Imola. Il bruttissimo episodio di predazione in via Goccianello, a pochi km da Imola dove 17 pecore sono state uccise nella notte del 23 gennaio deve fare riflettere, andando oltre i titoli “horribilis” dei giornali.

Spiace per il proprietario (che speriamo venga rimborsato) e per i suoi animali, tuttavia emotività o vendetta non sono i migliori consiglieri per affrontare il problema, che esiste. La situazione va considerata per quella che è.

E’ da almeno 30 anni che abbiamo i lupi nelle nostre colline. Da mò sono scesi anche in pianura, tutti lo sanno, molti li riprendono, alcuni li vedono, dov’è la meraviglia? E’ noto “dai tempi dei tempi” che i lupi, se possono, non disdegnano una pecora, meglio ancora un tenero agnello, piuttosto che un cinghiale inviperito o un capriolo recalcitrante (chiamarlo scemo).

Lupo (Foto di Marcel Langthim da Pixabay)

E’ altrettanto intuibile che una semplice recinzione, quando sia inferiore ai 200 cm, che non sia elettrificata e/o non sia dotata di piega anti scavalcamento, può essere facilmente saltata e/o arrampicata da un lupo.
Nondimeno è noto come tutti i canidi non disdegnano di scavare, perciò se la recinzione non è pure interrata, i lupi possono passarci facilmente sotto.
Chiunque abbia gestito un cane di taglia con tanta energia addosso, questi elementi “basici” li conosce bene, chiedete ad un proprietario di husky, o cecoslovacco, o samoiedo.
Anche il più sprovveduto sa che gli attacchi avvengono preferibilmente di notte, perciò, oltre ad un recinto efficace, il secondo ineludibile presidio, è ricoverare gli animali in stalla alla sera o in un ricovero a prova di canide.

Infine, qualunque allevatore minimamente responsabile, oggi come oggi, è dotato di cani da guardiania. Oltretutto un solo cane non basta, perché mentre un lupo tiene impegnato il cane, il secondo lupo fa quel che gli pare. Per i non addetti ai lavori, ricordo che i cani da guardiania non sono da confondere con i cani pastore (ad esempio il Border collie) che servono a governare il gregge, ma non sono in grado di respingere l’aggressione dei lupi.

Tenere degli animali senza nessuna di queste precauzioni è come un invito al lupo. E’ strano come ancora non ce ne rendiamo conto, e mi chiedo come mai nessuno metta in guardia gli allevatori e gli agricoltori. In un mondo “normale” un’associazione agricola dovrebbe pur allertare i propri associati. Un servizio veterinario pubblico dovrebbe intensificare le visite obbligatorie e suggerire la prevenzione nelle situazioni a rischio.

Mi chiedo se la Regione Emilia Romagna che da vent’anni segue la questione, che finanzia l’acquisto dei strumenti di prevenzione e che indennizza le aziende agricole che subiscono danni…, si preoccupa del grado di consapevolezza del problema che hanno le genti di campagna.

L’affermazione che tuona a certi tavoli è: “Ora sono troppi, bisogna ridurne il numero”.
Provo a dire la mia partendo da una metafora: gli equilibri ambientali non sono come una partita a calcio, dove, se la squadra avversaria è in 10 invece che in 11, è plausibile portare a casa il risultato.
Nei contesti ambientali la situazione è molto più complessa, provo a semplificarla al massimo, non me ne vogliano gli esperti.

Il lupo ha riconquistato i nostri territori sfruttando le sue grandi capacità di adattamento alle più disparate fonti alimentari e li ha saturati già molti anni fa. Quando i lupetti diventano adulti devono uscire dal nucleo familiare e andare a trovarsi un territorio libero, vanno in dispersione.
In quel modo la “capacità portante” del territorio, ovvero la “densità” degli individui per kmq, viene riportata all’equilibrio e ritorna compatibile con la quantità di cibo disponibile.

Questa situazione di dispersione e conquista dei territori è stata raggiunta nonostante un grado di mortalità della specie lupo che, ad un anno di vita, si avvicina al 50% (per incidenti stradali, avvelenamenti, trappole, cause naturali, ecc. dipende dal contesto), ciò significa che il lupo ha una potente capacità di colonizzazione, che non viene certo scalfita con la scomparsa “random” di qualche esemplare, come già avviene.

Non è un caso che nei secoli scorsi, nonostante le campagne contro il lupo siano state così micidiali, bastavano pochi esemplari scampati per ricostituire nel giro di pochi anni, la popolazione originale.
Perciò siamo davanti ad un bivio, tornare allo sterminio o accettare la sua presenza e organizzare la convivenza. E dato che la prima non è più praticabile, non possiamo fare altro che percorrere la seconda.
Ma la convivenza con un animale di questa posta non significa abbandono della questione a sé stessa.

Una convivenza responsabile comporta controlli, impegni, precauzioni e costi. Serve informazione a tutti i livelli, personale tecnico che affianchi le genti di campagna, è necessaria la prevenzione fattiva e continuativa e vanno aiutate le ultime aziende zootecniche. Se non ragioniamo di tutto questo, parliamo a vanvera.

Dopodichè il manifestarsi di situazioni critiche va comunque messo in conto e vanno affrontate con il supporto dei tecnici, senza escludere a priori l’opzione degli interventi faunistici, compreso la rimozione degli individui problematici, che è sempre meglio del “fai da te” selvaggio.

E’ proprio questo il nucleo della discussione che è in corso sia in Trentino che in Abruzzo, riguardo l’orso. L’auspicio è che in tutte queste faccende, la competenza ed il buonsenso abbiamo la meglio sulla stupidità, sulla propaganda e, soprattutto, sulle esche avvelenate. E facciamo in modo che la risposta al terrorismo non sia mai la vendetta, per favore.

(Luca Bartolucci)