Le recentissime amministrative hanno confermato la debolezza elettorale del centrosinistra italiano e del suo gruppo dirigente che per alcuni è colpito dalla sindrome del perdismo, come quando pur giocando la partita e pur vincendola, ciò appaia come un incidente di percorso che vìola l’ordine prestabilito di alcune cose, come ad esempio quella che vede il centro-destra atavica maggioranza nel Paese grazie alle continuità della Destra storica che ha governato per 15 anni (1861-1876), del ventennio fascista (1922-1943), della lunga marcia democristiana dal dopoguerra al 1994 e della quindicinale egemonia berlusconiana del recente passato.

Sembra infatti che a prescindere dal contesto internazionale, che l’onda sia favorevole alle forze progressiste o ai neoconservatori, il centro-sinistra nazionale anziché rimettersi in carreggiata pensando a nuovi orizzonti, si imballi squilibrando sia la coalizione di partiti che lo sostiene sia di fatto la leadership del suo gruppo dirigente i cui “scatti” sembrano sempre partire un metro dietro.

Ecco perché oggi come mai il Partito democratico ha bisogno di Elly Schlein leader legittimata dopo congresso e primarie a cancellare quelle storture che hanno spesso obbligato il Pd a governare con tanti indigeribili “avatar” nel modo peggiore, fino a farsi imporre le politiche da attori più propensi a difendere le trincee delle ultime battaglie personali che a fare il bene del partito.

I vantaggi sono chiarissimi perchè se lei non “riuscirà”, il Pd perderà ulteriori consensi (rischiando la scissione) per non averla sostenuta abbastanza. Se invece vincerà, riformando quell’elefante immobile che appare oggi il partito, Elly potrà blindare il consenso bypassando le pericolose correnti interne e, giocando d’anticipo, imprimere l’energia giusta per guidarlo coeso nell’ottica (antipartitocratica) anticlericale-abortista-divorzista facendo così corposa opposizione all’assalto della cittadella di Meloni&soci.

Per ora il Partito democratico è uscito destabilizzato dalle ultime tornate elettorali scontando oltremisura il “peso” di un passato incompatibile con fatti del presente perché solo volto a concepire il proprio elettorato più come un “blocco” che come un insieme di “flussi”, non attualizzando lo scontro politico di allora (solo fra partiti dominanti) dove la “mobilità” degli elettori era bassa e pochissimi si spostavano da un partito all’altro, da sinistra a destra e viceversa.

Oggi di contro è più difficile mantenere, conservare e fidelizzare il proprio elettorato, in un mondo fluido come quello attuale bisogna trovare spazi strategici e idee innovative che pur scontentando inevitabilmente i vecchi elettori deve riuscire a conquistarne di nuovi (ovviamente di più), stimando che il flusso di elettori in entrata sarà superiore a quello degli elettori in uscita.

Il momento di difficoltà elettorale del Pd è perciò dovuto principalmente all’inadeguatezza della sua classe dirigente in quanto parte di essa è stata “iniziata” alla politica dall’ultima fase della Prima Repubblica, che perseguiva rapporti statici con l’elettorato fino a rifiutare in partenza di “cercare” consensi nel campo avversario e finendo così a perdere senza combattere.

E’ stato dopo il ’68 che il femminismo e gli hippy, le leggi sull’aborto e sul divorzio hanno portato una laicizzazione della società spostandone il baricentro a sinistra al pari dei voti, una preziosa eredità politica questa erroneamente “snobbata” a quei tempi, e ri-scoperta solo recentemente da “agitazioni” come la pantera, i girotondi, l’onda e solo ultimamente dalle sardine.

Tutti movimenti che non sono diventati “istituzioni” e che non hanno portato al partito della sinistra nuovi progetti e (soprattutto) nuovi leader.

(Giuseppe Vassura)