Parlano un italiano eccellente e argomentano che è un piacere ma usando gli intercalari: “…cioè, praticamente, insomma, hai capito no?…”. Sarà che sono abituati a mandare solo messaggi vocali o videomessaggi in italiano zoppo, finiscono per passare per scostanti, umorali e sgarbati soprattutto quando si dimenticano chi vogliono essere o chi vogliono interpretare.

Preoccupazione e angoscia da parte di chi non li capisce? Forse, ma non per chi ne analizza i problemi, le ineguatezze, le nevrosi e tutto ciò che hanno dovuto sopportare negli anni della pandemia che ha bannato la loro principale priorità ovvero quella della relazione interpersonale, così da far vivere alle ragazze e ai ragazzi che “ruotano” attorno a quella etichettata come “quella dei 300 euro” ovvero “Generazione Z” (nati dal 2001 in poi), il peggior periodo post-adolescenziale della storia recente in tempo di pace.

Millennials (Foto di Luisella Planeta da Pixabay)

L’equità generazionale è tanto di moda ma solo a parole perché nei fatti non è per ora possibile che il futuro che ciascuno degli adulti si è costruito venga messo in discussione, è così che non si lascerà il lavoro “ben prima” perdendo un po’ dell’ assegno previdenziale ed anche così che si continuerà a lavorare (e pagare fior di contributi) per mantenere in piedi il costoso Welfare nazionale per sanità e assistenza proprio ora che per via dell’età si potrà iniziare a usufruirne.

Per trovare un buon compromesso bisognerebbe che questi adulti in politica “viaggiasse” di più coi nostri giovani con tolleranza e soprattutto umiltà anche accettando cose di loro di cui non capisce. Senza bisogno di capire ma bensì “accettandole”, impedendo che diventino pericolose, così da attualizzare l’impossibilità che si prova a comprendere (e sopportare) questa nuova “specie” di giovani umani che c’è sotto quel cappellino fosforescente e al riparo di enormi cuffie, che in metropolitana o al parco qualcosa andrà a combinare assieme ad altri suoi simili, ragazze e ragazzi che gridano, spingono e ridono, in perenne simbiosi con una felpa e uno zainetto.

A qualcuno di questi adulti in politica (forse) servirebbe saperne di più sulla storia generazionale di recente memoria della nostra società occidentale, che nasce con i ricchi “Baby Boomers” della generazione post bellica e del boom economico ( 1946-1964) che occupano all’oggi i posti di maggior prestigio ma “vivono” ancora il mondo dei blocchi della guerra fredda che hanno conosciuto in prima persona.

Al contrario della “generazione X” (1965-1980), gli unici a vivere tempi di pace e primi fruitori dei computer anche se falcidiati da Aids e droghe, il salto di qualità generazionale è però da imputare a Internet di cui hanno beneficiato i “Millennials” (1981-2000) tanto cosmopoliti grazie all’Erasmus quanto distanti dalla politica attiva per colpa (o merito) della caduta delle ideologie e del muro di Berlino.

La “generazione Z” (dal 2001 in poi) è invece più poliedrica, nativa digitale che adora gli Youtubers e snobba TV (e Facebook) ma è più autonoma, ecologista e multietnica dei “fratelli” Millennials anche se meno abbiente.
Questo perché nei loro confronti l’accesso alle professioni è man mano diventato (in post pandemia) una corsa ad ostacoli fra evidenti difficoltà oggettive causate da normative, numeri, concorrenza, ristagno economico quanto da tante affratellate ad altre che avrebbero potuto essere rimosse e invece non è accaduto.

Fattori come la crisi economica, i nuovi (concorrenziali) mercati, le liberalizzazioni, appena “fuori” dalla tempesta post-covid e con la guerra russo-ucraina che ha scompigliato nuovamente le carte, hanno “alzato” l’asticella delle difficoltà a questi giovanissimi/e neo diplomati/e o freschi/e di laurea in procinto a mettere “la barca in acqua”.
Hanno avuto sì coraggio e abilità ma servirà loro da subito anche tanta resilienza al pari di un pizzico di fortuna e qualcuno dovrebbe dar loro una mano. Ad esempio con gli affitti, con una formazione costante e sopratutto con una retribuzione “degna”, anche se questa servisse per uscire a cena una volta ogni tanto a (ri) vivere un po’ quella vita di relazione negata da un virus venuto da lontano e che ha ucciso.

Con soli 300 al mese però non lo possono fare.

(Giuseppe Vassura)