Sono in rapida trasformazione i cambiamenti che occorreranno per vincere le sfide del decennio che verrà inerenti deglobalizzazione, flussi migratori e transizione energetica, senza scordare la rivoluzione digitale in corso che, malgrado occupi un posto di prima grandezza nella quotidianità, a imprese e cooperative del comparto agricolo nazionale sta risultando indigesta perchè ancora non ben metabolizzata poiché inusuale, a montare incertezze anziché quelle opportunità vitali che serviranno per ben vivere nel prossimo decennio.

Agricoltura (Foto di Gerhard Bögner da Pixabay)

Non sono queste buone notizie per chi ha recentemente dichiarato che vorrebbe “ricostruire” in fretta il futuro dell’Agricoltura italiana, più presto a dirlo che a farlo dopo un drammatico 2023 con siccità e temperature oltre le medie stagionali, alluvione in Romagna con migliaia di frane a dissestare il territorio pedecollinare, gelate primaverili e i costi di produzione lievitati dalle crisi geopolitiche.
Una fotografia questa a tinte fosche che provocando grave mancanza di produzione al comparto frutticolo e vitivinicolo nazionale ha lasciato poco spazio all’ottimismo degli operatori dopo peraltro un susseguirsi di annate agrarie del recentissimo passato che analisi incisive e dettagliate hanno titolato come drammatiche.

Soluzioni efficaci sarebbero state alla portata di “chi di dovere” ma finora poco si è fatto. Solo sulla carta sono rimasti i collaudati modelli di crescita economica dei tanti settori del comparto agricolo danneggiati dalle avversità che tenevano conto fra l’altro tanto dell’equilibrio tra la crescita economica e la sostenibilità ambientale quanto dell’apporto delle innovazioni tecnologiche e l’importanza di politiche di inclusione a favore della manodopera, ben scordando che per ottenere benefici da ciò è necessaria una visione d’assieme ed un “approccio” sociale che purtroppo il nostro mondo agricolo ancora non ha a differenza di ciò che accade oltreconfine.

Tutto ciò perché i problemi del “primario” nazionale si è sempre tentato di risolvere con le solite soluzioni d’ambito (de)fiscale o sindacale, mentre sarebbe servita una visione d’assieme ben più ampia ed un approccio multidisciplinare che ha sempre latitato. Perfino nel mondo cooperativo, che nei decenni ha man mano perduti scordando così il proprio (nobile) ruolo storico di guida dell’azione collettiva sul lavoro, al fine di coinvolgere e ricompattare anche la società civile, i settori pubblici e privato finanche il terzo settore.

In nome del businness agro-industriale da parte di chi “dirige” la stanza dei bottoni si è così bannata la vocazione, a volte tramandata da generazioni, nel godere della soddisfazione di vedere che i “servizi” di produzione, trasformazione e commercializzazione delle derrate agricole sono utili alla società perché creano una ricchezza giusta a favorire il bene di tutti contro la distorsione del profitto come unico obiettivo, sponsorizzando inoltre scopi etico-morali da parte dell’azienda sia questa di un privato o d’ambito cooperativo, fino a vederla come primo luogo di socializzazione volto a creare occupazione e promuovere valori.

L’atmosfera etico-sociale, sindacale e dirigenziale del comparto agricolo nazionale dovrà quindi per forza cambiare in meglio se vuol tener lontani i guai, rispettando di più la natura, ascoltando le maestranze anziché starne sopra, diventando più inclusivo rafforzando così l’integrazione con quel “tessuto esterno” alla propria cerchia di conoscenze che finora è stata fallimentare, fino a concretizzare l’agognata riduzione dell’orario di lavoro al pari di quello sul “remoto” che deve essere incentivato.

Vitigno (Foto di beauty_of_nature da Pixabay)

Welfare aziendale al pari di iniziative multimediali anche grazie ad “agri-influencer” saranno sempre più d’utilità a certificare il “rating” aziendale a tutto tondo, dalle tematiche sulla gestione dei reflui da utilizzare come fertilizzanti in ottica circolarità, alle informazioni sulla filiera “etica” contro lo spreco alimentare o, per quanto previsto dal Green Deal, sull’attività dei tecnici aziendali per ridurre l’uso di fitofarmaci al pari di ciò che l’impresa e/o cooperativa fa per la transizione ecologica che deve essere fatta bene e velocemente, nella lotta alla crisi climatica.

(Giuseppe Vassura)