Mentre si entra, pian piano, in punta di piedi e, forse, addirittura, con una sorta di lieve stordimento, nel romanzo di In tua assenza (Sellerio editore, Palermo, 2022), si prova la stessa sensazione di quando ci si immerge in un mare cristallino, durante una rovente giornata d’estate, e ci si deve adattare, per gradi, con lentezza, all’effetto di straniamento – piacevole ma intenso – dell’acqua ghiacciata, della limpidezza dell’oceano, dell’ingresso e della conoscenza di una dimensione diversa, nell’altrove degli abissi del mare.
Attraversiamo così per tutta la durata della lettura – e potremmo dire, anche dopo, cioè a lettura finita – uno sbigottito senso di sospensione, di fronte ad un romanzo magnifico, ad una storia d’un’atmosfera magnetica e irresistibile.
È la storia di un’esplorazione nel passato e nell’intimità di tre fratelli, ognuno a suo modo irrisolto, che alla morte del padre si ritrovano a Roma (provenienti da tre città e case diverse: la restauratrice Silvia da Firenze, l’ingegnere e uomo d’affari Alessandro da Milano, e il più giovane Gabriele, in apparenza il più sbandato dei tre, che è rimasto nella capitale) e si vedono costretti a gestire una complicata eredità: l’eredità, s’intende, non solo della vendita della casa dov’erano insieme cresciuti, ma anche delle rivelazioni che alcune lettere scritte dal padre trent’anni prima, ai tempi della misteriosa scomparsa della moglie Eleonora, madre dei tre protagonisti, fanno lentamente riemergere.
Una trama consueta, si direbbe. E invece la forza evocativa della scrittura di Coletta riesce, pagina dopo pagina, a ipnotizzarci, a sedurci, persino a spiazzarci: una scrittura di un’estrema cura formale, elegante ma non esibita, esatta, commossa e vibrante, a tratti anche poetica, ma mai ostentata, mai decorativa, mai calligrafica, mai gratuitamente manierata, perché quei superbi tratteggi di una Firenze bagnata dal tramonto, di una Milano fuligginosa, dei polverosi ricordi d’infanzia a Napoli, dell’incantevole scioglimento finale in un cimitero e poi sulle rive del lago in Piemonte, quelle squisite pennellate d’ambiente e di personaggi che si muovono attorno ai tre protagonisti (in alcuni casi anche solo per brevi scene, comparse fuggevoli, come la vicina di casa Giulia, il custode del cimitero, i gangster che pestano Gabriele, una donna incrociata per caso in ospedale, l’estroso zio napoletano), non sono mai arbitrari formalismi stilistici, ma detengono un valore conoscitivo, servono a riferire di un motivo, di un’idea, d’una verità.
Ci troviamo così catturati in una vicenda che ha solo il pretesto della detection (d’una detection triplice, in realtà, in un sofisticato gioco di scatole cinesi, costruito con abile ed ingegnosa maestria, perché oltre all’investigazione sul mistero della malattia della madre Eleonora e della scomparsa del figlioletto Eugenio, si dipana anche la storia della rivelazione sensazionale della restauratrice Silvia agli Uffizi di Firenze, in una scena dal concitato ritmo mozzafiato), ma che usa l’intelaiatura dell’inchiesta per condurre i personaggi a risolvere se stessi, in un libro che finisce per avere i connotati d’uno struggente romanzo intimista, affettivo, non di rado malinconico e inquieto, come certi indimenticabili film di Ferzan Özpetek, che hanno saputo inebriarci fino alle lacrime (e quanto cinema c’è in questo libro, non soltanto, s’intende, a livello di citazioni e riferimenti testuali, ma nondimeno a livello di struttura, d’impianto narrativo, di montaggio di scene).
Un romanzo che già nella preziosa ambiguità del titolo In tua assenza (assenza del padre defunto? della madre scomparsa? del passato rimosso?) fa virare l’incanto, l’attrazione e financo il rapimento del lettore dalle complesse dinamiche della trama alle dinamiche, non meno complesse, anzi ancora più confuse ed enigmatiche, delle relazioni umane, del rapporto fra passato e presente, fra genitori e figli, e, alla resa di conti, del nostro modo di stare al mondo.
(Andrea Pagani)