Il 7 gennaio, insieme a Margherita (la mia fidanzata), sono partito per l’Australia, verso quell’esperienza immaginata un’infinità di volte che finalmente diventava realtà.

Da quando abbiamo messo piede nella terra dei canguri non è trascorso giorno in cui non fossimo pienamente convinti della scelta fatta. Sapevamo fosse la nostra occasione per iniziare a conoscere realmente il Mondo, per scoprirlo e viverlo. Non come semplici turisti, ma come viaggiatori.

Poi la pioggia è iniziata a cadere. Ma non qui, non in questa terra dove il Sole sembra farla costantemente da padrone.

No, l’acqua ha iniziato a scrosciare a casa nostra, in Romagna. In poche ore ha piovuto l’equivalente di quello che solitamente piove nell’arco di mesi.

Ed eccola lì, la tragedia che torna a bussare prepotentemente alle porte di una terra che sembra essere la vittima perfetta.

Forse è lo stoicismo con il quale ogni volta si rialza dolorante ma decisa a non farsi sopraffare, a renderla tale.

Eppure questa volta è dura.

I danni sono incalcolabili: iniziano a contarsi gli sfollati, decine di migliaia. Iniziano a contarsi i danni irrecuperabili. Iniziano a contarsi i morti.

Ma c’è anche qualcos’altro che prende forma tra le crepe dolorose della distruzione: una corsa sfrenata alla solidarietà.

Chiunque, ogni singolo individuo, cerca di rendersi utile come può.

C’è chi mette a disposizione la propria “forza lavoro” per ripulire dal fango, chi raccoglie viveri insieme alle innumerevoli associazioni di volontariato, chi disperatamente tenta di salvare persone e animali ancora intrappolati dall’acqua che sembra essere ovunque.

Tutti tornano essere umani.

Gli “aiutati” offrono piatti di tagliatelle al ragù per ringraziare gli “aiutanti”. E così, anche con poco, si riesce a sorridere, a cantare.

Come succede per le strade ancora infangate di Cesena, dove risuona forte e commosso l’inno di questa terra, “Romagna mia”.

La gente si abbraccia, e dondola stanca sulle gambe. Stanca, ma non sconfitta.

Sia io che Margherita avremmo voluto far parte di questa catena di solidarietà, ma essendo dall’altra parte del Mondo è stato pressoché impossibile.

Ci siamo sentiti completamente impotenti, e per la prima volta abbiamo entrambi pensato che saremmo dovuti essere seduti su un aereo in direzione Bologna.

Capendo che non sarebbe stata una soluzione percorribile, abbiamo pensato a cos’avremmo potuto fare, nonostante la distanza.

Così Margherita ha pensato ad una raccolta fondi, creata tramite GoFundMe, attraverso la quale raccogliere un po’ di denaro per poi devolverlo alla Protezione Civile.

Un piccolo gesto, è vero.

Ma almeno siamo riusciti a fare la nostra parte, siamo diventati parte di quella catena che sta cercando di risollevare un territorio devastato.

Un popolo devastato, che però continua a versare vino rosso e a cantare, nonostante tutto.

(Daniele Ferri)