Abbiamo da poco scritto di Caterina ed ora raccontiamo le vicende di un’altra Sforza.

Learco Andalò nella presentazione del volume degli “Experimenti” di Caterina ci ha ricordato altre donne importanti della casata Sforza, per prima Elisa de’ Petrascini (o Petraccini), la capostipite, madre di una ventina di figli tra cui Muzio Attendolo Sforza, donna dal carattere duro, “di costumi infiammati e aspri, ma d’una pudicitia e fecondità mirabile: per ciò ch’ella partorì vent’uno figlioli, i quali all’armi ella allevò”, “genio vivo e lingua svelta”, coraggiosa, energica e severa nell’educare i figli al disprezzo delle mollezze e all’esercizio delle armi.

Ginevra Sforza (Foto Wikipedia)

Qualche cosa deve essere stato tramandato, se pensiamo a Caterina Sforza e ad altre sue parenti.

Ginevra Sforza, lontana cugina di Caterina

Appena quattordicenne, Ginevra, figlia illegittima di Alessandro Sforza, signore di Pesaro, sposò il maturo Sante Bentivoglio, cugino di Giovanni II Bentivoglio, Signore di Bologna che sposò una decina di anni dopo essendo rimasta vedova. Ginevra ebbe due figli dal primo marito e ne diede al secondo addirittura altri sedici.

Ebbe una lunga vita collegata al potere e costellata da intrighi di corte: Ginevra entrò a Bologna nel 1453 ad appena 13 anni, promessa sposa dell’anziano Sante Bentivoglio e nessuno avrebbe mai potuto immaginare che quella ragazzina avrebbe “regnato” incontrastata per ben 50 anni.

Nel 1466 il papa Paolo II riconobbe la signoria di Giovanni Bentivoglio e gli attribuì il Vicariato papale di Bologna. Dopo aver affrontato quella dei Malvezzi nel 1488, nel 1501 i Bentivoglio scoprirono un’altra congiura organizzata dalla famiglia dei Marescotti e, come fece Caterina, su consiglio di Ginevra molti membri della famiglia furono uccisi per vendetta.

In tutti quegli anni ella non solo supportò il marito negli affari di Stato, ma amava l’arte ed il bello, per cui il suo salotto divenne un cenacolo di pittori, ingegneri e architetti, inoltre spinse il marito a promuovere un rinnovamento urbanistico della città di Bologna, a rendere navigabile il fiume Reno ed a costruire un porto in città; altre volte si riuniva la migliore nobiltà dell’epoca in occasione di feste e ricevimenti. Fu la donna più potente e in vista della città all’epoca. Ginevra non era amata dal popolo bolognese perché si pensava facesse troppo sfoggio di abiti sontuosi e della sua bellezza: o forse perché pare avesse ascendenze ebraiche?

Fu donna dal temperamento forte, appassionata di questioni esoteriche ed astrologiche, mecenate, interessata al potere e brava a trattarne le questioni più crude.

Nel 1505 i congiurati scampati alle stragi chiesero aiuto al papa Giulio II il quale ordinò a Giovanni II di lasciare la città insieme alla famiglia. Ginevra abbandonò la città per ultima, mentre le truppe papali di Giulio II già premevano su Porta Galliera: esiliata a Parma, dove aveva trovato rifugio presso il marchese Pallavicino, venne scomunicata mentre a Bologna le proprietà dei Bentivoglio furono saccheggiate e il loro Palazzo fu raso al suolo.

Ginevra morì 16 maggio 1507, giusto un paio di anni prima di Caterina, e il suo corpo venne sepolto in una fossa comune nei pressi di Busseto: l’anno dopo morì anche il marito Giovanni.

Gentile Budrioli

A Bologna Ginevra aveva stretto amicizia con Gentile Budrioli, che venne accusata di stregoneria e messa al rogo nel 1498: si racconta che Ginevra Sforza piangesse sotto la dimora di Gentile Budrioli, nel Torresotto di Porta Nova, quando questa veniva portata sulla Piazza di San Domenico, lì di fronte, per essere bruciata. Il marito stesso aveva accusato la moglie di stregoneria e diversi testimoni lo confermarono: una serva disse che la sua Signora parlava con il diavolo e le aveva insegnato una fattura, perché conosceva numerosi incantesimi rivolti a far del male alle persone, anche al marito Alessandro.

Gentile Budrioli nella pubblicità del musical “Ginevra e Gentile, due nomi… un solo intento: essere donna nel Rinascimento” (foto tratta dal sito https://genusbononiaeblog.it/)

A Bologna il Tribunale dell’Inquisizione lavorava parecchio e si occupava di donne, materia privilegiata del diavolo. Erano considerate streghe, come Franceschina accusata di aver fatto innamorare di sé un ricco bottegaio (1293); come Morba e Medina, astrologhe (1295); come Giacoma che curava le malattie con le erbe (1373); come Margherita Sarti anche lei astrologa e prostituta (una delle ultime condannate, nel secolo XVIII). Queste bolognesi non avevano nulla di diverso da tutte le altre condannate e bruciate in quei secoli: erano levatrici, astrologhe, erboriste, prostitute, donne che guardavano il cielo predicendo destini, che curavano e tenevano viva la vita, che facevano un uso del loro corpo fuori dalla norma.

Gentile e Ginevra

Gentile, nata da una famiglia benestante bolognese, aveva sposato il notaio Alessandro Cimieri con il quale abitò presso il Torresotto di Portanova. Donna di cultura e assetata di conoscenza amava frequentare lezioni di astrologia tenute dal professore Scipione Manfredi e aveva appreso le arti erboristiche da Frate Silvestro del convento francescano. Nonostante il rifiuto da parte del marito verso l’idea di una donna istruita su tali cognizioni, iniziò a mettere a disposizione le sue conoscenze di medicina e ben presto si diffuse la fama del suo sapere.

Anche Ginevra Bentivoglio era appassionata di esoterismo, la volle conoscere e la fece diventare la sua dama di compagnia, poi si legarono da amicizia e rispetto e Gentile ne divenne consigliera, ma questo la rese oggetto di invidia, di menzogne e maldicenze, molti in questo legame cominciarono a vedervi il Diavolo in azione: voci di malcontento si diffondevano tra i cortigiani, prima una e ora ben due le donne che consigliavano la politica bolognese!

Al rogo, al rogo!

I malevoli iniziarono a suggestionare Giovanni per incolpare la Budrioli degli accadimenti negativi: era lei, con le sue arti stregonesche a gettare su Bologna una cattiva influenza. L’Inquisizione, che già la teneva d’occhio per le sue pratiche di guaritrice, approfittò della morte di un nipote di Giovanni affidato alle sue cure per accusarla di stregoneria e malefici contro il ragazzo. Torturata per giorni, alla fine, ormai più morta che viva, confessò 20 anni di attività occulte e nel Torresotto dove abitava furono trovate prove di “72 congiungimenti carnali con spiriti demoniaci” oltre ad “ossa rubate al cimitero, simboli sacri profanati e oggetti per l’evocazione dei demoni”. Anche il marito testimoniò contro di lei e altre persone al suo servizio con dovizia di particolari.

Torresotto di Porta Nova a Bologna (di photograph by Mike Peel, www.mikepeel.net, da Wikipedia)

Sulla Piazza affollatissima il corpo di Gentile, già in fin di vita, venne messo su un palco, legato con una catena ad un tronco alto sei metri con un cappio intorno al collo. Il corpo fu cosparso di pece; appiccato il fuoco ai suoi piedi, il boia usò la polvere da sparo per impressionare con un botto la folla che fuggì pensando che fosse il Diavolo che prendeva l’anima della sua serva.

Gentile e Ginevra: due vite vissute pericolosamente

Gentile veniva descritta come una graziosa fanciulla con lunghi capelli che passeggiava per Bologna con vesti di seta e di velluto, con orecchini preziosi, braccialetti d’oro e perle al collo e tra i capelli, in più aveva un servo che la precedeva e due damigelle che la seguivano: forse somigliava un poco a Ginevra, ma con un carattere che rifletteva il suo stesso nome, gentile.

Era intelligente e curiosa (qualità ordinariamente negative e pericolose all’epoca per una donna), i suoi comportamenti attiravano l’attenzione, era una donna che precorre i suoi tempi. Le sue abilità spaziavano dalla cura dei mali fisici a quella delle afflizioni interiori, dotata di grande intuito ed empatia. La sua fama arrivò agli orecchi attenti di Ginevra Sforza che decise di conoscerla: fu un incontro che cambiava la vita di entrambe, legate da uguali passioni e interessi il loro rapporto sfociò in amicizia.

La sorte di Gentile fu quella di capro espiatorio

Dopo la morte di costei, la sorte di Ginevra seguì quella della famiglia: i Bentivoglio continuavano a subire congiure da più parti. Lei fu sempre al fianco del marito e mai esitò a consigliare di far uccidere gli oppositori. Quando Bologna venne ripresa dal Papato, il marito Giovanni trovò rifugio a Milano, ma Ginevra non volle arrendersi: donna di potere fino alla fine nelle cui vene scorreva il sangue degli Sforza, insieme a due dei suoi figli mise su un esercito e tentò invano di riprendere il controllo della città, ma vennero sconfitti a Casalecchio. Andò in esilio a Parma ospite di una famiglia amica, i Pallavicino.

Donne colte, intelligenti, volitive, indipendenti, una forse addirittura ebrea: era troppo per l’epoca, ma anche oggi siamo chiamati a riflettere su quei lontani avvenimenti, perché purtroppo non tutto è cambiato in meglio.

Gentile e Ginevra, due donne le cui storie così diverse si sono intrecciate: tanto lontane e tanto vicine a noi.

(Marco Pelliconi)

Foto:

Gentile Budrioli nella pubblicità del musical “Ginevra e Gentile, due nomi… un solo intento: essere donna nel Rinascimento” dal sito https://genusbononiaeblog.it/gentile-budrioli-strega-enormissima-bologna/