Bologna. “Un Piano territoriale che contraddice sé stesso: da un lato riconosce la valenza naturalistica della zona della cava di Monte Tondo a Casola Valsenio e nello stesso tempo cancella (per quanto ad esso compete) gli ostacoli che potrebbero impedire, in futuro, la sua espansione nonché la distruzione delle grotte. Ciò, tra l’altro, condurrebbe all’abrogazione del sito Patrimonio Mondiale dell’Unesco”. Arriva dalla Federazione speleologica regionale dell’Emilia Romagna (Fsrer) una durissima e motivata critica al Piano territoriale del Parco della Vena del Gesso romagnola, cioè dello strumento fondamentale di gestione e governo del suo territorio.
Fino ad oggi, il Parco stesso era privo di Piano, “addirittura, nel corso del 2011, fu redatta una proposta di piano che poi fu ingloriosamente affossata. Oggi il piano territoriale è stato finalmente assunto in tempi insolitamente brevi. Ciò è dovuto al fatto che, in assenza di piano territoriale, non è possibile autorizzare il piano delle attività estrattive (Piae) della cava di Monte Tondo e di conseguenza si dovrebbe forzatamente interrompere l’attività di cava. Ne consegue che spetta al piano territoriale del Parco autorizzare il proseguimento dell’attività estrattiva, ma solo in conformità alle finalità del Parco stesso”.
Cosa che in effetti tra le righe viene prevista, in quanto “il Parco (per quanto di sua competenza e in palese contraddizione con le proprie finalità) con questo piano territoriale rimuove i precedenti vincoli all’estensione dell’area di cava. Ciò è molto grave”, sottolinea la Fsrer.
Va infatti sottolineato che nella documentazione del piano territoriale si afferma: “L’attività estrattiva ha determinato una forte modifica dell’assetto geomorfologico e idrogeologico dell’area interessate all’interno di Rete Natura 2000” ne consegue che “l’attività estrattiva non è compatibile con le norme che regolamentano la Rete Natura 2000”. Sempre nei documenti del piano si afferma che “l’attività estrattiva non è ecosostenibile in quanto si asporta la formazione gessosa che non ha più possibilità di rigenerarsi” di conseguenza non è possibile alcun recupero o ripristino dell’area di cava. “Considerate queste premesse come è possibile giustificare il proseguo dell’attività estrattiva? E ancora: come si può ripristinare qualcosa che non esiste più? La legge regionale che regolamenta i siti di Rete Natura 2000, vieta poi la modifica e l’alterazione dei fenomeni carsici, il piano territoriale può invece consentirlo e puntualmente lo fa. Ovviamente anche questa deroga è peggiorativa per la tutela di quegli stessi fenomeni carsici definiti dal piano territoriale ‘tra i maggiori non soltanto della Vena del Gesso ma dell’intera Unione Europea’ e, come richiesto dal Parco stesso, inseriti nel Patrimonio Mondiale”.
Se si verificasse una ipotesi di questo genere sottolinea la Fsrer “che l’espansione dell’area di cava, a dispetto di quanto da più parti ventilato, comporterebbe l’esclusione dei gessi emiliano-romagnoli dalla lista dei Patrimoni Mondiali”.
E’ comunque incredibile “che un parco, di fatto, rimuova gli ostacoli e spiani la strada a quanti vorrebbero far decadere questo prestigioso riconoscimento che, giova ricordarlo, riguarda quasi per intero le formazioni gessose dell’Emilia-Romagna”.
Addirittura viene poi istituita una sottozona con la quale si autorizza l’attività estrattiva. Il punto è che tale sottozona si estende abbondantemente oltre l’attuale limite del Piae. “Quest’area da decenni non è soggetta ad attività estrattiva e nemmeno potrà esserlo in futuro, inoltre è compresa nel Patrimonio Mondiale in quanto qui si sviluppa gran parte dei sistemi carsici del Re Tiberio e dei Crivellari e per tanto dovrebbe esser inserita nel Paco e in Zona B. Nulla giustifica che tale aerea oltrepassi il limite del Piae a meno che non si pensi in futuro di abrogare le norme che vietano l’ampliamento della cava, e così prevedere, sin da oggi, anche da parte del piano territoriale, l’espansione dell’area estrattiva. Infine, in considerazione che è il parco ad autorizzare l’attività estrattiva, dovrebbe allo stesso tempo indicare il termine di cessazione della stessa, come indicato nelle raccomandazioni contenute nello studio della Regione pubblicato nel 2021. Ne consegue che il giudizio della Federazione Speleologica Regionale dell’Emilia-Romagna sul piano territoriale del Parco non può che essere pesantemente negativo”.