Una volta tanto, non parliamo di risultati, di allenatori più o meno bravi, di scelte tattiche o di composizioni di squadre: parliamo di sport. E lasciamo fuori, una volta tanto quei poveri che gridano scimmia a quel giocatore di colore senza rendersi conto che loro sono ben peggio delle scimmie (e chiedo scusa a tutte le scimmie) che loro additano come esseri degradati, e non curiamoci di quei poveri esseri che si prendono a legnate e percosse lungo i tragitti dalla stazione allo stadio intravvedendo nei tifosi della squadra avversa il nemico da battere: poveri! E non credo che di essi sia il Regno dei Cieli ma che appartengano ad una specie involontariamente incapace di intendere e volere, quindi senza colpa. Infiniti Limbi, per loro!
No, qui si parla di sport, non di debiti di società con una fila di zeri che non finisce più, né di ingaggi milionari e tanto meno di stipendi che tu, povero impiegato, o operaio, o manovale, o infermiere neppure in tutta una vita … No, qui si parla di sport. E ho dimenticato la maiuscola, la “S” maiuscola.
Qui si parla di due ragazze, giovanissime, tutte vestite in una tuta bianca attillata, cucita con un tessuto conduttore, due ragazze irriconoscibili in quanto portano sul viso una maschera un po’ buffa, a forma di casco integrale da motociclista, ma recante sul davanti una reticella come a proteggersi da insetti insolenti.
Le due, per finire nel buffo, sembra vengano trattenute da un filo che pare uscire dal retro delle loro tute. E sono armate di spada, o di fioretto, o di sciabola: poco importa. Sono dunque armate! Si, armate di sport.
Si agitano tra finte e rinculi su di una stretta striscia ben delimitata e stanno disputando una finale di gara: la finale del Campionato Italiano nella loro specialità.
Di quale specialità stiamo parlando? Non importa, qui si parla di sport! Sono entrambe molto brave e preparate: sono anni che schermano, che imparano mosse e finte, che trascorrono ore e ore in palestra per essere scattanti, forti, resistenti allo sforzo e alla tensione.
La tenzone sta volgendo al termine! A una delle due, non ricordo quale, manca solo un punto alla vittoria; l’altra è indietro di due punti ma non si arrende.
Poi il destino imprevedibile e perfido fa mettere male un piede alla ragazza in testa al punteggio mentre indietreggia per schivare un colpo, o una finta, o un affondo dell’avversaria e si storce una caviglia.
Quasi non si regge in piedi, ma come si fa ad arrendersi ad un passo dalla vittoria di un Campionato Italiano! Come si fa! Si rimette in pista, la spada in resta, ma non ce la fa, si accascia dolorante.
L’avversaria potrebbe approfittarne e colpire facilmente l’avversaria incapace di velocità o di contromossa.
Invece si arresta, il suo ferro poggia la punta sulla stuoia della pedana, si avvicina all’avversaria e sembra chiederle qualcosa, forse come sta, o se ha dolore.
Poi si rivolge all’arbitro e fa cenno di rinuncia all’attacco, perdendo così l’ultimo punto e assegnando all’avversaria la vittoria.
Eccole lì, abbracciate strette come più non si può, poi baci e ancora abbracci, poi parole che solo loro si possono dire e che solo loro possono ascoltare. Poi la premiazione, ancora lacrime e ancora abbracci e baci. Si parla di amicizia, più forte di qualunque medaglia o vittoria. Si parla di rispetto dell’altra, della stima, del volersi bene. E si piange, ma questa volta di gioia.
Ecco, avevo promesso che si sarebbe parlato di sport. Non importano i nomi, non si parla di punteggi. Qui si parla di sport.
(Mauro Magnani)