Questo è il periodo giusto per riflettere semmai ce ne fosse bisogno sull’importanza della libertà, le due più importanti a garantire beni e servizi a supportare i cardini della nostra società civile ovvero “istruzione-salute-giustizia”, sono la libertà politica (democrazia) e la libertà economica (mercato).
Nel rispetto reciproco, la democrazia deve primeggiare rispetto al secondo, perché un mercato per essere “forte” deve per forza avere una politica solida alle spalle e non viceversa perché senza istituzioni, leggi e apparati (anche a protezione sociale) chiamati ad applicarli, il mercato finirebbe per venire abbandonato a se stesso col rischio di diventare ingiusto, crudele e fondato solo su rapporti di forza.
Di contro invece una democrazia ingessata e paralizzata scarica di solito sui cittadini costi alti generando sfiducia e instabilità politica favorendo altresì chi ha maggior potere di mercato, che riuscirebbe a sopprimere la concorrenza e imporre monopoli soprattutto all’oggi dove il mercato cambia continuamente ed è sempre più globale.
L’articolo 1 della Costituzione, della libertà, ne è un formidabile biglietto da visita quando cita il “popolo” fra le 24 parole delle quali è composto, che dopo la caduta del fascismo e la fine della seconda guerra mondiale, è finalmente sovrano (e libero) di decidere il proprio futuro nelle forme e i limiti della costituzione, ad esempio non scegliendo una democrazia diretta dove gli elettori partecipano alla elaborazione delle leggi ma bensì una democrazia rappresentativa in cui gli elettori delegano a Parlamento e governo.
In materia di libertà individuali la discussione invece si complica con tanti saluti alle promesse elettorali sia da parte di maggioranze che di opposizioni al punto a mostrare divisioni al proprio interno, dal governo dei processi di immigrazione alla razionalità fino al rigore sui progetti di accoglienza.
Soprattutto il governo (di centrodestra) quanto a confusione e divisioni non scherza, c’è chi vorrebbe da subito chiudere le frontiere e chi invece si rende conto che non si può fare, finanche ai dibattiti fra correnti che fanno solo sprecare tempo (e denaro), come quello ad esempio su quali strategie mettere in atto per l’integrazione di migranti che in Italia già lavorano e vogliono restarci.
L’opposizione di centrosinistra d’altronde non è da meno a sponsorizzare un multiculturalismo da formare sul territorio nazionale fatto di “comunità” con una propria identità di origine da trasmettere ai propri figli affiancato a “percorsi”, non si ancora bene di che genere, di autentica integrazione (anche linguistica) a pretendere dagli immigrati che a ciò vi si adattino accettando in tal modo anche regole e princìpi in tema di libertà individuali anche se in conflitto con la loro cultura di origine.
Per affrontare e risolvere i tanti problemi che affliggono il Paese servirebbe invece una coesione politica (che non c’è) pur nelle viscerali differenze di partito, per questo l’immigrazione (anche clandestina), il calo delle nascite, la disoccupazione, l’evasione fiscale, il lavoro nero, e tanto altro ci faranno dannare ancora per molto tempo.
Questo a parer di qualcuno anche perché siamo diventati una società dalla pancia piena che asseconda tante delle questioni d’importanza sociale del cui fallimento prima o poi pagheremo dazio, a cominciare da quella dei tanti (troppi) nostri adolescenti che stiamo crescendo spensierati fino ai 40 anni in una eterna gioventù consigliando loro di rifiutare sdegnosamente tanti mestieri, che invece sono ambiti dagli immigrati, anziché spingerli a provare se stessi, la competizione e annusare l’aria che tira.
(Giuseppe Vassura)