Pubblichiamo l’ultimo racconto di “Si ricordano momenti”.

Potete leggere tutte le 8 puntate a questo link >>>>

L’esperienza della guerra ci aveva fatti uomini in fretta. Con la Liberazione e le vicende che seguirono, si diffuse un clima euforico contagioso. Nonostante le difficoltà che annunciavano la durezza della ricostruzione sentivamo l’urgenza di vivere e la voglia impaziente di una rinascita.

In alcuni di noi si era formata la convinzione di dover partecipare attivamente a quel percorso inedito che la Storia ci metteva fra le mani. Feci la mia scelta. Dalla parte di coloro che immaginavano un mondo libero, giusto, con uguali diritti per tutti, senza gli orrori della guerra. Mai più. Il futuro era un riscatto per chi aveva pagato l’esistenza con il più alto prezzo di sofferenze e privazioni.

Quella sera si teneva una riunione della sezione di partito nella Casa del Popolo del paese dove ci eravamo trasferiti. Dalla federazione avevano mandato una giovane compagna. Fu allora che incontrai Ginestra per la prima volta. Mi colpirono la determinazione e la chiarezza con cui esponeva idee e proposte. Una bella ragazza, attraente, con un bel personale e un fascino femminile magnetico.
Fu un colpo di fulmine. Era venuta in campagna in bicicletta. Al termine mi offrii di riaccompagnarla. Eravamo coetanei. Stessa generazione di belle speranze. Così ci siamo conosciuti.

Aveva l’incarico di seguire l’attività politica di quel territorio. La rividi altre volte, in incontri animati da discussioni appassionate. Cercavamo di conoscere, di capire come girava il mondo.
Ci istruivamo con letture sul pensiero che indicava la strada per costruire la società che volevamo. Consapevoli che la cultura era uno strumento indispensabile di progresso e di emancipazione da una condizione economica e sociale subalterna.

Ci eravamo procurati un po’ di libri fra i quali alcuni classici della letteratura su cui ci formavamo, tipo “I miserabili” di Hugo o “Niente di nuovo sul fronte occidentale” di Remarque, “Una donna di Madrid” di Constancia De la Mora sulla guerra di Spagna.
Nelle feste organizzate per raccogliere fondi, si ballava il sabato fino a tardi. Momenti di spensierato abbandono dei corpi e dei sentimenti, il ristoro dopo una settimana di lavoro faticoso.

Qualche tempo dopo mi invitò a partecipare a una gita di tre giorni. Con rammarico dovetti rinunciare. In primavera c’era troppo da fare nei campi. In quei tre giorni ricevetti quattro cartoline. Esplose la passione della vita. Ci fidanzammo.

Ci frequentavamo da circa due anni quando un giorno mi chiamò per chiedermi un appuntamento. “Ti devo parlare” disse. Quella richiesta risuonò insolita.
Non saprei spiegarne le ragioni ma la testa iniziò ad affollarsi di pensieri cupi che mi davano l’ansia. Fantasticavo sulla fine imminente della nostra relazione e sulla sofferenza disperata che mi attendeva al varco. Andai col cuore in gola. Invece mi chiese se volevo sposarla.

Toccai il cielo con un dito. Tutte le fantasie cupe che avevano affollato il tempo breve di una temporanea separazione si trasformarono in un istante di pura felicità. Saremmo stati insieme per sempre. Nella gioia e nel dolore, come si dice.
Ci sposammo in un giorno nevoso e freddo all’inizio dell’anno successivo. Nel clima caldo di lotte sociali e sindacali che precedevano gli anni del boom economico.

E’ strano come si ricordino solo momenti del lungo e tortuoso sentiero che mi ha portato fin qui. Rimangono vivi nella memoria come lucciole che si accendono e si spengono nel buio della mente.
Forse sono quelli che ci hanno segnato di più. Lontani, eppure così vicini.

Foto di NoName_13 da Pixabay

Oltre mezzo secolo di alterne vicende ed emozioni che li separano dal presente, sembrano ora svanite nel nulla. Provo di afferrarli come per trattenere una vita che sembra non appartenermi più e mi sta sfuggendo di mano. Nessun ritorno ci è concesso.

Lei se ne è andata prima di me, rapita da una fatale malattia. Una mossa del cavallo ad opera del destino. Questa solitudine è intollerabile. Non c’è il pensiero del futuro a sostenere l’istinto vitale che trova un orizzonte. La visione si è fatta corta. Sono troppo stanco, dentro questo corpo narrante, pieno di acciacchi, le tracce delle storie di una vita.

E’ ora di andare.

(Virna Gioiellieri)