Rosa ci ha lasciato questo venerdì 21 aprile 2023 a pochi giorni dalla festa della Liberazione. Tra qualche mese avrebbe compiuto 97 anni, un’età avanzata anche per la donna che abbiamo conosciuto assai vivace e comunicativa. In lei è stato costante il desiderio di raccontare, in particolare della sua prima giovinezza, vissuta durante la seconda guerra mondiale. Di questo la ringraziamo.
Rosa Maiolani ha quasi quattordici anni nel giugno del 1940 quando l’Italia entra in guerra, ne ha diciotto compiuti quando la guerra finisce. Con la sua famiglia, composta dai genitori, due sorelle e un fratello più piccolo, Rosa attraversa tutto il periodo bellico e lo racconta nel dattiloscritto Seconda guerra mondiale. Imola in prima linea. (Ricordi personali 1940-1945) ricavato da suoi diari e appunti dell’epoca, oltre che dalla memoria sempre viva.
Dal padre Giuseppe, socialista di antica fede, membro del CLN di Imola e poi esponente del PSI negli anni della ricostruzione, Rosa aveva tratto alcuni insegnamenti: l’antifascismo e la ferma avversione all’occupazione tedesca. Con lui collaborò per dare sostegno ai perseguitati, come ai coniugi Ezio Bolaffi e Pia Bassani, ebrei bolognesi rifugiatisi a Imola in una casa di via Digione. Fu proprio Rosa a portare a loro e ad altri profughi ebrei carte di identità false. Una mattina, ha scritto Rosa, «mio padre mi mandò in Municipio a prelevare un pacchetto di pasta. Nascosti nel pacco c’erano i documenti che immediatamente furono consegnati … agli interessati».
Siamo nel 1944. Il fascismo è riorganizzato nella RSI e spalleggia i tedeschi nelle deportazioni e nei rastrellamenti. Rosa è appena una ragazzina, ma già lavora, e come la maggior parte dei suoi concittadini soffre per la scarsità di cibo, e per il terrore dei bombardamenti alleati: «13/5/1944, sabato – leggiamo nel suo diario – Imola è stata bombardata e a me sembra di star facendo un brutto sogno … Alle 12,45 minuti suona l’allarme ed io sto chiudendo l’ufficio. Alle volte scappiamo, alle volte no. Chissà perché penso di non andare a casa e di trovare i miei nell’orto della Colombarina. C’è il sole, è una bella giornata, e mi incammino a piedi. Infatti sotto gli albicocchi ci sono tutti tranne mio padre. Io penso che ho una fame da lupi, e che l’allarme dovrebbe cessare entro poco tempo. Ma anche i miei dicono che hanno fame; hanno lasciato la pastasciutta nei piatti, appena scodellata … Non era ancora un’ora che eravamo seduti sull’erba, vicino al fosso (erano forse le 14,30), quando si sono sentiti gli apparecchi. Erano tanti e luccicavano nel sole. Come sempre, ci siamo gettati nel fosso e mia madre teneva mio fratello davanti a lei, e gli premeva la testa giù in basso. Ho sentito come un mitragliamento, ma forse era il sibilo delle bombe, poi dei boati tremendi e la terra che tremava come mai avevamo sentito finora … È durato un minuto? Forse più, forse meno. Ho alzato appena la testa e verso la città ho visto una sola grande nuvola nera, poi altre bombe ancora, e il fuoco degli incendi. … Il cessato allarme è venuto alle quattro per mezzo delle campane, essendo la centrale elettrica colpita in pieno».
Ai tanti disagi si aggiunge ora anche lo sfollamento verso i luoghi della campagna nel tentativo di sottrarsi alle bombe: «A mezzogiorno, mentre mangiamo, babbo ci dice di aver già trovato un posto in campagna, al podere Maddalena, a 5/6 km da Imola, sulle colline, vicino a Goccianello. … Le mie sorelle ed io subito al pomeriggio siamo andate su a pulire. Per la strada c’era un vero esodo. Tutti scappavano, con carri, carrette, carriole, portandosi dietro le masserizie, come fanno tutti i profughi della terra».
«Al pomeriggio esco dall’ufficio per un allarme, e a casa trovo tutti i miei, intenti a caricare un po’ di roba su di un carretto. Si porta su l’indispensabile, anche un fornello a carbonella per cuocere da mangiare. Ecco che inizia la nostra vita da sfollati, come tutti del resto. Sarà una vita dura, piena di sacrifici e di rinunce. Babbo trascina il carretto, mamma gli è a fianco, noi aiutiamo». La famiglia di Rosa si porta dietro anche il gatto Muscò: «Abbiamo messo il gatto dentro un sacco e lui miagola e si dimena. Alla Rivazza ci sono i tedeschi. Uno si avvicina e rovista nelle nostre povere cose. Vede il sacco e si insospettisce. “Gatto” dice mio padre. “Kat” fa lui. “Ja ja” è evidentemente un gatto perché miagola e si dimena, e il militare ci fa segno di passare. La salita è dura, ma il posto è magnifico. I contadini ci hanno dato una grande stanza sopra una cascina alla quale si accede con una ripida scala a pioli».
L’illusione di tranquillità dei profughi dura poco però, e presto ritorneranno in città, ma è bastata forse quella breve sosta ad aprire l’animo alla dolcezza della natura e al fascino delle notti serene: «Alla sera si sta bene alla Maddalena. Saliamo sul monticello al buio pesto e cantiamo».
In quella che sarà l’ultima estate di guerra (ma non lo sa) Rosa compie gli anni ancora una volta: «Passano i bombardieri su di noi, suonano le sirene del principio e fine allarme, ed io compio 18 anni.
Sembra proprio ieri che ero ancora bambina. Dicono: sono belli 18 anni! Ma che me ne faccio in questo disastro? Come faccio ad uscire con qualche filarino, innamorarmi, sognare? Passeggiare tranquillamente, essere felice, assaporare le piccole gioie della vita? Ditemi, come si fa?».
Mese dopo mese s’approssima un inverno di neve, fame e terrore. I Maiolani tutti finiscono con lo sfollare nei sotterranei dell’Ospedale civile dove il babbo di Rosa lavora. Intanto c’è una novità. Su Imola cadono non più bombe solamente, ma anche granate, ordigni micidiali anch’esse, eppure un segno di speranza: i fronti delle colline e del Senio si avvicinano e con loro gli alleati. La primavera sarà decisiva.
Ed ecco il ricordo di Rosa di quel felice 14 aprile 1945: «È passato un po’ di tempo e non so esattamente che ora era quando si è sentito il suono delle campane: una gioia così non l’avevo mai provata. Tutti nel cortile ad abbracciarsi, a urlare la nostra felicità. … Al suono delle campane finalmente si è unito il rintocco della campana del Municipio. Saranno le 17,30 circa. Vediamo le suore correre nei corridoi e infilarsi su per gli scaloni. Noi dietro … Finalmente trovo una sala libera e, assieme alle mie sorelle, mi affaccio alla finestra e guardo: vengono avanti, ai lati della strada, i nostri liberatori. Hanno l’elmetto piatto in testa e sono coperti di serenelle in fiore. Siamo tutti come impazziti: noi dall’alto ad urlare e battere le mani, le suore più di noi. In strada la gente che non li lascia venire avanti. Bacia quei giovani visi, le mani, è una grande commozione… .In fondo alla strada, dalla parte opposta, sono arrivati i partigiani e molti li conosco. Sono vestiti malamente, con divise vecchie e berretti colorati.
La confusione è tanta, la gioia immensa».
(Giuliana Zanelli)
Nota: le carte di Rosa Maiolani, documenti e dattiloscritti sono conservati al CIDRA (Centro Imolese Documentazione Resistenza antifascista) nel fondo a lei intestato. Una parte è stata pubblicata in G. Zanelli, “Rosa Maiolani, Oltre il tempo della Shoah”, Editrice La Mandragora, Imola 2009.