Venezia, 2 settembre 2023. Alla Mostra del cinema di Venezia i film in Concorso sono “Maestro” di Bradley Cooper (l’attore e regista sarà assente a causa dello sciopero a Hollywood) sul compositore statunitense Leonard Bernstein e “Adagio” di Stefano Sollima, su tre vecchie figure della Roma criminale, mentre Fuori concorso c’è invece Roman Polanski con “The Palace” (presenti gli attori Luca Barbareschi e Fanny Ardant) e Harmony Korine con “Aggro Dr1ft”. Viene inoltre consegnato il Leone d’oro alla carriera all’attore Tony Leung Chiu-Wai e alla cerimonia sarà presente il regista Ang Lee.
Il terzo film italiano in concorso è un dramma di genere, quello noir e narra la vicenda di Manuel (il giovane attore Gianmarco Franchini), un ragazzo di sedici anni, che cerca di godersi la vita come può, mentre si prende cura dell’anziano padre (Toni Servillo). Vittima di un ricatto, va a una festa per scattare alcune foto a un misterioso individuo ma, sentendosi raggirato, decide di scappare. Si ritrova così inseguito dai ricattatori che si rivelano essere estremamente pericolosi e determinati a eliminare quello che ritengono uno scomodo testimone. Manuel capisce di essere invischiato in qualcosa che è più grande di lui e sarà costretto a chiedere protezione a due ex-criminali male in arnese (interpretati da Pierfrancesco Favino e Valerio Mastandrea), vecchie conoscenze del padre.
Alla trama si aggiunge Adriano Giannini che nel film da’ vita ad un cattivo rimarchevole, un poliziotto spietato e insieme padre soccorrevole: “Mi sono immaginato come un lupo ferito nel cuore della foresta, col dente insanguinato, in attesa di azzannare altre vittime”.
Il regista che ha avuto alcuni anni di esperienze all’estero, torna a parlare di Roma come già aveva fatto con “Suburra” e con “Romanzo criminale – la serie”. Ha trovato una città cambiata, che ha voluto rappresentare, in cui si muovono i suoi personaggi neri apparentemente senza redenzione: “Una città governata dal caos, dalla corruzione, dal cinismo, asfissiata dal caldo torrido, devastata dagli incendi e sommersa dal buio dei numerosi blackout… ma con uno spiraglio di luce. La nuova generazione”. La critica ha apprezzato il film, che non ha nulla da invidiare a produzioni internazionali in quanto a parte tecnica e scenografica, il ritmo è quello dell’adagio andante, con forse qualche pecca sulla trama.

Maestro. (L to R) Carey Mulligan as Felicia Montealegre and Bradley Cooper as Leonard Bernstein (Director/Writer) in Maestro. Cr. Jason McDonald/Netflix © 2023.
Il film di e con Bradley Cooper, che narra la storia di Leonard Bernstein e del tormentato rapporto con la moglie, nasce dalle sue esperienze di bambino: “Quando ero piccolo in casa ascoltavamo spesso l’opera e la musica classica. In particolare, ascoltavamo spesso un disco di Leonard Bernstein. Perciò la fiaccola che mi avrebbe mostrato la via per realizzare Maestro era già accesa molti anni prima che mi capitasse il progetto tra le mani. … ho capito che l’aspetto più interessante e toccante per me era il matrimonio tra Lenny e Felicia. Era un amore non convenzionale e sincero, che trovavo estremamente intrigante. Ed era questa la storia che ho voluto raccontare”.
È interpretato da Carey Mulligan (Una donna promettente), nei panni dell’attrice, artista e attivista Felicia Montealegre Cohn Bernstein e da Cooper, nel ruolo del leggendario musicista, direttore d’orchestra, compositore, insegnante e autore Leonard Bernstein.
Bernstein è stato direttore d’orchestra (ha diretto per oltre un decennio la New York philarmonic), pianista e compositore (West side story su tutti). Maestro è un biopic diviso in due parti: una in bianco e nero più romantica e sognante dei primi anni di conoscenza tra il musicista e la moglie, con la storia d’amore i figli e la seconda ambientata in anni più recenti con colori saturi, dove si affronta la crisi della coppia dovuta agli amori gay di Bernstein. Tutto in nome della libertà creativa e personale. Tra i produttori esecutivi ci sono Steven Spielberge Martin Scorsese (che voleva inizialmente dirigere il film). Produce Netflix: in sala a novembre e poi a dicembre in streaming. La critica non ha gradito fino in fondo il film per cui risulta più apprezzata la prima parte romantica e quasi da musical rispetto alla seconda più convenzionale e sentimentale.
Il film fuori concorso “The palace” di Roman Polanski con Fanny Ardant, Mickey Rourke, John Cleese, Fortunato Cerlino e tanti altri oltre a Luca Barbareschi anche produttore, è ambientato nella notte del 31 dicembre 1999, in un grande albergo di lusso montano, dove si riuniscono ricchi di tutti i tipi, quando tutti avevano paura del millennium bug e qualcuno temeva la fine del mondo.
Incroci di storie di vario tipo, colorato e sopra le righe, qualcuno l’ha paragonato ad un “Vacanze di Natale” d’autore. Si va dai russi che agiscono ampiamente al di fuori della legalità con modelle al seguito (mentre Putin prende il potere parlando di diritti e libertà) all’idraulico di bell’aspetto pronto ad occuparsi di particolari tubi di scarico, alle donne camuffate dalla chirurgia estetica. A dirigere questo variegato mondo il direttore dell’albergo (Oliver Masucci).
Il regista, l’ormai novantenne Polanski, sembra si sia preso la massima libertà e spiega “Per quasi mezzo secolo ho frequentato un luogo in Svizzera dove si trova un hotel di lusso, appartenente alla categoria 5 stelle superior hotel, noto come Gstaad palace. Ho osservato la vita di questo albergo, dove soggiorna un’élite estremamente ricca e poliglotta, attorno alla quale si muove il proletariato dell’hotel. Questi due mondi sono, a loro modo, esilaranti, a volte persino grotteschi. Tutto li separa, a partire dalle loro opinioni politiche. Li unisce solo la figura del direttore dell’albergo, che si prende cura di tutti e cerca di accontentare tutti, a volte in verità leccando i piedi sia ai clienti che ai subordinati. Con abilità diplomatica, trova una via d’uscita dalle situazioni più improbabili…. L’idea di fare un film su questo mondo esotico mi è venuta immediatamente. Doveva essere una commedia, un po’ brusca e sarcastica, severa nei confronti dei personaggi del film, ma non priva di un tocco di indulgenza e simpatia”. La critica non ha particolarmente gradito questo cinepanettone, dove risalta il trash, senza particolari graffi e viene lesinata una summa di luoghi comuni, però d’autore.
(Caterina Grazioli)