Ricordiamo il finale della commedia Giulietta e Romeo, con le ultime parole dell’arciduca rivolte a tutti i membri delle due famiglie, Capuleti e Montecchi: “Siete tutti colpevoli!”.
Siamo tutti colpevoli! Poi leggiamo i titoli a tutta pagina dei quotidiani che parlano di killer e una strana tristezza ci assale. Una tristezza che sa di solitudine, di impotenza. Di colpevolezza.
La povera Giulia è stata rinvenuta abbandonata in fondo ad una riva dopo essere stata colpita non so quante volte con un coltello e non riusciamo a comprendere nulla della tremenda atrocità, del perché una tanto giovane ragazza abbia potuto incontrare una fine tanto ingiusta e inspiegabile. La fine di tutti i progetti, dei sogni, dei desideri di una giovane donna che ancora non aveva avuto modo di assaporare il segreto profumo della vita. Quella vera.
Filippo, dopo aver compiuto un gesto che sa di pazzia ha inscenato una fuga più che altro da sé stesso fino a quando si è dovuto fermare senza più denaro, senza più benzina per l’auto. Un giovane uomo che, quasi all’improvviso, si è sentito schiacciato dal peso dell’orribile gesto compiuto. Anche per lui, la fine di tutto un mondo imbastito di sogni, di speranze. Di desideri.
Il punto fermo la sopraffazione dell’uomo forte sulla donna debole, come ancora ci trovassimo a vivere al tempo della clava quale ultimo certo risolutore di ogni problema. Quanto tempo trascorso invano.
Una società meschina, bugiarda e infingarda, ancora capace di stupirsi e di non riuscire a comprendere il perché di quanto accaduto, davanti ad un ripetersi inaccettabile di gesti sempre uguali, tremendamente uguali, incomprensibilmente uguali.
Poco conta l’età, il modo e le oscure ragioni di quanto accade con una tremenda frequenza tra donne e uomini. Ora tra ragazze e ragazzi. E non saranno ultimi, statene certi, non può finire dall’oggi al domani una tragedia che viene da troppo lontano, che ci assedia nella nostra colpevole rassegnazione davanti a ciò che, nel profondo della nostra colpevole presenza, non riusciamo ancora a comprendere. A concepire. A credere possibile.
Eppure, anche agli osservatori più disattenti e sbadati, la tremenda realtà delle cose appare come una limpida luce di una prima alba: la disuguaglianza sistematica e reiterata tra diversi di sesso, tanto per cominciare, poi tra chi ha troppo e chi non ha nulla, tra chi nasce con la pelle chiara e chi ne indossa una più scura. E che dire del taglio degli occhi? Della diversa religione parleremo un’altra volta…
Nella nostra perfida ignoranza, nel nostro più nascosto intimo, siamo ancora posseduti dall’innata arrendevolezza verso i valori dell’acquisito per infame natura, mentre dovremmo rinvenire dentro di noi la capacità e la volontà di comprendere e valutare il diverso, l’altro. Il più debole.
Cercare con ogni forza di comprendere la diversità e di farne tesoro, non difetto. Povero Francesco: mi arricchisco della Tua forza con la quale affermi, arma invincibile: “ … chi sono io per giudicare …”
Giulia non è più tra di noi e non ha più diritto alla vita che tutti, ragionevolmente ci attendiamo, Filippo vivrà la sua vita schiacciato da una colpa che non gli lascerà respiro.
Adesso faremo una legge, forse due, arringheremo i nostri ragazzi con parole che usciranno da psicologi, da profondi conoscitori della società, da dottori di vita. E la qualità della nostra insana società rimarrà assolutamente uguale a prima.
Siamo tutti colpevoli.
(Mauro Magnani)