Fra pochi giorni Carlo d’Inghilterra classe 1948 diventerà re dopo la morte nel settembre scorso a 96 anni di sua madre Elisabetta II, della quale ne ha omaggiato la figura per il rispetto della tradizione e le aperture ai cambiamenti durante i suoi settanta anni di regno: “… Le dobbiamo moltissimo, i nostri valori sono rimasti saldi. Il ruolo e i doveri della monarchia rimangono stabili…”
Nel formale discorso alla nazione il futuro re non ha mancato di citare la moglie Camilla: “… so che sarà all’altezza come regina consorte…”, il figlio William: “… sono orgoglioso di assegnargli il titolo che ho avuto il privilegio di portare la maggior parte della mia vita…”, ed anche il figlio “ribelle” Harry con la moglie Meghan ai quali ha espresso sentimento di grande affetto malgrado loro continuino a vivere all’estero.
Suo padre il principe Filippo non ha mai celato la delusione per il primogenito spesso preda di esitazioni e gaffes di “percorso”, questo forse perché Carlo è rimasto dietro le quinte talmente a lungo da aver visto solo le “ombre” dei fatti sotto i riflettori dei media. Da qui però a sentenziare che non sarà un buon regnante come qualcuno afferma ne passa, anche se in verità gli resterà una strada ben più breve di quella vissuta per dimostrare ai sudditi di proprio valere.
D’altronde degli inglesi è risaputo fin dalla seconda guerra mondiale che, sebbene più in povertà e angustia del popoli che avevano sconfitto, i guai per loro non sono fanfaronate da evitare ma sfide da vincere e ciò tanto grazie ai regnanti “illuminati” del passato quanto alla fiducia su quelli del presente, almeno per ciò che dicono i sondaggi recenti che danno al 63% l’indice di gradimento dei “sudditi” al re contro il crescente scontento e la disaffezione nei riguardi dei loro politici.
Sebbene i britannici abbiano finora conosciuto una sola forma di monarchia, quella di Elisabetta II che è salita al trono a 25 anni e ci è rimasta fino a 96, l’ex principe del Galles prenderà le redini del carisma reale e se sarà accettato dai sudditi a prescindere dalla sua (diversa) personalità lo vedremo presto.
A cominciare dalla consapevolezza del suo trend “green” perseguito fin dalla giovane età al seguito del padre-principe Filippo negli anni ’70 per meeting e conferenze, a promuovere la tutela dell’ambiente contro le minacce d’inquinamento di mari a salvare gli uccelli marini, a interessarsi della qualità dell’aria dal pericolo di fumi e scarichi delle industrie e di automotive, ritagliandosi così la figura del (futuro) re “verde” al punto all’oggi da utilizzare una Aston Martin del 1960 alimentata con mix di carburanti ottenuti da scarti di vino e formaggio.
Una ragione di vita filosofica e olistica questa di re Carlo III che punta ad armonizzare umani e natura e che oggi è diventata di gran moda facendone perciò il sovrano britannico più ambientalista della storia malgrado che (anche) il Regno Unito sia co-responsabile dei milioni di barili che ogni giorno da 50 anni stanno inquinato il pianeta.
Da ultimo la notizia che il neo-sovrano, in visione utopistica o meno, ha incaricato una società che controllerà il suo personale “impatto” di CO2 per poterlo compensare. Se sarà solo una furba intuizione mediatica di corte lo vedremo presto anche se a suo favore depone la (regia) relazione con Camilla che è da sempre stata poco incline ai “giochi” di palazzo.
Famiglia reale sempre e comunque anche in prima linea sul fronte politico, come sui fatti e misfatti di sempre e che purtroppo interessano ancora la (troppo) vicina Irlanda del Nord dove si continua a boicottare le istituzioni di Londra fomentando così un disagio sociale che non aiuterà il dialogo con Dublino per una sovranità condivisa e che anzi di contro aprirà la strada per possibili violenze future.
Altro guaio recentemente balzato sotti i riflettori dei media è quello in merito la (pretesa) richiesta di “scuse”, e relativi indennizzi ai discendenti, da parte di quelle ex potenze (Germania, Olanda, Spagna, Portogallo, e Regno Unito appunto) che si sono macchiate dei genocidi delle etnie indigene da parte del colonialismo schiavista del passato.
(Giuseppe Vassura)