Il trend sembra ormai segnato perché a livello globale si “lavorerà” sempre meno producendo sempre di più sfatando lo storico tabù del passato quando il tempo del lavoro era direttamente proporzionale alla ricchezza e al benessere, già alcune analisi stanno infatti dimostrando come un tedesco lavorando il 20% meno di un italiano riesca a produrre il 20% in più creando così il presupposto, almeno nel comparto dei “servizi”, di optare per la settimana corta (4 giorni) non modificando gli importi in busta paga.
Rivincita e riscatto a favore della libertà di gestire la giornata extralavorativa come a dimenticare definitivamente l’aspetto principale negato in pandemia ossia quello di non poter far nostro quel baricentro essenziale che è il tempo libero per godendone dei principali effetti ovvero le relazioni interpersonali (anche familiari) e sopratutto il divertimento a tutto tondo.
Ciò che da recentissime indagini travel, da Booking a American Express, è infatti emerso conferma il desiderio di “muoversi” per la stragrande maggioranza della gente sondata, chi alla ricerca di approcci sostenibili chi di avventura e chi di solo relax ma sempre finalizzati a ritrovare sicurezze, stabilità e ripristinare relazioni o anche solo per godere delle bellezze del nostro Paese “scollinando” fra Adriatico e Tirreno o “zigzagando” da nord a sud per riserve naturali o città d’atre.
Tutto bello bellissimo semmai (quasi) vero per la gioia di operatori turistici e Pil nazionale se non fosse per lo zampino maldestro dello smog padano che sta addensando nubi minacciose sull’appeal dei flussi turistici nazionali e d’oltralpe verso località di mare, monti e città d’arte di quest’area del norditalia.
Colpa (o merito) di ciò è il monitoraggio delle centraline poste a controllare la qualità della (pessima) aria che si respira da est a ovest e da nord a sud della valpadana, quelle di Arpa Lombardia hanno rilevato ad esempio nei diversi quartieri di Milano valori di inquinanti di 24 volte superiori ai livelli raccomandati dall’Oms.
Il problema di limitare lo smog in questa piana dal Monviso al Delta del Po è di quelli seri e all’oggi infatti ancora irrisolto, perché non si tratta di come rendere meno inquinata l’acqua di falda o quella che si beve o nella quale si nuota oppure di prevenire e/o bonificare danni ad un terreno minacciato da molecole tossiche (semmai di sintesi) che possano finirci per scarichi antropici o industriali.
Migliorare la qualità dell’aria di Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna ovvero un “catino” di territorio ingabbiato da Alpi e Appennino è altra cosa, soprattutto quando il “meteo” rema contro e con il climate change a sinergizzarne la gravità dei disagi che non sono solo di natura atmosferica ma anche commerciali come ad esempio le disdette in massa delle prenotazioni turistiche in padania a favore di quelle in altre zone dove il problema non sussiste.
Sebbene antropizzata ed industrializzata come altre aree del Paese dove riscaldamento – traffico – attività zootecniche intensive producono lo smog più nocivo (Pm2.5), la pianura padana è purtroppo conformata geograficamente in modo che in talune condizioni di “bonaccia” anticiclonica (bel tempo) l’aria inquinata ristagna, si accumula e non si mischia con altra aria più salubre come invece accade ad altre pianure del Paese dove un minimo di ventilazione naturale è sempre presente.
Logica, comprensibile finanche obbligata perciò la scelta di stare alla larga dal respirare il nutrito gruppo di inquinanti monitorato dalle centraline (particolato sottile Pm2,5 e Pm10, ossidi di azoto e zolfo, ammoniaca, ozono e monossido di carbonio), si rischiano dai problemi cardiovascolari a quelli respiratori che se per i vacanzieri è facile eludere (cambiando destinazione) non altrettanto lo è per pendolari e residenti compresi quelli più a rischio come bambini, anziani e donne in gravidanza ai quali è fortemente consigliato di non esercitare attività all’aperto ed indossare mascherine Ffp2.
In attesa che la transizione ecologica faccia il suo corso per rendere l’Italia indipendente dai Paesi produttori di combustibili fossili, (anche) contro lo smog meglio sarà quindi “accelerare” i progetti di impianti da fonti rinnovabili e/o fotovoltaico integrato, tanto prestando attenzione di non lasciare indietro nessuno quanto al contempo salvaguardare quei comparti di eccellenza che soprattutto in valpadana fanno Pil, come quelli “Motor Valley” bandiere mondiali del made in Italy delle 2 e 4 ruote, quelli “Food” che danno vita alla filiera agroalimentare dell’osannata dieta mediterranea al pari dei distretti dove si “studia” Wellness in un contesto di life-style sostenibile.
(Giuseppe Vassura)