Inizia la pubblicazione di un nuovo racconto a puntate. A presentarcelo è Virna Gioiellieri.
Primo capitolo
Sono il quarto tentativo. I primi tre non erano andati a buon fine, per un motivo o per un altro. Ma nei primi decenni del ‘900 erano le malattie a decimare i bambini prima di varcare la soglia del primo lustro. Mia madre, non ancora ventenne, era andata al Santuario di Tramezzo a chiedere la benedizione dei vestiti che di lì a poco avrei indossato. Un rito di buon auspicio per scongiurare un nuovo fallimento della vita.
Sono nato in un paese minuscolo sull’Appennino tosco – emiliano, appena varcato il confine con la Toscana. Poche decine di abitanti arroccati su una cresta ventosa a strapiombo sul fiume. Un luogo dove nascere o morire richiedeva un tempo di attesa variabile, che dipendeva dall’arrivo della levatrice o del prete, chiamato per l’estrema unzione.
Si cresceva in fretta in un paese povero dove una delle attività più propizie era l’allevamento di animali da vendere al mercato del bestiame di Fiorenzello. Le braccia non erano mai sufficienti. I figli erano una risorsa irrinunciabile. L’ozio non era consentito neppure ai bambini. Tantomeno il gioco, a cui era riservato un tempo strappato alle altre occupazioni. E così, compiuti i 6 anni, mi avevano ingaggiato nel gruppo dei chierichetti al servizio delle funzioni domenicali, nella Chiesa in fondo all’ unico viottolo del paese. Il curato ci compensava con pochi centesimi alla settimana. Poca roba, ma era qualcosa. Del resto non mi rendevo conto di quanto valore rappresentassero quelle monetine che transitavano appena dalle mie tasche. Il patriarca della famiglia era nonno Piero, che amministrava i soldi circolanti. Un uomo autoritario che razionava tutto, avido e senza tanti scrupoli. Non era un gran lavoratore, a differenza di mio padre che, infaticabile, si adoperava tutto il giorno attorno alle bestie che possedevamo. (continua)
(Virna Gioiellieri)