All’indomani del Consiglio Comunale del 29 giugno in cui si è svolta la discussione sulla discarica Tre Monti, la Commissione Pari Opportunità del Comune di Imola interviene pubblicamente con una lettera. Riceviamo e pubblichiamo.
Gentile Direttore,
abbiamo appreso dell’episodio occorso ai danni di una consigliera comunale nell’ambito della seduta del Consiglio Comunale di giovedì 29 giugno durante la discussione sulla discarica Tre Monti.
Presenti alcune persone fra il pubblico a quanto è dato sapere del Comitato imolese “Vediamoci chiaro”.
Nel corso del dibattito che è eufemistico definire acceso, una di queste ha pronunciato ad alta voce parole offensive alla consigliera del PD che interveniva in quel momento, unendosi alle altre numerose interruzioni.
Alla reazione della consigliera Anna De Veredicis seduta nelle vicinanze del pubblico, quella stessa persona le si è rivolta con la seguente frase: “Taci cinna che se no vedi”. La frase suona non solo offensiva ma anche minacciosa. Ci domandiamo se al posto della De Veredicis, a cui esprimiamo la nostra solidarietà, ci fosse stato un uomo meno giovane, il signore autore della frase gli si sarebbe rivolto allo stesso modo. Nutriamo forti dubbi in proposito. Sappiamo come agiscono gli stereotipi sessisti e come essi siano uno sguardo discriminante sulla realtà. Giovane e donna. Dunque, meno considerabile e meritevole di un rispetto diminuito (ammesso e non concesso che ci sia rispetto). L’episodio non è estraneo a una cultura maggioritaria nel nostro Paese che considera la politica un affare prettamente maschile. E’ quanto emerge anche dai dati dell’ultimo Global gender gap report 2023 elaborato dal World economic forum. L’Italia nell’ultimo anno è scesa dal 63° al 79° posto e non solo per il miglioramento realizzato da altri Paesi. Per quanto riguarda il Political empowerment delle donne, cioè il potere di agire cambiamenti in un sistema politico, l’Italia negli ultimi mesi è arretrata dal 40° al 64° posto. Questa concezione della politica corrisponde a una visione che nulla ha a che fare con i principi democratici, favorendo ancora una volta il potere maschile.
Riteniamo inaccettabile che ci si rivolga in questo modo a una consigliera comunale che nell’esercizio delle sue funzioni è, fra l’altro, un pubblico ufficiale. Lo riteniamo inaccettabile non solo per la discriminazione e il vulnus contenuto in quella frase ma anche per il disprezzo che questa comunica nei confronti delle Istituzioni di cui il Consiglio Comunale è organo elettivo con pieni poteri attribuiti dalla legge italiana e dall’elettorato. Atteggiamenti di questo tipo attivati da chicchessia gettano discredito sulle Istituzioni e ne impoveriscono l’autorevolezza.
La si può pensar come si vuole. Tuttavia, questo non legittima alcun genere di comportamento teso, nei fatti, a produrre questo effetto. Le Istituzioni rappresentano noi cittadine/i in base a regole democratiche stabilite dall’ordinamento italiano, a iniziare dalla Costituzione repubblicana. Non si deve pertanto permettere che ne sia messa in discussione la legittimità, con qualsiasi forma.
Il diritto a esprimere le proprie opinioni deriva dall’attuazione dei valori democratici su cui si fonda il patto di convivenza fra cittadini e cittadine che hanno al contempo il dovere di difenderle e di salvaguardarne la dignità e l’autorevolezza. Offendere le Istituzioni e chi rappresenta la comunità significa offendere tutte/i noi e ledere la garanzia democratica di convivenza civile. Per questo è fondamentale preservarne il decoro e il rispetto. A chi ha l’onore e la responsabilità di presiederle spetta la funzione di garante di queste regole. Sottolineiamo che il pubblico non ha diritto di parola in consiglio comunale perché non ne fa parte. Può solo assistere. Sarebbe stato doveroso attivare gli strumenti a disposizione della Presidenza per riportare il pubblico al contegno idoneo al contesto.
Si dirà che è un episodio marginale, riducendolo a una schermaglia individuale. Noi crediamo che non lo sia. La cultura di minimizzazione di fronte a fatti di questo tipo crea distanza fra Istituzioni e cittadini/e dimenticando così che la cultura democratica vive anche nei piccoli gesti, nei comportamenti individuali. La sottovalutazione (senza voler drammatizzare l’accaduto) favorisce la diffusione di quella cultura che concepisce il governo della cosa pubblica come occupazione del potere dando spazio ai gruppi lobbistici e di pressione che puntano all’uso dell’apparato istituzionale per favorire i propri interessi. Il contrario della mission istituzionale di uno Stato democratico volto, per sua natura, a tutelare l’interesse pubblico. Pensiamo che questa cultura abbia parte attiva nella determinazione della sfiducia nelle Istituzioni e nella disaffezione all’esercizio del diritto di voto.
Auspichiamo che episodi come quello avvenuto il 29 giugno scorso non abbiano a ripetersi e nel caso, siano affrontati con maggiore adeguatezza, tutelando le Istituzioni, la comunità in esse rappresentata e l’esercizio legittimo dei consiglieri e delle consigliere comunali. Non vi sono confronto, democrazia, espressione di libero pensiero là dove non si è capaci di rispetto e riconoscimento.
La Commissione Pari Opportunità del Comune di Imola
Questa amministrazione continua a dire falsità! Nessun esponente o attivista del Comitato Vediamoci Chiaro era presente.
…le pari opportunità dovrebbero valere anche nell’informazione…. il comunicato stampa del Comune di Imola in “primo piano”, la nostra smentita ….nelle lettere.