Venezia, 3 settembre 2023. Gli autori presenti alla mostra, i registi, gli sceneggiatori coadiuvati dal cast tecnico, sono alla ricerca di nuova ispirazione e la trovano giocando con i generi, le musiche, le scenografie per mettere in scena il tempo, lo spazio, la morte e la vita, l’amore e l’eros, rivelando le potenzialità infinite del cinema. I film in concorso oggi a Venezia 80, ne sono un esempio, utilizzando la scienza, dalla fisica, all’intelligenza artificiale, alla psicologica per introdurci in innovative interpretazioni della realtà. Sono stati presentati “The killer” di David Fincher, con Michael Fassbender, Tilda Swinton, Charles Parnell, “La bete “di Bertrand Bonello, con Léa Seydoux, George MacKay e “The theory of everything” di Timm Kröger, con Jan Bülow, Olivia Ross, Hanns Zischler.

The Killer. Michael Fassbender as The Killer in The Killer. Cr. Netflix ©2023

Il regista americano di “Seven” e “Fight Club” porta un lungometraggio, tratto da una graphic novel francese, “Le tueur”, su un assassino a pagamento, Michael Fassbender, metodico e ossessivo e sulla sua mente. Produce Netflix. Un errore nell’eseguire il suo contratto lo porta a sconvolgere i suoi piani e a scappare, dovendo fare i conti con la vendetta. Si lascerà dietro una scia di sangue in diversi angoli del globo, altrettanti capitoli della storia. Un argomento già visto al cinema, ma qui rinnovato dal punto di vista autoriale: pellicola costruita sugli inganni e le menzogne, dovute alla discrepanza tra i pensieri intimi dell’assassino, ripetuti continuamente dalla sua voce interiore e le sue azioni. Rispecchia in fondo le contraddizioni e le incoerenze umane. “Un noir brutale, elegante e sanguinario che segue un killer professionista in un mondo che ha perso la bussola morale. L’esempio di un solo uomo, armato fino ai denti, che lentamente discende nella follia” spiega il regista. La critica riconosce la grandezza dell’autore ed i giudizi spaziano dall’entusiasmo a chi si aspettava di più per via di una certa ripetitività nell’interpretazione del protagonista.

Nel film francese di Bonello lo spunto è una novella di Henry James. Il regista consolida uno sguardo ormai riconoscibile per forma, linguaggi, e contenuti. È la storia di una giovane donna che in un vicino futuro decide di eliminare l’emotività attraverso la rimodellazione del DNA e per farlo si deve immergere in vite parallele e possibili, attraverso geografie spaziali e temporali, dove emergono le contraddizioni emotive dell’esistenza, tra tutte quelle dell’amore, che devono essere ripulite. L’autore di film radicali come “Le pornographe” (2001), inserisce l’eroina Lea Seydoux e in un melodramma di science-fiction, parzialmente in costume e parzialmente ambientato in un un presente e un futuro prossimo. Al suo fianco l’attore inglese George MacKay che incontra la protagonista nei tre diversi periodi in cui il film è ambientato: il 1910 a Parigi, il 2014 a Los Angeles e il 2044 in un luogo non definito. 

Credits mostra del cinema di Venezia

In altre parole il passato, il quasi-presente e il futuro in un crescendo di criticità per la vita sentimentale perché – dice il regista – “nel 1910 i sentimenti sono espressi. Nel 2014 sono repressi. In 2044, sono addirittura soppressi. … Ho pensato di dover portare alle estreme conseguenze i temi dell’amore e della paura …  Ho voluto trovare una via di mezzo tra i grandi temi dello sci-fi e l’apocalittico”.
Per i critici l’opera è importante, con qualche imperfezione, forse con troppi linguaggi ed evocazioni con cui lo spettatore si deve mettere alla prova, ma in cui si riconoscono i tratti di un grande artista.

Il terzo film visto è quello del tedesco Timm Kröger. La trama è la seguente: 1962. Johannes Leinert (Jan Bülow), insieme al suo tutor di dottorato (Hanns Zischler), si reca a un congresso di fisica organizzato nelle Alpi Svizzere, dove uno scienziato iraniano è in procinto di rivelare una “rivoluzionaria teoria di meccanica quantistica”. Quando però i due fisici arrivano nell’hotel a cinque stelle, l’ospite iraniano non si trova da nessuna parte. In assenza di una nuova teoria da discutere, la comunità dei fisici si dedica pazientemente all’attività sciistica. Johannes, che invece ha deciso di restare in albergo per lavorare alla sua tesi di dottorato, viene distratto da Karin (Olivia Ross), una giovane pianista jazz per cui lo studioso sviluppa una particolare attrazione. In lei c’è qualcosa di strano e di sfuggente e in più sembra sapere cose sul conto di Johannes che solo lui pensava di conoscere. Quando una mattina uno dei fisici tedeschi viene trovato morto, sulla scena arrivano due ispettori di polizia per indagare su quello che ritengono essere un caso di omicidio. Mentre in cielo si accumulano strane formazioni nuvolose dall’aspetto sempre più bizzarro, la pianista scompare nel nulla e Johannes si ritrova trascinato in una sordida storia di falsi ricordi, di incubi a occhi aperti, di amori impossibili e di un oscuro, inquietante segreto nascosto sotto la montagna.

Credits_Carole_Bethuel

“Questo film dovrebbe essere percepito come un sogno” spiega il regista. Si parla della tragica storia di un genio incompreso o si è davanti alle aberrazioni paranoiche di un pazzo? Il film gioca tra queste due ipotesi. Girato in bianco e nero, sulle montagne svizzere, è un film complesso che sposa una teoria della fisica portata avanti da Hugh Everett III con la sua tesi di dottorato del 1957: il modello di Everett presupponeva una realtà distinta per ogni possibile risultato di un evento fisico e se si trasferisce sul piano umano presuppone che ogni decisione o contingenza che capita da’ origine a un mondo alternativo. La teoria attirò pochi seguaci subito dopo la sua pubblicazione.  Solo dopo la sua morte la sua tesi di dottorato ha ottenuto un vero riconoscimento, portando all’idea più o meno onnipresente che oggi cade sotto il nome di “multiverso”. 

(Caterina Grazioli)