Che schifo, almeno per me!
Ai tempi dell’ Asp, incontrai una Signora che, appena seduta, iniziò a piangere e a raccontarmi che dopo tanti anni di matrimonio, giunta ai settantanni non sopportava più le botte del marito.
Dopo il pensionamento, il marito era sempre nervoso, usciva poco, non aveva interessi e appena nasceva uno screzio con la moglie, erano urla e scapaccioni.
La violenza, anche incruenta, fa sempre male al corpo e allo spirito.
Le chiesi cosa potevo fare e avanzò con una timidezza commovente una proposta inaspettata: “Provi a parlare con mio marito”.
Una parola!
Riuscii a parlargli fuori dalla sede istituzionale, gli esposi nei particolari il motivo dell’incontro e con una calma inaspettata mi disse “Ma è mia moglie”.
Gli feci notare che se i suoi comportamenti non fossero cambiati, la moglie avrebbe divorziato.
Mi vuole abbandonare? Mi vuole lasciare solo? Forse chiede solo un po’ di pace, azzardai.
Divenne più riflessivo e consapevole che il “mia” non era un certificato di proprietà; ma ci volle molta pazienza perché ne prendesse atto.
Dopo molto tempo li ho rivisti in un supermercato, insieme.
Un’ amica di vecchia data mi ha confidato di avere una relazione con un uomo, il quale, nonostante buone referenze sociali ed economiche, è afflitto da un carattere bipolare per cui alterna espressioni di grande amore con offese, insinuazioni e bugie.
Ho inteso che la forza attrattiva superi quella di respingimento, per cui la relazione continua su un terreno accidentato.
Giorni fa, al termine di una ricorrente discussione, lui l’ ha presa per le braccia e la scossa duramente per cui ha sul braccio sinistro dei lividi evidenti, mentre sul destro i segni sono appena percettibili.
L’ amica è andata da un avvocato donna la quale le ha esposto l’ iter di un eventuale denuncia. Niente testimoni, niente sangue: premesse per un pareggio tra accusa e difesa, con il rischio per la donna di finire sulla bocca di tutti. Quindi meglio fare appello al proprio coraggio e chiudere il rapporto chiaramente malato con una persona che sana del tutto non è.
La ragazza piange carica di rabbia per la fine di un rapporto in cui credeva e per la presa d’atto della propria impotenza a fare valere le proprie ragioni.
Perchè non è sufficiente avere ragione, è necessario che la ragione venga riconosciuta. Così le donne pagano l’essere tali.
Chiudo come ho iniziato, che schifo, almeno per me.
(Vittorio Feliciani)