Imola. “Balcani” è il titolo dell’ultimo lavoro musicale di Mauro Conti. Nato nel 1959, da sempre interessato e appassionato alla scrittura, quando a diciotto anni inizia a suonare la chitarra, il passaggio a comporre canzoni è stato pressoché inevitabile e immediato. E così, a fianco alla prosa e poesia, si è aggiunta la scrittura anche di testi e musiche che hanno attraversato nel tempo diversi ambiti musicali (canzoni d’autore, blues, rock) arrivando a comporre, esibirsi dal vivo e anche registrare, quasi un centinaio di brani.
Nel 2018 ricomincia a comporre canzoni e nell’arco degli anni successivi dà alle stampe tre progetti musicali; “The Majakovskji’s Suicide” diviso in tre volumi, “Des Chansons Presque D’Amour” e infine “Balcani”.
Balcani
L’album “Balcani” nasce dopo un viaggio durato un mese e 5000 km, compiuto da Mauro Conti nell’estate del 2019 nei Balcani meridionali, attraversando in sella alla sua Vespa, la Bosnia-Erzegovina, il Montenegro, l’Albania, la Macedonia del Nord, la Bulgaria fino a giungere sul Mar Nero al confine con la Turchia e ritornare percorrendo di nuovo la Bulgaria, la Serbia, la Croazia, la Slovenia.
Al rientro Conti ha iniziato a comporre le canzoni prendendo spunto dalla storia recente e passata di quella parte d’Europa e dagli incontri, situazioni, luoghi che lo hanno colpito e dove ha intravisto momenti, pensieri, ricordi vissuti e legati alla propria vita.
I testi e le musiche di “Balcani”, come in tutte le precedenti forme di scrittura e composizioni, hanno attinto dalla formazione artistica dell’autore; poeti, scrittori, musicisti, pittori, italiani e stranieri, recenti o del lontano passato. In particolare, in questo album alcuni testi hanno un riferimento evidente ai poeti Edgar L. Master, Francesco Petrarca, così come i cantautori italiani Fabrizio De André, Luigi Tenco.
Le melodie e i successivi arrangiamenti hanno avuto molteplici richiami a musicisti e gruppi o singoli artisti; Rem, The Church, The Cure, Fabrizio De André, The Byrds, Richie Evans, Santana, The Doors, così come riferimenti alla musica folk e contemporanea.
Gli arrangiamenti sono stati curati e musicati da Raffaele Montanari, titolare della casa discografica Pms Studio, e dai suoi collaboratori. Voce femminile della cantante e poetessa Mirka Tabanelli.
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I brani
“Il Tuffo”, che apre l’album è il tuffo che uomini compiono dall’alto del Ponte Vecchio di Mostar, distrutto nella guerra avvenuta nella Jugoslavia e poi successivamente riscostruito con le stesse tecniche e gli stessi materiali usati per la sua edificazione avvenuta nel corso del sedicesimo secolo. In questo salto che ha potuto vedere, l’autore intravede una continua rinascita della vita che avviene tuffo dopo tuffo, giorno dopo giorno.
“Kombinat Stalin” è un quartiere operaio di Tirana che con la chiusura delle due fabbriche lì costruite, ha subito con la fine del periodo comunista, una totale disgregazione sociale. La vicenda, raccontata da una donna, è la stessa vicissitudine umana e lavorativa vissuta in parte anche dall’autore. La perdita di un lavoro, soprattutto se questo è stato l’impegno per decenni, non è solo la fine di un rapporto economico ma la frattura insanabile tra un prima e un dopo, uno spartiacque all’interno della propria esistenza.
“Lo Spazzino di Sarajevo” invece racconta delle conseguenze di una guerra civile, come quelle scoppiata in Jugoslavia tra il 1991 e il 2001, in cui due amici si trovano su fronti opposti e uno dei due uccide l’altro, in nome di un’appartenenza a cui non credono e che però subiscono.
“La Casa Dei Dervisci” racconta la storia vera di un religioso musulmano del XVI secolo che attraversa i Balcani alla ricerca di un luogo ove erigere un monastero per la propria confraternita, i Dervisci. Per l’autore, il riconoscere il bisogno di una nuova spiritualità in versione ora laica.
“Mar Nero” è invece l’unico brano autenticamente autobiografico, che vuole descrivere il senso del viaggiare che non è solo vedere altri luoghi, storie, ma incontrare altri esseri umani, se stessi, mettersi alla prova, abbandonare/allontanarsi dal proprio vissuto.
“Cicogne” è l’omaggio a un animale tipico di quelle zone e con cui l’autore si sente, per le caratteristiche di questo uccello, in sintonia.
“I Tuoi Lunghi Occhi Verdi” è una canzone che parla di emigrazione, che ha investito in maniera pesante tutte le nazioni dei Balcani Meridionali. Emigrare non è solo l’abbandono del proprio luogo d’origine, ma anche il distacco affettivo che viene narrato attraverso la vicenda di un giovane innamorato e la contemporanea insicurezza generata dal doversi trovare in un luogo e in un tempo, sconosciuto.
“I Villaggi Ai Confini Del Mondo” vuole rappresentare la solitudine dei piccoli borghi che hanno subito l’allontanamento delle persone e della medesima situazione che vive la frazione in cui l’autore attualmente vive.
“Porrajmos” è il nome che il popolo Rom dà alla tragedia che l’ha colpito nella Seconda Guerra Mondiale; la deportazione e lo sterminio nel lager nazisti. Una ninna-nanna che una madre fa alla propria bambina per rassicurarla nell’imminenza della deportazione verso un destino ignoto ma già avvertito come tragico.
“Ramo di Quercia” si riferisce a una tradizione serba nell’imminenza della fine dell’anno. Tradizione popolare che trae origine anche dai miti greci, le Driadi, e che, come per altri popoli, trae vita dal substrato culturale e umano, del passato.
“Elegia Balcanica” che, come dice il nome, è una preghiera che i morti innocenti del conflitto rivolgono a sé stessi, nel ritrovarsi nella morte simili e uguali, come nella celebre poesia di Totò, “A livella”.