9 gennaio 2023, una data da ricordare: dopo il lungo viaggio per raggiungerla, abbiamo finalmente mosso i primi passi in Australia.
Siamo arrivati all’aeroporto di Brisbane in tarda serata, verso le 10.30. Esausti e fisicamente provati, ci siamo diretti verso i primi controlli. Ci aspettavamo di vedere il personale dell’aeroporto pronto a svolgere gli accertamenti necessari, invece di fronte a noi e agli altri passeggeri c’era semplicemente una torretta metallica con uno schermo al centro. Passando il passaporto sopra lo schermo, abbiamo ricevuto il “lasciapassare” e siamo andati verso il nastro dei bagagli.
Abbiamo iniziato ad aspettare le nostre valigie, impazienti di raggiungere la stanza che ci avrebbe ospitato per la prima settimana. Più passavano i minuti, e più uno degli incubi peggiori per chi viaggia si materializzava davanti ai nostri occhi: i bagagli smarriti.
Stavamo aspettando da più di mezz’ora e ormai, sul nastro, giravano sempre le stesse valigie. Tutte tranne le nostre. Dopo un’ora abbiamo capito che non sarebbero mai arrivate, e ci siamo dovuti confrontare subito con la prima difficoltà. Sembrava quasi che ci stessero mettendo alla prova.
In apprensione e con la tristezza negli occhi, abbiamo raggiunto l’area smarrimento bagagli e abbiamo parlato con una dipendente. Non è stato semplice, perché oltre al fattore stanchezza, anche il doversi spiegare per la prima volta con qualcuno in lingua straniera, sarebbe stata una bella sfida.
In qualche modo riuscimmo a capirci e ricevemmo la classica risposta di chi cerca di prendere tempo per capire come risolvere il problema: vi faremo sapere.
Senza poter fare nulla di più, abbiamo superato l’ultimo controllo (questa volta svolto da un ufficiale della polizia) e siamo finalmente usciti dall’aeroporto, con il solo bagaglio a mano.
Nonostante fossimo davvero amareggiati e con il morale a pezzi, ci siamo voluti prendere un momento per respirare quell’aria nuova a pieni polmoni.
Ricordo ancora le narici riempirsi di un profumo incredibile, composto da un mix di odori tutti diversi; il risultato era sorprendente, un aroma dal sapore tropicale.
Ci risollevammo subito, non volevamo permettere a quel brutto imprevisto di lasciarci condizionare una prima volta tanto importante. Scendemmo le scale e arrivammo alla stazione del treno.
Dall’aeroporto saremmo dovuti arrivare sulla Goald Cost, più precisamente nella piccola cittadina di Hellensvale.
L’avevamo scelta per essere vicini al mare, che distava solamente venti minuti, e perché sarebbe stata davvero comodo se fossi riuscito ad entrare nei Surfers Paradise.
Il viaggio in treno durò un’ora e mezza, passata interamente con lo sguardo fuori dai finestrini, come a voler cibarci di tutto quello che di nuovo riuscissimo a vedere nonostante l’oscurità più totale.
Rimanemmo affascinati e ci rendemmo finalmente conto di esserci, stava iniziando.
Arrivammo a Hellensvale e con le ultime energie rimaste raggiungemmo l’appartamento a piedi, dalla stazione. Era una camminata di dieci minuti, lungo la quale passammo attraverso le strade deserte. Nonostante il buio ci sentimmo subito attratti da quella graziosa cittadina, vibrava positivamente.
Quando fummo davanti al portone, ad accoglierci arrivò il padrone di casa, con cui avremmo condiviso l’appartamento. Era una ragazzo indiano, sulla trentina, molto gentile e sorridente. Ci accompagnò in ascensore all’ultimo piano, facendoci strada fino alla porta del suo appartamento. Entrammo e fummo subito entusiasti della scelta. L’appartamento era molto grande, con un enorme cucina e un soggiorno altrettanto spazioso. Immaginammo quanto potesse essere luminoso di giorno, vista la porta finestra che occupava tutta la parete laterale. E c’era anche il balcone!
La nostra camera era molto confortevole, con bagno privato annesso. Ringraziammo il ragazzo, che scoprimmo abitare lì con la compagna, e ci tuffammo a letto.
Appoggiamo le teste sul cuscino e ci perdemmo per la prima volta nel nuovo sonno australiano.
Purtroppo non durò molto; il jetleg venne a trovarci alle cinque del mattino. Ci ritrovammo entrambi con gli occhi spalancati a fissare il soffitto, nessuna speranza di riuscire ad addormentarsi di nuovo. Cosí, presi dall’euforia decidemmo di alzarci e di fare una passeggiata, facendo poi colazione da qualche parte.
La luce ancora debole del sole avvolgeva la città ancora dormiente, e uscii in balcone con una tazza di caffè. Mi persi a guardare il grande albero di fronte a casa. I pappagalli nascosti tra quelle foglie cantavano pieni di energie. Mi resi conto che fino a quel momento i pappagalli li avevo visti solamente in televisione, oppure in qualche parco naturalistico rinchiusi ingiustamente in qualche gabbia.
Lì invece erano liberi, nel loro habitat.
Mi sentii leggero.
Scendemmo in strada e iniziammo a camminare senza meta.
Più camminavamo e più ci rendevamo conto di come le sensazioni della sera prima fossero esatte. Quel posto era davvero rilassante; le case bianche e le strade pulitissime si mescolavano perfettamente alla natura che qui sembrava non aver perso il passo a favore dell’uomo. C’era sintonia, cosa che raramente al giorno d’oggi riesce a crearsi tra uomo e natura.
Scendemmo una grande scalinata in pietra bianca e ci ritrovammo nella piccola piazza centrale, sormontata da una biblioteca gigantesca. Poi si arriva in un piccolo super market avvolto da un colonnato in mattoni. Molto elegante.
Per finire, qualche bar lungo il porticato frontale.
Ci fermammo proprio in uno di questi caffé/tavola calde per mettere qualcosa sotto i denti. Il simpatico gestore del locale, un ragazzo cinese, ci chiese da dove arrivassimo e da quanto fossimo lì. Quando seppe che avremmo dovuto cercare lavoro nel caso fossimo rimasti lì, ci disse che ci avrebbe aiutati volentieri e che bastava ricordarglielo.
Quel piccolo gesto, quel piccolo atto caritatevole, riaccese una speranza che credevo definitivamente spenta. La visione di un mondo gentile, in cui si aiuta qualcuno per il puro piacere di essere altruisti.
Svanito il pensiero e finita l’abbonante colazione a base di uova e bacon, ci siamo diretti a fare un po’ di spesa in un altro centro commerciale, questa volta molto più grande.
Rientrati a casa, dopo aver cenato, ci sdraiammo nel letto abbandonandoci in un sonno profondo, in attesa del giorno successivo in cui saremmo andati al mare con una coppia di amici italiani.
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(Ferri Daniele)