Appuntamento mensile con “Profili”, la rubrica letteraria, curata da Andrea Pagani. Ogni ultima domenica del mese, l’autore propone il profilo di un grande artista della letteratura, della pittura, del fumetto, del cinema, della storia. Imperdibile.
C’è un passaggio decisivo in Vertigo (La donna che visse due volte, 1958) di Alfred Hitchcock: un passaggio, non a caso, in cui la sceneggiatura si discosta coraggiosamente, con un’emblematica scelta programmatica, dal romanzo di Pierre Boileau e Thomas Narcejac (D’entre les morts) da cui il film ha preso spunto.
Nel film di Hitchcock, contrariamente al romanzo, si rivela l’identità del colpevole e soprattutto l’ingegnosa dinamica dell’omicidio, a metà del film, e non nel finale.
Si tratta di un dettaglio fondamentale, perché è tutta qui la differenza fra suspense e “colpo di scena”, come spiega egregiamente lo stesso Hitchcock nella leggendaria intervista a François Truffaut, che diventò ben presto non solo una guida indispensabile per la comprensione dei suoi film, ma anche un testo di esegesi e critica cinematografica.
Nell’intervista, il cineasta britannico, che si guadagnò meritatamente il titolo di “il maestro del brivido”, definisce con precisione i tempi narrativi che distinguono la suspense dal “colpo di scena”: nel primo caso si crea una tensione emotiva crescente, perché lo spettatore conosce l’identità del colpevole, ha più informazioni persino del detective, e non si interroga sullo scioglimento dell’enigma ma su come i protagonisti vivranno le situazioni e lo spettatore quindi partecipa intimamente nell’evoluzione della storia, col fiato sospeso, a lungo; nel colpo di scena, invece, la situazione finale scoppia all’improvviso, inaspettatamente, creando una sorta di sgomento, di fuoco d’artificio, di tuffo al cuore esplosivo.
Un esempio significativo che riporta Hitchcock, per meglio spiegare le due diverse forme di narrazione, è l’inquadratura di due personaggi che stanno dialogando nel film Sabotatori: ad un certo punto la telecamera si sofferma su una zona in basso, sotto il tavolo in cui avviene il dialogo, e intercetta una bomba con un timer. Ora lo spettatore, che conosce più dettagli narrativi dei personaggi, ossia l’imminente scoppio della bomba, entra in uno stato di palpitazione, appunto di suspense, è attraversato da una sottile inquietudine, perché non si interessa più allo sviluppo del dialogo ma attende con ansia l’effetto dell’ordigno: se ne accorgeranno i due protagonisti? Qualcuno verrà a salvarli? Moriranno in seguito alla deflagrazione?
Questa è la suspense, diversa dal colpo di scena che sarebbe avvenuto se la telecamera non avesse inquadrato la bomba, e il pubblico si sarebbe concentrato solo sul dialogo dei personaggi, così che all’improvviso, con la sorpresa di tutti, sarebbe scoppiata la bomba distruggendo il locale e provocando la morte del protagonista.
La suspense infonde tensione, emozione, disagio crescente. Il colpo di scena trasmette una specie di sobbalzo, di turbamento improvviso e passeggero, uno smarrimento intenso ma fugace.
Tutto il cinema di Hitchcock, tutt’altro che un cinema di intrattenimento e divismo hollywoodiano, è un cinema emotivo, venato di profonde connotazioni perturbanti psicoanalitiche, lavora su intimi aspetti dell’interiorità, svela coni d’ombra, esplora l’inconscio, insomma (come osservò la scuola francese della Nouvelle Vague negli anni ’50) è un cinema che attraverso un originale utilizzo della fotografia e dell’inquadratura, indaga le universali questioni dell’umanità: il sogno, l’eros, il soprannaturale che alberga dentro di noi.
(Andrea Pagani)
P.S. Andrea Pagani, terrà un corso sul cinema di Alfred Hitchcock e sul rapporto sceneggiatura e romanzo, ad Università Aperta di Imola, in forma mista: online e in presenza.
Per informazioni clicca qui: https://www.univaperta.it/corso/letteratura-e-cinema/