Casola Valsenio (Ra). “Surreale e irricevibile”, con queste parole Silvia Zamboni, consigliera regionale di Europa Verde commenta la decisione di Saint-Gobain Italia di presentare un ricorso al Tar dell’Emilia-Romagna contro la Regione Emilia-Romagna, il ministero degli Esteri (che ha gestito la candidatura una volta approdata in sede Unesco), il Ministero della Cultura e il Ministero dell’Ambiente, oltre che l’Unione della Romagna Faentina, la Provincia di Ravenna, l’Ente Parchi Romagna, i comuni di Riolo Terme e Casola Valsenio, e tutte le realtà coinvolte a vario titolo nel percorso di candidatura del Parco della Vena dei Gessi romagnola Patrimonio dell’Umanità Unesco.

Cava di Monte Penzola

L’obiettivo è di annullare una serie di pronunciamenti regionali e nazionali, a partire dal primo via libera alla candidatura sul carsismo grotte nelle evaporiti dell’appenino settentrionale, nel dicembre 2016, per arrivare alla delibera del gennaio 2022 del consiglio direttivo di Unesco Italia (ente legato al ministero della Cultura), e alla successiva approvazione del ministero dell’Ambiente datata marzo 2022. In sintesi tutte le deliberazioni che hanno permesso di ottenere il riconoscimento del Patrimonio Mondiale.

Secondo Sain Gobin il ricorso è un atto dovuto fatto “a titolo prudenziale perché riteniamo necessario essere coinvolti nel trovare una positiva soluzione di convivenza e garantire i livelli occupazionali del territorio”.

Peccato che nei fatti sia nota a tutti la volontà dell’azienda di continuare ad estrarre e semmai ad aumentare i volumi, obiettivo per il quale ha da tempo avviato incontri con il ministero.

“La multinazionale francese, proprietaria della cava di Monte Tondo, non solo vuole continuare a estrarre gesso, ma pretende di ampliare l’area di estrazione oltre i confini compatibili con la nomina a Patrimonio dell’Unesco dell’attiguo sistema dei fenomeni carsici della Vena del Gesso Romagnola – afferma Silvia Zamboni -. In altre parole, invece di avviare la conversione produttiva che apra un futuro occupazionale alle maestranze, con questo ricorso Saint Gobain dichiara che la prestigiosa nomina Unesco non ha per lei alcun valore. Come Europa Verde ci batteremo affinchè sia confermato lo scenario “B” contenuto nello studio commissionato dalla regione Emilia-Romagna – scenario condiviso anche dalla Federazione Speleologica dell’Emilia-Romagna e dalle associazioni ambientaliste – che prevede un ultimo decennio di attività estrattiva, investendo questo periodo residuo per attuare politiche di riconversione produttiva”.

Il ricorso della Saint Gobin coinvolge anche la Federazione speleologica regionale dell’Emilia-Romagna. “Come Federazione valuteremo i contenuti del ricorso stesso e agiremo di conseguenza. Come affermato nei documenti del PTP assunti, ‘l’attività estrattiva ha determinato una forte modifica dell’assetto geomorfologico e idrogeologico dell’area interessate all’interno di Rete Natura 2000’ ne consegue che ‘non è compatibile con le norme che regolamentano la Rete Natura 2000’ – sottolinea la Federazione spleologica -. Sempre nei documenti del piano si afferma che ‘l’attività estrattiva non è ecosostenibile in quanto si asporta la formazione gessosa che non ha più possibilità di rigenerarsi’ di conseguenza non è possibile alcun recupero o ripristino dell’area di cava. Ciò premesso, ribadiamo ancora una volta, che va chiaramente indicata nei documenti ufficiali (Pano territoriale del Parco Ptp e Piae) una data certa di chiusura della cava. Per sua natura, l’attività di cava è finita e non sostenibile. Crediamo che dopo oltre 60 anni di attività, sia arrivato il momento di iniziare un percorso di dismissione dell’attività estrattiva e di riorganizzazione dell’occupazione degli addetti”.

Monte Penzola (Foto Schiassi)

“Se le amministrazioni avessero mantenuto gli impegni politici che si stabilirono nel 2001, in 20 anni avrebbero determinato una riconversione produttiva dello stabilimento, salvato l’occupazione e smesso di distruggere la Vena del Gesso. Le amministrazioni non hanno fatto nulla in tal senso e oggi ci troviamo in questa situazione. È sempre così: rimandano e rimandano e le cose si accumulano nel tempo e si continua a distruggere. Perché è la cosa più semplice da fare, anziché trovare delle alternative produttive, altre attività da fare e operare per riconvertire. È più facile distruggere l’ambiente in Italia e così a Casola Valsenio e Riolo Terme: avanti con la distruzione!”, conclude il comunicato della Federazione speleologica.

Silenzio invece sul fronte istituzioni, ministero e Regione in testa, anche se si palesa un certo malumore per la presa di posizione dela multinazionale francese. Comunque al momento non vi sono comunicazione ufficiali, a parte le parole del presidente della Provincia di Ravenna Michele de Pascale che sottolinea come si tratti di “un tema delicatissimo, poiché attorno a questa cava di gesso gravitano un centinaio di posti di lavoro, in un luogo fragile, di montagna, colpito ulteriormente dalle frane delle due alluvioni di maggio. È un territorio unico nel suo genere con un patrimonio naturalistico ambientale e paesaggistico di prim’ordine e uno dei fenomeni carsici più importanti del mondo. La tutela dell’occupazione e del paesaggio sono due priorità assolute”.