I sistemi di welfare nei Paesi europei dovranno fare i conti i prossimi decenni con l’invecchiamento della popolazione e l’aumento della speranza di vita che comporterà una crescita delle spese di cura e di assistenza a carico dello Stato.
I debiti pubblici delle nazioni sono già aumentati per effetto dei sostegni offerti al sistema finanziario durante la crisi dei sub-prime (anni 2010 – 2013) e per le misure di sostegno a famiglie e imprese per la crisi pandemica (anni 2020 – 2022): non potranno espandersi ulteriormente nel futuro a sostegno del sociale.
Il welfare europeo, nelle sue diverse realizzazioni, ha un’impronta universalistica così che anche i meno abbienti possano accedere ai servizi sanitari, educativi e assistenziali di uguale qualità; cosa che non accade nel sistema americano.
L’Europa per promuovere il benessere dei suoi popoli ha varato il pilastro dei diritti sociali per combattere l’esclusione sociale e sostenere la coesione economica, sociale, territoriale e intergenerazionale. La protezione sociale europea deriva dal valore della persona, unica e irripetibile, che ha una dignità che va salvaguardata, in qualsiasi condizioni essa si trovi.
In questo scenario i due poli dello Stato e del mercato sono insufficienti a sostenere una società coesa e solidale, perché nelle difficoltà attuali rischiano di frammentarla e di moltiplicare le disuguaglianze privando una parte della popolazione dei servizi essenziali.
Tali servizi potrebbero ancora mantenersi nella forma, ma attraverso la richiesta di una sempre maggior partecipazione alla spesa anche per i più deboli. La mano invisibile del mercato, come pensava un certo liberismo, non offre più possibilità a tutti di accrescere il proprio benessere.
Le statistiche internazionali ci dicono che l’82% della ricchezza prodotta nel 2016 è andata all’1% dei più ricchi, mentre le fasce più basse non hanno visto alcuna crescita, inoltre dopo la pandemia da Covid-19 la ricchezza dei miliardari è aumentata e l’1% dei più ricchi detiene più ricchezza di tutto il resto del mondo.
In altre parole, senza togliere nulla ai benefici effetti che la globalizzazione ha avuto nello sviluppo e nella riduzione della fame nei Paesi del Terzo mondo, la ricchezza tende sempre più a concentrarsi sulle fasce più ricche della popolazione con il contributo delle ricorrenti crisi globali.
Questa polarizzazione della ricchezza dà risultati diversi nei Paesi europei rispetto a quelli anglosassoni: Italia, Germania e Francia non presentano un incremento delle disuguaglianze così marcato.
Questa differenziazione fa supporre che le policy e i quadri istituzionali hanno la loro importanza per attutire questo processo.
Nondimeno in Italia un quarto della popolazione è a rischio di povertà a causa delle crisi succedutesi.
In questo contesto diventa essenziale la presenza virtuosa del Terzo settore e dei corpi intermedi, come si è dimostrato durante la pandemia, che sono capaci, se coinvolti e riconosciuto il loro ruolo pubblico, di integrarsi/sostituirsi allo Stato nell’erogazione dei diversi servizi essenziali quasi sempre a costi inferiori e a offrire prestazioni personalizzate basate sulla relazione. Essi, inoltre, costruiscono di continuo il capitale sociale attraverso l’attività partecipativa e di legame fra le persone.
La sussidiarietà diventa la modalità per sostenere un sistema sociale universalistico dove il primato e la dignità della persona possano trovare una risposta al di là del ceto sociale.
Si tratta di un modello cooperativo, in cui istituzioni e corpi intermedi collaborano sistematicamente per definire, progettare e attuare i processi di risposta al bisogno e di generazione di bene comune, integrandosi e collaborando.
Una cultura della sussidiarietà è necessaria per un nuovo modello di crescita sostenibile, in ragione della complessità delle società moderne che richiedono una capacità di adattamento continuo, che non può essere affidato esclusivamente allo Stato o al mercato.
La sussidiarietà diventa la chiave di volta per sostenere un sistema sociale universalistico dove il primato e la dignità della persona possano trovare una risposta.
Siamo pronti a questa sfida?
(Tiziano Conti)