Noi romagnoli sentiamo come “nostra” Caterina Sforza, venuta a mancare nel maggio del lontano 1509; pur se proveniva da lontano, nata a Milano nel 1463, la sua figura si era radicata nelle nostre terre ed è ancora presente nei cuori e nelle fantasie: di queste ultime scriviamo per conoscerla più da vicino.
Una famiglia “allargata”
Gli Sforza avevano radici romagnole: il capostipite Muzio Attendolo (1369-1424), bisnonno di Caterina, era della nobiltà minore di Cotignola di Romagna e fu soprannominato “Lo Sforza” in quanto valente condottiero. Il figlio Francesco Sforza sposò l’ultima rappresentante della dinastia Visconti, così venne riconosciuto Duca di Milano; suo figlio Galeazzo Maria ebbe Caterina (ed altri tre figli) da una relazione illegittima con la contessa Lucrezia Landriani durata sedici anni e li riconobbe tutti.

Il cenotafio di Bianca Landriani nel porticato della chiesa di San Michele all’Osservanza (da www.miabologna.it)
Lucrezia ebbe dal marito un figlio, Piero, ed una figlia, Bianca Landriani, sorellastra di Caterina, della quale c’è un monumento funerario sotto il portico antistante la chiesa di San Michele dei frati dell’Osservanza a Imola.
Si tratta di un cenotafio, non di una vera e propria tomba, le sue ossa non riposano lì: ma di questo parleremo altra volta.
Le due sorelle ebbero rapporti stretti: Bianca sposò Tommaso Feo che fu castellano della fortezza di Ravaldino di Forlì fedelissimo a Caterina, la quale si innamorò perdutamente del di lui fratello Giacomo Feo quando era appena ventenne e ne divenne amante, addirittura lo sposò in segreto per non perdere la tutela dei figli ed il governo del feudo. Caterina aveva sostituito i castellani delle rocche dei suoi possedimenti con i parenti più stretti: a quella di Imola mise Gian Piero Landriani marito di sua madre, a quella di Forlimpopoli Piero Landriani fratello di Bianca, poi Giacomo fu nominato castellano della rocca di Ravaldino al posto del fratello.
Leggende e fantasie
Innumerevoli sono le storie e le leggende che riguardano Caterina scaturite dalla fantasia popolare ed è interessante ricordarle.
Durante l’avventurosa vita ebbe grande aiuto dal diavolo, per cui il suo Palazzo fu costruito in una sola notte. Caterina volava da una all’altra delle sue rocche di Romagna in groppa ad un diavolo con le ali di pipistrello allo scoccare della mezzanotte. Sempre a quell’ora, armata di lancia, usciva dalla torre di Piancaldoli, altre volte era su Monte Battaglia.
In Imola il suo fantasma tiene a bada una cassa piena d’oro nei sotterranei del suo Palazzo Sforza e riesce a confondere con l’oscurità chi tenta di trovare il tesoro; inoltre, talora si affaccia di notte ad una delle finestre. Altre volte visita la Rocca di Imola circonfusa da una misteriosa luce, spesso armata. Il suo fantasma si aggira anche nella rocca di Dozza.
Le sue rocche hanno camminamenti segreti e pozzi a rasoio dove faceva uccidere gli amanti dopo avere passato la notte con loro, tanto che a Riolo vagano ancora gli spiriti di quegli infelici ingannati, in alcuni si dice che si vedono ancora le loro ossa nel fondo; altre volte a tali scopi utilizzava i pozzi per l’acqua. Inoltre, le tante rocche erano tutte tra loro collegate da gallerie segrete. Ferrava i cavalli all’indietro per ingannare i nemici.
E così via fantasticando.
All’epoca non fu amata dai sudditi che ella governava con pugno di ferro, tuttavia, l’ammirazione per la sua forza ha creato leggende tramandate nel corso dei secoli, in omaggio alla eccezionalità di una donna che seppe tenere testa coraggiosamente ai grandi dell’epoca e non si piegò nemmeno quando fu sconfitta e sottoposta a trattamenti brutali.
Ancora nell’Ottocento venivano appellati ad Imola come “smarì ed Catarnò” le spie della polizia che si aggiravano tra la folla, come giustappunto la Contessa aveva fatto secoli prima.
Curiosità e storie vere
Tutta la sua vita è un romanzo sfociato nel mito, al punto che nel bene e nel male si parla di lei sempre con iperboli: degnissima, ferocissima, devotissima, piissima, selvaticissima, ferocissima, terribilissima e così via.
Sta di fatto che pure le vicende reali costituiscono interessanti curiosità, ricordiamone alcune.
Il coraggio di una ventenne
Nella notte tra il 12 e il 13 agosto 1484 Papa Sisto IV morì, le strade di Roma vennero invase da disordini da coloro che avevano subito ingiustizie. Il palazzo dei Riario, residenza di Caterina e del marito Girolamo, venne quasi distrutto. La sera del 14 agosto, Caterina, appena ventenne e incinta del quarto figlio, cavalcò fino a Castel Sant’Angelo occupandolo, poi dispose di fortificarne gli ingressi e di rivolgere i cannoni contro il Vaticano. Vani furono i tentativi di persuaderla a lasciare il castello, che le garantiva il controllo della città. Fu proposto a Girolamo Riario di abbandonare Roma in cambio di 8000 ducati, il risarcimento dei danni subiti e la conferma del suo dominio su Imola e Forlì: egli accettò l’offerta, tuttavia Caterina rispose facendo convergere a Castel Sant’Angelo altri 150 armigeri e si preparò alla resistenza. Alla fine, il 25 agosto Caterina ricevette otto cardinali e solo dopo lunghe contrattazioni si risolse a lasciare la fortezza e a seguire la famiglia nelle terre di Romagna.
Una chiara dimostrazione della sua “forza” d’animo e coraggio fin da giovane.
Una storia piccante
La storia si fa leggenda con l’aneddoto “audace” forse più narrato a lei dedicato, bene descritto da cronisti dell’epoca.
La sera del 14 aprile 1488 il conte Riario venne brutalmente assassinato a Forlì per mano degli Orsi e defenestrato. La Rocca di Ravaldino restava in mano a Tommaso Feo, che rispondeva solo agli ordini di Caterina e che avrebbe potuto bombardare la città.
Gli Orsi così fecero entrare la contessa nella Rocca per far firmare la resa, ma ella, raggiunto il portone, si voltò “indriè e fi’gli quatro fichi”, ovvero l’equivalente dell’epoca del mostrare il dito medio.
I rivoltosi si sentivano tranquilli dato che Caterina aveva lasciato loro in pegno i suoi figli, ma lei una volta dentro predispose la riconquista del potere incurante delle minacce di uccidere i figli: salì sui bastioni della rocca, si alzò le vesti e “mostrando loro le parti vergognose” urlò che “dei suoi figli facessero pure a loro voglia, perché a lei ne restava lo stampo per farne degli altri.”
L’episodio viene confermato da Macchiavelli né “Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio”: “per mostrare che dei suoi figlioli non si curava, mostrò loro le membra genitali, dicendo che aveva ancora modo di rifarne”.
Un poco volgarotta, ma efficace, anche se non tutti accettano come vera la versione del fiorentino, altri scrivono che le bastavano il figlio che aveva in grembo ed un altro che era a Milano. Sicuramente minacciò di “spianaria tuta la terra cum le bombarde”, cioè di bombardare l’intera città!
Il sanguinario boia di Castelbolognese e le stragi dei nemici
Nel 1488, in occasione dell’uccisione di Girolamo Riario, le cronache parlano di Matteo da Castelbolognese, un boia meglio conosciuto come “Babone”.
L’ira per la morte del marito spinse Caterina ad assoldarlo per vendicare l’assassinio e questi uccise e torturò i rivoltosi, facendoli letteralmente a pezzi.
Il cronista Leone Cobelli descrive il Babone come uomo di grande statura, grosso di persona e crudele di faccia con capelli torti, sudici, brutti, sanguinario nelle sue esecuzioni: “Pareva un turco horribile e fero da vedere”, “Lettore certo tu non lo crederesti, ma chi chiamò quella piazza il lago sanguinario, non mentirono. Io te lo dico, che la vidi coi miei occhi, tanto sangue, tante corate, tanti pezzi di carne di quei cristiani, che te ne faresti meraviglia.” Insomma, Caterina per vendicare la morte del marito fece sterminare con deliberata ferocia tutti i suoi nemici, ma ancor peggio si comportò alla morte del secondo marito Giacomo Feo, poiché si vendicò crudelmente facendo strage pure dei bambini e delle donne incinte dei congiurati.
Forlì, luglio 1499: quando Caterina ebbe la meglio su Machiavelli
Evidenziando una certa capacità nella diplomazia, Caterina propose accordi ai fiorentini, così questi inviarono a Forlì Niccolò Machiavelli il 16 luglio 1499.
Caterina temporeggiava e quando Machiavelli pensava di avere concluso la trattativa, ella lo spiazzò dicendogli che nella notte aveva riflettuto e aveva deciso di attendere altre garanzie. Alla fine di luglio, con un “niente di fatto” l’ambasciatore riprese mestamente la via di casa e si dice che si fosse un po’ innamorato di lei.
L’accordo fu poi firmato, alle condizioni di Caterina, un mese dopo a Firenze, ma l’insuccesso riportato in quell’occasione dall’autore de “Il principe”, rimarrà un’ombra nel suo curriculum di abile negoziatore.
Caterina prigioniera a Roma: una catena d’oro, i tentativi di fuga e di vendetta
Caterina fu sconfitta ai primi del ‘500 da Cesare Borgia e condotta prigioniera a Roma: nella capitale, oltre che il Carnevale, si stava celebrando il Giubileo del 1500 e la città era affollata da pellegrini, maschere e carri allegorici. Si narra che ella comparisse dietro il carro del trionfatore con i polsi legati da catenelle d’oro. Venne ricevuta dal pontefice e le fu proposto di sottoscrivere formale rinuncia al dominio delle sue terre di Romagna, ma Caterina rifiutò, “sta indiavolata e forte de animo”, scrivono le cronache del tempo. Pur se controllata da guardie notte e giorno, tentò la fuga, fallita la quale venne rinchiusa presso Castel Sant’Angelo. Fu pure accusata di aver tentato di uccidere il pontefice attraverso missive avvelenate.
Erboristeria, cosmetica, medicina, alchimia
Era considerata padrona della magia e dei veleni e forse c’è del vero a tale proposito.
Dedicò gli ultimi anni alla passione di tutta la vita, lo studio di erboristeria, medicina, cosmetica e alchimia, su cui ci ha lasciato un libro: “Experimenti della excellentissima signora Caterina da Forlì”, composto da centinaia di ricette con procedimenti per combattere le malattie e per conservare la bellezza del viso e del corpo.
Con le sue formule singolari ed enigmatiche, il ricettario ci fornisce interessanti informazioni sugli usi e costumi del tempo e sullo stato delle conoscenze scientifiche ed anticipa scoperte importanti. Caterina era veramente competente in questo campo, come dimostra l’enorme mole di corrispondenza che intrattenne con medici, scienziati, nobildonne e fattucchiere, al fine di avere uno scambio di “segreti” per la preparazione di belletti, lozioni, elixir, pomate e così via. Addirittura, si dice che con Leonardo da Vinci avesse condotto “experimenta” con lei in un laboratorio nascosto in una osteria nell’Appennino tosco-romagnolo.
La BIM di Imola nel 2009, quinto centenario della morte, ha pubblicato una copia anastatica di una rara edizione degli Experimenti di Caterina curata nel 1894 da Pier Desiderio Pasolini.
Come veniva descritta
Non abbiamo ritratti certi di lei, ma cenni di cronisti e personaggi dell’epoca che ci informano come fosse donna di straordinario fascino; aveva ereditato dagli Sforza il tipico naso importante e il mento sporgente, i capelli dovevano essere ondulati e pare che li tenesse raccolti dietro al capo; non si conosce con certezza se fosse bionda e chiara di carnagione al naturale, come molti Sforza, o se ottenesse questi risultati tramite le proprie misture.
“Ella era savia, animosa, grande: complessa, bella faccia, parlava poco; portava una veste di raso con due braccia di strascico, un capperone di velluto nero alla francese, un cinto da uomo, e scarsella piena di ducati d’oro; un falcione ad uso di storta accanto, e tra i soldati a piè, e a cavallo era temuta assai, perché quella Donna coll’armi in mano era fiera e crudele.” “Femina quasi virago, crudelissima”; “E questa fu una femina crudilisima e piena de grandisimo animo perchè feze morire molte persone che s’erano inpazate de la morte de suo marito”.”Astuta”, “per esser lei dona non sta senza paura dele cose sue“.
Una grande donna, in definitiva, la cui forza d’animo, la scaltrezza e la capacità di tenere testa ai potenti ancora colpiscono e stupiscono.
Le giornate di Caterina Sforza >>>>
(Marco Pelliconi)