All’oggi sembra impossibile la pace in Medio Oriente fra palestinesi e israeliani perché il senso di giustizia impone a credenti palestinesi e israeliani di accettare il conflitto, entrambi infatti enfatizzando la propria differenza e il proprio punto di vista, non riconoscendo “nell’altro” né l’esistenza nè la convivenza né qualcosa d’altro di natura comune, è da quì il perché di questa guerra che da (quasi) 75 anni infiamma questi due popoli e tutta quest’area del medio oriente, colpa della loro convinzione di ottenere la pace solo con la resa del più debole.

Prima della rivoluzione russa la situazione in Palestina non era così caotica sia perchè nella seconda metà dell’Ottocento il numero di arabi ed ebrei a Gerusalemme era pressochè uguale sia perchè si ritenne che senza obiezioni i palestinesi avrebbero convissuto pacificamente e “fatto posto” ai cittadini dello Stato sionista in quella terra dove gli ebrei europei avrebbero costruito la loro nazione.

I primi sionisti (polacchi, ucraini, bielorussi e lituani) arrivarono così dal grande “recinto” dove i russi li avevano confinati e si installarono in piccoli lotti agricoli venduti loro dagli arabi non creando problemi, mentre la grande maggioranza di quegli ebrei “orientali” emigrò verso l’Europa occidentale e gli Usa.

In Palestina come d’altronde ampiamente previsto fu buona convivenza fra arabi ed ebrei fra scambi di mercato e incroci pacifici nei luoghi di culto a Gerusalemme, in Giudea o in altri luoghi sacri, ma ciò fu drammaticamente messa in discussione durante la prima guerra mondiale quando in quest’area, sotto protettorato inglese, giunsero dall’Europa orientale centinaia di migliaia di ebrei in fuga dai misfatti della guerra civile russa.

Man mano perciò che le comunità ebraiche divennero più numerose e gli acquisti di terreno più frequenti, i rapporti fra i due popoli diventarono più sospettosi e ostili fino a culminare in scontro il 4 aprile 1920 a Gerusalemme durante una celebrazione musulmana quando gli arabi invasero un quartiere ebraico uccidendo una decina di persone, da qui partì un’escalation di scontri senza fine fra sionisti e palestinesi che negli anni a seguire infiammò la Palestina.

Durante la seconda guerra mondiale l’immigrazione ebraica nell’area aggravò ulteriormente l’ostilità araba che insorse contro gli inglesi (1936) “conquistando” Gerusalemme per un breve periodo in quel che gli storici chiamarono la prima intifada, così da costringere di conseguenza il governo britannico a proporre la creazione di due Stati e di una zona neutrale intorno a Gerusalemme da loro controllata.

Terminato il conflitto mondiale la convivenza fra i due popoli peggiorò ulteriormente diventando insostenibile al punto da obbligare la Gran Bretagna, dopo alcuni anni di attentati terroristici e inutili mediazioni, a “restituire” alle Nazioni Unite il mandato di protettorato a favore di una commissione dell’Onu che poi propose la creazione due Stati distinti e di uno statuto internazionale per la città di Gerusalemme assegnando, peraltro iniquamente, il 57% della città ai 608.000 ebrei ed il 44% ai 1.300 arabi, decretando così di fatto nel 1948 la nascita dello Stato di Israele.

Pace lontana e fine del conflitto arabo-israeliano perciò impossibili, entrambe avvalorate all’oggi dalla nefasta influenza in entrambi i campi di troppi avversari “contro” così forieri del “tanto peggio tanto meglio”e sempre pronti a inceppare il meccanismo della concigliazione fin quasi a compiacersene, finanche a sponsorizzare una guerra infinita che da (quasi) 75 anni insanguina quest’area del medioriente e che è volta a distruggere la terra che ciascuno dei due contendenti considera come Patria.

(Giuseppe Vassura)