Il curato era giovane e dipendeva dal prete di Tramezzo a cui erano affidate le funzioni più importanti. Don Vincenzo era già avanti negli anni, simpatico, con poca affezione al rigore religioso che si conveniva al ruolo. Aveva sempre la battuta pronta. Prendeva la vita con la leggerezza di chi la conosce bene e sdrammatizza con semplicità le circostanze dure e dolorose.

Un uomo bizzarro e arguto, apparentemente distratto ma che agiva sempre con uno scopo preciso. L’aggiornamento sulle vicende e lo stato di salute delle anime del paese passava per i bicchieri di vino che gli venivano serviti nelle case fra chiacchiere di rito, allusioni sagaci e ironiche, consigli bonari a fronte di problemi materiali o spirituali. Se ne andava dopo qualche ora, a missione compiuta, piuttosto alticcio.

Un giorno partecipò alla funzione domenicale. Al termine ci avvicinò per chiederci quanto ci dava il curato per servire messa.
“E’ poco”, borbottò con sguardo benevolo e vispo.
“Ribellatevi! Chiedete l’aumento della paga almeno a 1 lira!”
Se lo diceva lui! Convinsi gli altri a scioperare: la domenica successiva non ci saremmo presentati in Chiesa.

La prospettiva ci divertì; aveva il sapore di uno scherzo che rompeva la monotonia di quelle giornate tutte uguali. Così fu e il curato si trovò solo con sua grande sorpresa e disappunto.
Ma venne a miti consigli e ottenemmo l’aumento.
Fu un successo e ancora non sapevo che quell’episodio sarebbe stato il segno premonitore di un destino ribelle e poco propenso a tollerare ingiustizie e angherie.

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