In questa rubrica, “Cronache globali”, ospitiamo contributi in parole ed immagini di ragazzi e ragazze emiliano romagnoli che per vari motivi hanno fatto la scelta di vivere al’estero, se non per sempre per periodi della loro vita.
Francesca è una giovane studentessa di Massa Lombarda (Ra) che è a Tokyo per la preparazione della sua tesi di laurea in lingua giapponese.
Ogni mattina passo davanti a un grande edificio in costruzione nel quartiere in cui vivo. Non si vede molto, ma salta all’occhio la scritta “Panasonic Homes”.
Si tratta di abitazioni che adottano tecnologie d’avanguardia e soluzioni strutturali ai problemi più comuni delle case in Giappone, come la sensibilità ai terremoti e i danni dell’umidità.
Man mano che mi avvicino al cantiere noto che un uomo anziano con una pettorina catarifrangente, un elmetto e un bastone arancione sta cercando di interagire con me e capisco che si occupa di dirigere il traffico nel tratto in cui la strada si restringe a causa dei lavori.
Tuttavia, ciò che mi colpisce è che nel giro di poco meno di cinquanta metri ce ne sono altri due.
Vivo fuori dal centro e nessuna strada qui è particolarmente trafficata, ma i tre ausiliari sono ben coordinati nel controllare automezzi, biciclette e pedoni, dare loro il via libera e poi salutare tutti con un inchino o un cenno del capo.
Non stanno vivendo il sogno di coloro che da noi sono chiamati umarèll, perché per loro trascorrere ore a guardare il cantiere è un mestiere. Non mi pare il caso di chiedere loro l’età, non solo per educazione, ma anche perché a questo punto della mia permanenza, di persone anziane che lavorano ne ho viste abbastanza da non stupirmi più.
Gli ausiliari del traffico sono indubbiamente i più evidenti, ma è sufficiente una breve ricerca per scoprire che molti lavorano per grandi aziende e catene di supermercati.
Mi sono trovata spesso a interrogarmi sui motivi per cui le persone anziane decidono di lavorare. Non si tratta semplicemente dell’aumento dell’età pensionabile (che in Giappone non è poi così alta), perché spesso questi lavoratori vengono assunti in età già avanzata e dopo aver svolto tutt’altro mestiere, quasi come se vi fossero posizioni riservate a loro.
L’occupazione delle persone anziane in Giappone risponde a un fenomeno ben noto: il calo delle nascite e il conseguente invecchiamento della popolazione. Da un paese con un così alto numero di persone anziane di cui una larga parte che lavora ci si aspetterebbe un alto tasso di disoccupazione giovanile, invece quello del Giappone è uno dei più bassi al mondo.
È il governo stesso ad incentivare gli anziani a continuare a lavorare ritenendo questo non un problema, ma una soluzione alla carenza di manodopera e un modo per conferire loro maggiore potere d’acquisto.
Interrogando i diretti interessati sul motivo della loro decisione di continuare a lavorare, le risposte più comuni riguardano il ritrovamento di una propria dignità, l’aumento dell’autostima e il mantenimento di un proprio ruolo all’interno della società.
Chi si oppone a questo fenomeno richiede invece che le aziende investano nell’automazione per consentire a chi è in età pensionabile di coltivare i propri interessi e riposare.
Nella serie televisiva del 2017 Samurai Gourmet, Takeshi Kasumi è un impiegato giapponese che si trova in uno stato di smarrimento quando, dopo 35 anni nella stessa azienda, raggiunge l’età della pensione.
Fino ad allora la sua vita era stata scandita, per non dire definita, dal lavoro.
La serie appartiene al genere chiamato slice of life, ovvero uno spaccato realistico della vita di una persona ordinaria. Cadere nello stereotipo qui sarebbe facile ma sbagliato: questa condizione non è esclusiva della società giapponese, ma è anzi comune ai salariati di molti paesi industrializzati.
La nuova vita del protagonista comincia quando esce a bere una birra in pieno giorno e si rende conto che ora può farlo, perché nessun impegno può impedirglielo. Da quel momento Takeshi dedica le sue giornate alla ritrovata gioia per il cibo e ciascun episodio racconta un’esperienza culinaria e un viaggio nei ricordi. Ogni volta che Takeshi assapora la sua nuova vita, si abbandona a sogni ad occhi aperti in cui immagina sé stesso come un samurai la cui forza rappresenta la sua ritrovata libertà.
Con un cenno del capo e un sorriso, ringrazio l’uomo che mi ha fatto attraversare e saluto gli altri due.
Leggi il pezzo precedente >>>>
(Francesca Filiteri)