Un 25 aprile diverso, quello del 2023. Al Governo c’è la destra peggiore di sempre. Collusa con quei gruppi che negli ultimi anni in più di una occasione hanno esibito incontrastati il saluto romano e assaltato la sede della Cgil a Roma.
Oggi, forti della vittoria elettorale del settembre scorso che ha portato i suoi esponenti a ricoprire le più alte cariche dello Stato, provano a riscrivere la Storia del Paese. L’operazione di “lavanderia” e ripulitura è in atto da un po’. E’ il tentativo di rilancio di una ideologia. Lo si riconosce sia nella vergognosa dichiarazione del Presidente del Senato sull’attentato di via Rasella, che nella dichiarazione della Presidente del Consiglio sulle Fosse Ardeatine. Trucidati perché italiani. O nell’affermazione del Presidente della Liguria che equipara chi ha partecipato alla Resistenza ai repubblichini di Salò. La neutralità della Storia è servita. Tutti uguali. Annullate le vicende storicamente dimostrate, così come le ragioni delle scelte fatte dagli uni e dagli altri, che le motivano. Le stragi di civili a Marzabotto, a S. Anna di Stazzema e in altri paesi ad opera dell’invasore tedesco con la complicità dei fascisti locali sono state un incidente?
Il linguaggio dell’operazione, non casuale, è una spia. Espressioni come “sostituzione etnica” usata da un ministro della Repubblica apre uno squarcio inquietante sui tempi bui del primo Novecento. E il linguaggio accredita, vela, pulisce, distrae, conduce altrove, plasma. Ne erano ben coscienti sia Mussolini che Goebbels avvezzi alla propaganda per formare consenso. Modalità di comunicazione ancora attuale e praticata da molti politici.
L’idoneità a rappresentare il Paese
La Costituzione italiana scritta dai padri e dalle madri costituenti è intrisa di valori opposti a quelli perseguiti dal regime fascista. Proibisce la ricostituzione del partito fascista. Ma il Presidente del Senato rivendica in essa l’assenza della parola “antifascista”. Un tentativo di legittimazione dell’operazione in atto. Nello scrivere la Costituzione l’Assemblea Costituente ha espresso una visione di società, l’dea di un futuro sulla quale fondare la ricostruzione del Paese. Ha indicato dei valori molto distanti da quelli che hanno caratterizzato il ventennio. Ha tracciato un patto di convivenza per ripartire e attorno a cui riunire il popolo italiano. Chi ricopre alte cariche dello Stato e in genere cariche pubbliche, rappresenta per definizione il patto costituzionale. Se si dimostra allergico ai suoi valori o li offende o ancora promuove una narrazione mistificante che nasconde la propria distanza da essi, legittimandola al contempo, non è idoneo alla carica ricoperta. La differenza di opinioni non c’entra. Siamo ben oltre. Un conto è esprimere opinioni diverse, un conto è la messa in discussione delle premesse dello Stato democratico e delle sue Istituzioni. Nella cornice costituzionale chi rappresenta lo Stato rappresenta tutti, non solo il proprio elettorato. Allora sì, penso che il Presidente del Senato non sia fra gli idonei a farlo e dovrebbe correttamente dimettersi come richiesto dalle opposizioni e da una petizione firmata da migliaia di italiani/e. Non è una questione di parte politica ma di come si esercita la rappresentanza di quella parte in cariche super partes per definizione. Sovrapporle è negare la legittimità delle altre parti che si esprimono nel Paese. Questo è divisivo e crea conflitto. La retorica rassicurante e le rettifiche messe in atto, non sono credibili, come non lo è stata la svolta presunta democratica di Fiuggi nel 1996 che ha sdoganato con Alleanza nazionale la destra di origine fascista. Una cosa è la legittima presenza in Parlamento e nel Governo per volontà dell’elettorato, altra cosa è rappresentare il Paese intero.
Ora tocca a noi.
Ora che gran parte delle generazioni che sono state testimoni dirette del fascismo e della guerra di Liberazione se ne sono andate o se ne stanno andando, tocca a noi raccogliere il testimone. Siamo figlie e figli del dopoguerra, della fase che ha preso il via dalla Costituzione repubblicana. Siamo coloro per i quali è stata scritta. La sua applicazione, ancora incompiuta, richiede l’abbattimento di pregiudizi e stereotipi, la diffusione di una cultura che ne incarni lo spirito. Negli ultimi decenni questo processo è stato contrastato pesantemente con gli anni di piombo, le stragi fasciste, l’azione di intelligence straniere e di logge massoniche colluse con la mafia e i poteri criminali. L’omicidio di Aldo Moro. La desecretazione di molta documentazione parla chiaro. Una strategia per impedire la realizzazione compiuta di un Paese democratico in una posizione geopolitica strategica. Siamo testimoni di questo, eredi del sacrificio di tutti e tutte coloro che aspirando a un mondo diverso e migliore sono caduti/e o si sono portati dentro i segni della violenza della guerra e dei soprusi.
In questo 2023 il 25 aprile non può essere solo la celebrazione della Liberazione dal nazifascismo e di una neonata democrazia.
Occorre un’azione forte di testimonianza con una numerosa presenza nelle piazze del Paese. Facciamo sentire la nostra voce per difendere la Costituzione repubblicana. Quel patto di convivenza da tradurre in impegno civile e politico contro l’attacco ai diritti ottenuti, ai valori democratici, contro la riscrittura ideologica della storia. Per la realizzazione dei diritti ancora solo dichiarati in un mondo profondamente cambiato nel quale la rottura di gabbie ideologiche anguste è la condizione per riconoscere le nuove soggettività. A noi spetta interpretarla nell’attualità. La memoria serve all’oggi. Le vicende passate ci parlano ancora e ci mettono in guardia dalle insidie presenti ben riconoscibili nello scenario contemporaneo. Fra queste le guerre che devastano molti Paesi nel mondo e che in un mondo globale riguardano tutti noi. La pace è la prima condizione per essere liberi e libere.
(Virna Gioiellieri)