Verso la fine dell’inverno, puntuale, a marzo di ogni anno, compariva come una macchia scura. Si inerpicava a piedi su per il sentiero che giungeva al paese.
Avvolto in un mantello con un cappello a falda larga, barba e baffi folti e neri, da cui sporgeva l’immancabile toscano.
Sembrava un’ombra più che un uomo in carne ossa.
Portava una bisaccia e un fucile a tracolla da cui non si separava mai. “Per la caccia”, diceva laconico. Metteva paura.

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Lo chiamavano il Brigante. Si narravano molte storie su di lui ma nessuna era davvero fondata. Si diceva che avesse ammazzato la moglie e che si fosse dato alla macchia per sfuggire ai gendarmi.
Attraversava l’Appennino percorrendo strade e sentieri secondari, cercando rifugio nei paesi sperduti fra le montagne.

A casa nostra trovava vitto e alloggio in cambio di 5 lire, che allora erano un gruzzolo significativo. Facevano comodo. Dormiva nel fienile dove c’erano due porte, una che dava sulla cucina e l’altra sull’esterno. Un locale ideale per un fuggiasco. Si fermava 3 o 4 giorni al massimo.

La sua presenza era ingombrante e rischiosa ma redditizia per la nostra famiglia.
In paese al suo arrivo serpeggiava agitazione.
Bastava osservare gli atteggiamenti e gli sguardi che tradivano tracce di pettegolezzi freschi e di una curiosità morbosa e repressa.
Le donne in particolare trovavano sconveniente la sua permanenza.
Vagheggiavano sottovoce su presagi e segni del destino da interpretare. Tiravano un sospiro di sollievo quando ripartiva.
Il Brigante era misterioso e taciturno. L’aria burbera e corrucciata creava una distanza che scoraggiava indagini e sedava sul nascere qualsiasi tentativo di comunicazione.

Durante il giorno perlustrava la zona con escursioni solitarie giù al fiume o all’estremità del paese, verso il cimitero, dove la roccia moriva in una punta che si affacciava sulla valle a perdita d’occhio. Un punto di osservazione strategico.

Noi bambini lo seguivamo e lo spiavamo curiosi, nascosti dietro i cespugli e gli alberi scambiandoci occhiate di sfida su chi avesse il coraggio di avvicinarlo.
I bambini non fanno testo, non sono una insidia ma a noi tremavano le gambe e la pancia. La nostra era un’avventura insolita ed eccitante.
Carpire i segreti del forestiero misterioso era il trofeo conclusivo con cui inventare storie fantastiche per molte settimane.
Nella nostra ingenuità ci sentivamo furbi, ma un giorno che eravamo appostati si voltò e con un gesto deciso ci fece cenno di uscire dal nascondiglio.
Scoperti! Non scappammo. Ci facemmo forza e ci avvicinammo ridacchiando nervosamente. Con noncuranza ci fece segno di sederci.

Dall’espressione di bonario rimprovero capimmo che si era accorto della nostra presenza da subito. Ci aveva tollerato. La vergogna smontò in un attimo il senso di furbizia.
Stava lavorando un pezzetto di legno con un coltello.
Di tanto in tanto immergeva una barretta di ferro in un piccolo fuoco e incideva il legno tracciando simboli per noi incomprensibili. Aveva fabbricato una pipa e ora ne rifiniva il bocchino.
A gesti ci invitò a provare e a monosillabi ci trasmise quella tecnica rudimentale. Funzionava. Si stabilì una silenziosa relazione. Il Brigante ci aveva insegnato un nuovo gioco con attrezzi poveri di cui non era difficile dotarsi.

Ritornammo soddisfatti senza bisogno di nasconderci. Ci sentivamo privilegiati e molto coraggiosi con il nostro piccolo trofeo che divenne, nelle nostre fantasie, un oggetto di potere.

Lo sconosciuto, di cui nessuno conosceva il nome, ritornava che era già buio. Mangiava da solo in cucina dopo che avevamo già cenato.
Si faceva preparare uova al tegamino con la pancetta, il suo cibo preferito, che gustava in silenzio senza fretta.
A volte si fermava con mio padre davanti al camino. Fumavano un sigaro con un ultimo bicchiere di vino condividendo un silenzio complice.

Due destini difficili che avevano in comune il senso di avversione per l’autorità. Poi con un cenno si salutavano e lui si ritirava nel fienile. Chissà se riusciva a prender sonno temendo un’imboscata per un tradimento, un passo falso o una imprudenza commessa. Coricato da un po’ al piano di sopra questo pensiero mi frullava in testa ed ero io che non riuscivo a prendere sonno.

Una mattina ci alzammo e trovammo 5 lire sul tavolo di cucina. Se ne era andato all’alba, a piedi, in silenzio come era venuto. Non lo vedemmo mai più.

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(Virna Gioiellieri)