davvero la più brava!
«Dai vieni qui! Peccato che io non possa ascoltarti domani, ma mi sembra già di sentirti. Stai attenta quando entri in scena a non inciampare, succede spesso, ah … e poi guarda sempre in alto sopra alle teste del pubblico… e sarete così bravi, sarai così brava che ti porteranno alla festa del duce a Predappio… E lì ci sarà il duce e donna Rachele, si commuoveranno al sentirti e vedrai che metteranno una parola buona con il maestro e sono sicuro, sicuro dico, che il prossimo anno sarai davanti alla regina… e ti stringerà la mano e sarà estasiata dalla tua voce e ti farà studiare canto e la gente ti riconoscerà e dirà: eccola è lei, la miglior mezzosoprano dell’era fascista…» il babbo teneva la bambina sulle sue ginocchia mentre le regalava sogni, l’unica cosa che egli potesse permettersi.
La figlia lo interruppe, che quei sogni servivano più a lui che a lei.
«La regina, il re, ma babbo… secondo te, sono come noi? Loro vanno in carrozza, salutano dal finestrino, hanno abiti bellissimi, la maestra dice che sono la famiglia reale, come nelle favole… ma io non capisco, il nostro re, la nostra regina… sono come noi? Sono fatti di carne e ossa come noi? Si possono toccare?»
Il babbo saltò in piedi e la mise sul tavolo. La guardò con dolcezza: era ancora una piccola bambina di nove anni… «Oh sì, sono come noi, ma hanno le unghie pulite, tante buone cose da mangiare e servitori e palazzi…» e accarezzando le gambe magre della sua bambina non riuscì ad aggiungere altro.
Ma riprese spedito: «Oh, vedrai. Dai retta al tuo babbo, cavalcherai le scene d’Italia e sarai la voce preferita di Verdi e poi di Rossini e poi…»
La bambina guardò la mamma che, mentre sgranava fagioli, scuoteva il capo e sorrideva. Poi la mamma diede la pentola al marito e disse: «Dai mò Bab, l’ora dei sogni è finita, è l’ora di apparecchiare! E tu, piccola balilla, va a chiamare tutti gli altri. Domani è un altro giorno.»
(Roberta Giacometti)