L’artiglio meccanico cala dall’alto e si lascia cadere sulle povere cose. Come animato da un istinto proprio, inizia a serrarsi su tutto ciò che trova al di sotto di lui: legno, tessuti, mobili, tende, giochi…

Proprio l’altra sera, non ricordo né il canale televisivo né il tipo di trasmissione, ho intravvisto, tra gli oggetti finiti nel raggio dell’artiglio meccanico, quello che rimaneva di una bambola. Non sono riuscito ad andare oltre: ho spento l’apparecchio, ho afferrato il giubbotto leggero e sono uscito in strada.

Impossibile dimenticare la tremenda realtà di quella scena, il giocattolo non risparmiato dalla furia degli eventi e finito, come del resto tutto il rimanente, in cima alla catasta di oggetti divenuti, nel battere di un ciglio, inservibili.

Già, inservibili. Gli oggetti di tutta una vita, le cose di ogni giorno, quelle ancora utili o quelle che appartenevano solo al mondo del ricordo. Oggetti immobili nel loro spazio, nello spazio a loro riservato, testimoni delle nostre giornate, delle giornate della nostra vita che ora giacciono accatastati come inutili ingombranti presenze in attesa dell’artiglio che, distruggendoli (ammesso che ancora si possa distruggerli di più) e caricandoli sul cassone dell’autocarro che li porterà nel loro ultimo viaggio.

Sant’Agata sul Santerno (Foto TZ)

Non occorre andare troppo lontano. Appena fuori dalla nostra città ci si può trovare davanti a insani mucchi di oggetti accatastati lungo la strada tristemente appoggiati a muretti, o reti o barriere colorate: non si possono non vedere e non si potranno dimenticare facilmente. Non sono immagini che passano e via: sono destinate a lasciare un segno profondo nella memoria e nella coscienza di tutti noi. E anche se nel segreto della nostra mente, in un angolo inconfessabile e vergognoso, si possono ascoltare le parole di inutile salvezza “meno male che non è toccato a me …” il nostro destino non può non essere che quello di sentirci coinvolti e, a ben vedere, pure colpevoli.

Si, colpevoli, di superficialità, di ignoranza, di leggerezza. Da quanto tempo sentiamo parlare di mutazioni climatiche? Da quanto leggiamo sulle pagine dei quotidiani o altro le parole di studiosi della situazione della nostra atmosfera, dell’inquinamento ambientale, dell’innalzamento delle temperature dell’aria e dell’acqua? Ritenevamo forse che non si parlasse di noi? Eravamo certi che fossero aspetti lontani da noi? Che ne fossimo al di fuori? Immuni? Invulnerabili? In poche ore la pioggia di quasi tutto un anno … nella normalità di una volta. Una catastrofe che sa di punizione e, statene certi, ne verranno altre anche se c’è già chi parla di eventi già visti …

L’insistere nell’utilizzare combustibili fossili (anche per divertimento) ci sta presentando il conto e sarà salato. Un altro paio di sberle come questa e ci sentiremo assaliti dai dubbi, le nostre certezze ci abbandoneranno e ci ritroveremo piccoli e indifesi in tutta la nostra superbia e protervia. Andiamo a rileggere le splendide parole di Ungaretti, quel ramo, quelle foglie …

Senza porre ulteriori indugi dobbiamo pretendere in primo luogo da noi stessi poi da tutti i nostri amministratori la massima attenzione all’ambiente che ci circonda, quell’ambiente irrinunciabile per la qualità della nostra vita, il massimo rispetto in assenza di deroghe e sotterfugi.

Le minimizzazioni. Poveri noi. Basta con il consumo del territorio, basta con l’asfalto a coprire larghe strisce della nostra terra, prioritario il recupero di quanto già occupato negli anni di leggerezza, di incoscienza, di stupidità. E di menzogne.

In questi ultimi quattro termini racchiusa tutta la miseria della nostra situazione, la ragione di quei mucchi di oggetti lordati dalle acque e dal fango fuori dalle nostre case, dalla nostra vita. Forse ne potremo acquistare di nuovi e forse anche di più belli, ma non saranno mai più gli stessi: non si riesce, in nessun modo, a rimpiazzare la vita vissuta.

E chi ci renderà le vite perse? Ci sarà un ristoro anche per quelle? Un gran consiglio di Ministri e di notabili? Le intense parole del grande esperto di turbo, quello che tutto sa? O ci rimarranno solo i grandi silenzi!

Anche se la nostra piccola città è stata miracolosamente solo toccata dalla furia degli elementi occorre maturare la certezza che prima o poi toccherà qualcosa anche a noi. Forse saranno venti di inusitata forza, o piogge che mancheranno per mesi e mesi facendo della nostra terra un’arida superficie o temperature tali da rendere impossibili i nostri soggiorni all’aperto.

Chissà! La vendetta della natura si farà sentire, statene certi. Un esempio? Un bel mucchio di denaro, destinato alla Protezione civile, è finito nel cemento dei box indispensabili alla pista, all’autodromo, alla motor valley e il nostro bel fiume Santerno ci ha puniti invadendo con la furia della propria acqua proprio tale zona rendendo così impossibile la gara tanto attesa di F1. Appuntamento mancato, soldi gettati, danni, altro denaro. Saremo veramente capaci di riflettere?

La risposta la dobbiamo ai nostri figli. Ai nostri nipoti. Quelli nati e quelli che devono ancora nascere. Il mondo non è nostro!

(Mauro Magnani)