Seguendo le tracce del lupo, l’animale più “selvaggio” dei nostri territori, la “pista” ci sta portando, con una certa sorpresa, sulle tracce dell’animale più vicino all’essere umano, ovvero il cane.
Leggi gli altri pezzi >>>>
Gli archeozoologi sostengono che la domesticazione risale a circa 10.000 anni fa. Si pensa che i lupi iniziarono ad avvicinarsi agli accampamenti umani, al tempo sostanzialmente cacciatori, rovistando tra gli scarti dei pasti in cerca di ossa da spolpare. Poi questo rapporto di vicinanza si estese ai momenti di caccia attiva della selvaggina, e da lì, generazione dopo generazione, le due “anime” dello stesso animale presero strade divergenti fino ad arrivate agli antipodi… strana cosa, no?
L’abbondanza di ungulati nelle colline e montagne dell’Emilia Romagna, da tempo aveva convinto i tecnici che il lupo sarebbe arrivato fino a noi, ma il fenomeno sottovalutato è stata la “discesa” nelle pianure urbanizzate. Molti pensavano che l’elusività dell’animale non gli consentisse di vivere tra campi coltivati, case, strade, stabilimenti, infrastrutture, recinzioni, canali, ponti, giardini e una moltitudine di cani da compagnia…. invece questo sta accadendo e pone nuovi interrogativi.
In particolare le relazioni tra cani e lupi sono contraddittorie. Quando il lupo si avvicina ai luoghi abitati, fondamentalmente alla ricerca di cibo, si trova il cane “di mezzo” e sono scintille. Quando, invece, è il cane che si intromette nel territorio controllato dal lupo, le situazioni possono prendere due strade: la competizione, ed allora il cane ha la peggio, oppure il contrario…. ed allora scocca l’ibridazione. Quest’ultima questione è un argomento dibattuto e complesso, motivo di grande preoccupazione da parte degli esperti.
Il primo monitoraggio nazionale sul lupo coordinato recentemente da Isppra (Istituto superiore protezione ricerca ambientale) ha consentito di quantificare il fenomeno dell’ibridazione cane/lupo.
Le oltre mille persone che vi hanno partecipato, tra forestali, guardiaparco e volontari, durante le perlustrazioni hanno raccolto sul territorio ben 2.800 campioni organici, principalmente fecali, che sono stati analizzati in laboratorio con tecniche Dna.
Ciò ha consentito di accertare che circa il 10% dei lupi possono essere considerati “ibridi”. Per ibrido s’intende un esemplare che ha avuto un genitore “canino” nelle ultime tre generazioni. Questo fenomeno ha un duplice riflesso: per un verso rischia di inquinare permanentemente le caratteristiche genotipiche lupine, selezionate in millenni di storia evolutiva, per un altro, apre il campo a scenari difficilmente prevedibili in termini di comportamento degli animali.
Attualmente gli esemplari “ibridi” sono animali assolutamente selvatici, che vivono assieme ai lupi “puri” ed hanno i medesimi comportamenti, ma se il fenomeno dovesse estendersi e replicarsi continuativamente, nessuno sa dire cosa può accadere.
Gli esperti sostengono che il fenomeno dell’ibridazione spontanea ha una genesi casuale e statistica, perciò è significativa solo dove sono presenti popolazioni consistenti di cani vaganti (che hanno padrone ma si allontanano per periodi più o meno lunghi) o inselvatichiti (senza padrone, che vivono permanentemente in boschi e campagne).
Lo studio nazionale “Linee guida per la gestione dell’ibridazione tra lupo e cane” pubblicato nel 2016 nell’ambito del progetto europeo “Ibri Wolf”, contiene molte informazioni in materia.
In particolare, la dinamica iniziale più plausibile pare accada quando una femmina di lupo in dispersione, cioè uscita dal suo branco e in cerca di un nuovo territorio, in fase di calore incontri un cane inselvatichito e accetti l’accoppiamento.
Peraltro questa lupa dovrà crescere da sola i cuccioli perché il cane maschio, normalmente, ha perso l’istinto lupino di procacciare il cibo e rigurgitarlo ai piccoli. Perciò queste situazioni sono svantaggiate in partenza rispetto a quelle “pure”.
Un altro aspetto della questione, non secondario ai fini dei possibili provvedimenti da prendere, è di tipo normativo in quanto l’ibrido è una fattispecie non prevista… per cui è in discussione se debba ricadere nella normativa sul lupo, che ha una altissima protezione ed ogni intervento è subordinato ad autorizzazione, oppure a quella che riguarda i cani e gli animali di affezione, che è regolata dalla Legge nazionale 281/1991 e la cui gestione è delegata ai Comuni.
Infine un elemento da tenere a mente, in questi ragionamenti, è il rapporto tra la densità della popolazione canina e quella lupina. Nel nostro paese si stimano, tra i 20 ed i 30 milioni di cani, dei quali meno della metà registrati all’anagrafe canina, mentre i lupi sono circa 3.000…. con un tale differenziale, la battaglia sembrerebbe persa in partenza.
Ma non è solo una questione di numeri, bensì, soprattutto di modi. Recentemente Legambiente ha aggiornato l’indagine nazionale “Animali in città” che ha restituito dati oltremodo preoccupanti sulla gestione canina.
L’anagrafe canina, ovvero il fondamentale strumento di governo del “pianeta cane”, non è gestita correttamente in tutto il paese.
Eppure è fondamentale per consentire al personale di controllo di risalire alla titolarità del cane catturato ed è il primo imprescindible passo, per contrastare l’abbandono e il randagismo.
Poi dovrebbero essere organizzati e gestiti canili dignitosi, dove i cani recuperati o abbandonati devono essere ricoverati, in attesa di un affidamento.
Poi serve personale competente che riceve le segnalazioni, cattura i cani, gestisce i canili.
Infine, per estendere l’efficacia dell’anagrafe canina, dovrebbero essere più coivolti i veterinari, che per vari motivi sono in contatto con le genti di campagna e potrebbero essere più convincenti al fine di una corretta gestione canina.
Ed a corollario di questo complesso argomento, c’è il tema delle razze canine con “sangue lupino”. Sono ben sette le razze di questo tipo riconosciute internazionalmente dagli Enti Cinofili, tra queste il cane lupo cecoslovacco.
Si tratta di animali impegnativi, dalle elevate esigenze “ambientali”, spesso con carattere “forte” che richiede al padrone la capacità di mantenere il ruolo di “capobranco” per consentirne la gestione, che in buona fede può “scappare di mano”.
Peraltro il considerevole valore economico di questi esemplari ha innescato una gestione abusiva di incroci e smercio dei cuccioli, che nel 2017 ha portato al sequestro di oltre 200 esemplari da parte dei Carabinieri Forestali, dopo che era stato accertato un traffico illegale di lupi selvatici.
E’ chiaro che tutto questo antropocentrismo non fa bene né al lupo, né a molti dei suoi “cosiddetti” amanti, dovremmo esserne tutti più consapevoli.
Per saperne di più: #IbriPOST: cos’è l’ibridazione – Life Wolfalps EU
(Luca Bartolucci)