Venezia, 31 agosto 2023. Per il concorso Venezia 80 – la sezione principale della mostra del cinema, cominciano a calare gli assi. Oggi sono stati presentati i film di Luc Besson “Dogman”, di Michael Mann “Ferrari”, oltre al film di Pablo Larrain “El Conde”.
Il film su un particolare episodio della vita di Enzo Ferrari, l’edizione della Mille Miglia del 1957, è stato diretta dall’ottantenne regista statunitense autore di “Heat – la sfida” e “L’ultimo dei Mohicani” e girato in Emilia, nelle zone dove il Drake visse, in particolare a Modena. Il giovane Ferrari è interpretato da Adam Driver, una delle poche star hollywoodiane che, insieme a Patrick Dempsey altro interprete, ha avuto il lasciapassare per la mostra, visto lo sciopero che ha coinvolto gli attori hollywoodiani iscritti ai vari sindacati contro l’uso dell’intelligenza artificiale nel settore da parte degli studios.
Viene colto il momento di grossa difficoltà e rinascita di Ferrari, il fallimento che incombe sull’azienda, la perdita dell’unico figlio Dino che mette in crisi il matrimonio, con la tenace moglie Laura interpretata da Penelope Cruz, la relazione clandestina con Lina Lardi (Shailene Woodley) e la nascita di un altro figlio, Pietro. Ma la voglia di costruire le macchine più veloci che possano esistere è più forte di tutto. E allora eccolo lanciarsi con i suoi bolidi, i cui veri suoni sono riprodotti nella pellicola, nella corsa che attraversa tutta l’Italia, la Mille miglia, dove vuole battere la concorrente Maserati. Per farlo arruola i piloti Alfonso De Portago e Piero Taruffi (Dempsey) e li incita a correre al massimo. Dempsey che ha pilotato quei vecchi bolidi anni 50 per il film ha spiegato quanto fosse pericoloso e come il pilota fosse molto esposto.
Ad accompagnare il film a Venezia anche il presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini, che attraverso la Film Commission ha contribuito al finanziamento dell’opera. “Un’opera che porterà l’Emilia Romagna in tutto il mondo”, anche se critica non è stata unanime nell’apprezzamento del film, parso didascalico e un po’ straniante per l’uso dell’inglese per personaggi profondamente italiani.
Il film di Luc Besson, il regista francese del quale si annoverano le pellicole “Leon”, “Nikita” e “Lucy”, narra le vicende di Douglas (l’attore Caleb Landry Jones) che è sempre stato un emarginato, fin quando da piccolo, vittima delle violenze del patrigno, aveva come suoi unici amici e confidenti una muta di fedelissimi cani. Ora adulto ma ugualmente tormentato, Douglas possiede ancora questo strano legame inter-specie e lo userà per vendicarsi dei torti subiti. La tesi del film, ripresa da Alphonse de Lamartine è che “ovunque ci sia un infelice, Dio invia un cane” e il regista ha lavorato con diversi cani addestrati durante le riprese e ha spiegato che la selezione è stato un processo lungo così come è stato complicato lavorare sul set con tanti amici a 4 zampe ciascuno obbediente solo alla voce del proprio addestratore. I critici parlano di una favola nera e della nascita di un nuovo Joker, anche per l’interpretazione istrionica del protagonista. Besson torna al cinema dopo essere stato scagionato dall’accusa di stupro intentata dall’attrice di un suo film “Valerian e la città dei mille pianeti” Sand Van Roy.
La pellicola di Pablo Larrain, regista cileno di “Il club”, “Jackie”, “Neruda”, “Spencer”, narra della vicenda di Augusto Pinochet, dittatore cileno al potere con il golpe dell’11/9/1973, durante il quale si suicidò il presidente socialista Salvador Allende. Ma il regista l’ha immaginato come una figura di morto vivente. Infatti l’impunità di cui ha goduto nonostante sia stato accusato di crimini contro l’umanità e di crimini finanziari e sia vissuto indisturbato per tutta la sua lunga vita (è morto nel 2006) senza mai avere pagato per i suoi delitti, rende la sua parabola non conclusa e ancora aleggiante sul Cile. Un eterno ritorno. Per questo Larrain l’ha trasformato in un vampiro, mettendolo in scena in una commedia nera con interpreti Jaime Vadell, Gloria Münchmeyer, Alfredo Castro, Paula Luchsinger. Dalla Francia del Settecento arriva fino a una villa in rovina isolata, dove la moglie, un maggiordomo e i figli lo tengono in vita, anche dopo la caduta del regime, fornendogli sangue e cuori a volontà di giovani cileni … Ma anche un ex dittatore/vampiro può entrare in crisi depressiva… Girato in bianco e nero opaco, è un attacco al dittatore e alla sua famiglia per esorcizzare la paura dell’eterno ritorno del male. I critici presenti alla mostra l’hanno valutata come un’opera dal minore impatto emotivo del bravo regista cileno, cha aveva già narrato il periodo della dittatura in tre pellicole importanti: “Tony Manero”, “Post mortem” e “No – i giorni dell’arcobaleno”.
(Caterina Grazioli)