Venezia, 1 settembre 2023. I film in concorso per Venezia 80 alla Mostra del cinema sono stati “Bastarden (the promised land)” del regista danese Nikolaj Arcel, “Poor things” del regista greco Yorgos Lanthimos, ormai diventato british e il film italiano di Saverio Costanzo “Finalmente l’alba”.
Il figlio di Maurizio Costanzo regista de “L’amica geniale”, torna a Venezia dove aveva presentato “Hungry hearts” che aveva fruttato la Coppa Volpi ai due interpreti: Adam Driver e Alba Rohrwacher.
“Finalmente l’alba” è il viaggio lungo una notte della giovane Mimosa che, nella Cinecittá degli anni Cinquanta, diventa la protagonista di ore per lei memorabili. Una notte che da ragazza la trasformerà in donna. Mimosa fa la comparsa in un film kolossal prodotto dagli americani e viene coinvolta dal gruppo di attori principali, interpretati da Lily James e Joe Keery, in una serata e nottata di iniziazione, sotto la guida di una sorta di Caronte interpretato da Willem Dafoe. Finirà anche nella villa di Capocotta che ha fatto da sfondo all’assassinio di Wilma Montesi, il primo caso di omicidio mediatico nell’Italia anni 50, che ha visto coinvolti personalità politiche e dello spettacolo. Costanzo ha deciso un finale diverso per la sua ingenua protagonista che sfiora il pericolo più volte ma non ne rimane intrappolata. I critici sottolineano la disomogeneità della pellicola, che parte come film “neorealista”, poi passa alla visione da kolossal e finisce in un cinema più individuale e contemporaneo, ma non ben amalgamato e con tempi dilatati. Sottolineano però anche lo sguardo autoriale che lo rende interessante.
Il regista Arcel realizza un film sulla Danimarca del 1700, un episodio della storia del suo paese, come già fatto con il precedente “Royal Affair”. Il capitano Ludvig von Kahlen, interpretato da Mads Mikkelsen, dopo aver combattuto per molti anni nell’esercito, una volta ritiratosi in pensione decide di far diventare realtà un progetto del re di Danimarca che sembra una pura e semplice utopia. L’idea è quella di rendere coltivabile la brulla ed arida brughiera che copre una vasta area del Paese. In cambio riceverà un titolo reale disperatamente desiderato. Girato come un western: la terra, l’eroe, i pionieri, la donna forte e il cattivo, quest’ultimo è il latifondista che ritiene di essere proprietario del terreno e di avere per questo ogni diritto, anche il più sadico e crudele, per i critici è risultato a tratti didascalico, ma intenso e furbo. Ha infatti tutti gli ingrediente per piacere al pubblico. Spiega il regista: “Con l’aiuto del brillante romanzo di Ida Jessen, io e Anders Thomas Jensen volevamo raccontare una storia epica e grandiosa su come le nostre ambizioni e i nostri desideri siano destinati a fallire se rappresentano la sola cosa che abbiamo. La vita è un caos; dolorosa e sgradevole, bella e straordinaria, e spesso non la possiamo controllare. Come dice il proverbio: noi facciamo piani e Dio se la ride”.
Standing ovation invece per la proiezione del film di Yorgos Lanthimos “Poor things”, recitato da Emma Stone con una performance incredibile. Tratto dal romanzo di Alasdair Gray, racconta la storia di Bella Baxter (Emma Stone), una sorta di Frankenstein al femminile riportata in vita da uno scienziato (Willem Dafoe). Desiderosa di imparare tutto, libera dai pregiudizi, aperta a nuove esperienze e scoperte, anche della sessualità, nel puritano periodo vittoriano. L’attrice si è calata benissimo nella parte anche perché ha partecipato, anche in veste di produttrice, a tutta la fase creativa della pellicola, a cui il regista aveva già iniziato a pensare ai tempi de “La favorita” del 2018.
Lanthimos spiega che “Gray era un pittore e aveva realizzato anche diverse illustrazioni per il suo libro. Fondamentalmente, era una storia sulla libertà di una donna nella società. La strada era aperta per raccontare una storia del genere”. Ed ancora: “Quando faccio un film, non ho mai l’obiettivo che le persone ne traggano qualcosa di specifico. Si tratta di inserire alcune immagini, pensieri e domande, quindi far interagire le persone con loro, che lo facciano con le proprie esperienze e i propri pensieri e vedere cosa ne tirano fuori.” Infatti gli spettatori sono parte integrante della storia e partecipano alla crescita della ragazza mostruosa, creata dall’innesto sul corpo di una ragazza morta suicida del cervello del feto che portava in grembo, alle sue scoperte, ai dettagli più scabrosi, agli istinti animaleschi e alla scoperta del raziocinio. Probabilmente finora il film che ha suscitato più interesse alla mostra.