Continua la pubblicazione del diario di viaggio di Daniele Ferri. Una scelta di vita ha portato lui e la sua compagna in Australia, alla scoperta di una nuova terra.
Atterrati all’aeroporto di Melbourne dopo circa due ore e mezza di viaggio da Brisbane, siamo stati accolti da uno dei membri della società degli Essendon Royals, Mik Giacometti. Questo simpatico signore, alto e sulla cinquantina, era accompagnato dalla figlia diciottenne. Abbiamo scoperto essere nato in Italia, nelle zone di Trieste, e nonostante fosse migrato ancora piccolo in Australia aveva ancora un ottima padronanza della nostra lingua.
Siamo saliti in macchina, scappando al vento freddo proveniente dall’oceano che bagna le coste di Melbourne, capitale dello stato del Victoria nel sud del Paese. Il primo impatto dai finestrini della macchina é stato subito positivo; nonostante la città apparisse enorme, con strade trafficate e grattacieli giganti, sembrava essere avvolta da un’atmosfera quasi fiabesca.
I tanti caffè colorati e stravaganti cedevano il passo al verde degli alberi e dei grandi parchi che ricoprono Melbourne come un velluto pregiato. Nonostante la similitudine con le altre grandi città australiane, sembrava avere in serbo qualcosa di speciale, qualcosa in più.
Dopo aver sistemato i bagagli nella nostra camera d’hotel (pagato per tre notti dal club) abbiamo camminato tutti insieme verso un ristornate lì vicino. A tavola Mik ci ha raccontato qualche aneddoto riguardo al club e alla città di Melbourne, dandoci consigli su cosa avremmo potuto visitare durante quei tre giorni.
Salutato Mik, che avrei rivisto qualche ora dopo al campo per il primo allenamento di prova con gli Essendon, abbiamo fatto una passeggiata nel centro della città; non sono mai stato affascinato dal caos e dalla confusione, eppure già dai primi passi sembrava che tutto fosse bilanciato alla perfezione.
Il fattore “green” che ha sempre reso Melbourne una delle città più vivibili del mondo, era talmente forte da mascherare il traffico e la fretta delle persone. La metropoli aveva un equilibrio tutto suo, che fu in grado di conquistarci fin da subito.
Rientrati in camera preparai la borsa per l’allenamento e poi salii in macchina verso il campo insieme a Mik. La magia delle strade illuminate dai lampioni e dalle luci della città in lontananza, rendevano ancora più forte la sensazione provata poche ore prima.
Sceso dalla macchina iniziai a provare un po’ di tensione per quella “prova” alla quale sarei stato sottoposto; era un ambiente nuovo, non conoscevo i compagni e non avevo idea di che stile di gioco adottassero. Inoltre nell’ultima partita con i Thunder avevo subito una piccola contrattura al flessore, e questo mi impediva di essere al 100%.
Mi sciolsi subito dopo le prime presentazioni, e l’adrenalina iniziò a fare il suo dovere durante il riscaldamento. Facemmo una partita a tutto campo perché l’allenatore voleva valutare in una situazione reale le qualità dei giocatori in prova. Oltre a me c’era anche un ragazzo brasiliano che arrivava da Sidney.
L’allenamento finì con un gol e qualche giocata interessante; nonostante l’adrenalina, per tutta la partita mi sentii contratto e limitato. Ero preoccupato che questo aspetto avrebbe influenzato il giudizio nei miei confronti, così rientrai in camera un po’ affranto.
Una sensazione che svanì il giorno successivo, mentre ci perdevamo alla scoperta di quella dolce città.
(Daniele Ferri)