Nel giugno del 2019 viene arrestato il Presidente del Consiglio comunale di Piacenza, Giuseppe Caruso, esponente di Fratelli d’Italia. L’accusa è gravissima: essere collegato all’’ndrangheta. Il suo partito lo espelle il giorno stesso dell’arresto, senza neanche attendere il processo. Ora la Cassazione ha reso definitiva la condanna a 12 anni e due mesi di carcere. Al Caruso resta solo la possibilità di ricorrere alla giustizia europea.

Ora, è evidente che Piacenza non è Bari quanto ad importanza tra gli enti locali italiani. Tuttavia, Piacenza non è neppure una città dove si possa dire che non sorprende che vi sia insediata la mafia calabrese, anche se oramai è provato come le mafie di origine meridionale siano ampiamente operative anche nel Settentrione. Piacenza è una città del “profondo nord” più vicina a Milano che a Bologna, il capoluogo della regione di cui fa parte, l’Emilia-Romagna, anche se è accaduto più volte che organi di stampa nei loro resoconti abbiano collocato Piacenza in Lombardia.

Ma Piacenza è differente di Bari pure per l’attenzione che le prestano i governi nazionali. Allora la Giunta era di centro-destra (oggi è governata dal centro-sinistra), allora ministro dell’Interno era il battagliero Matteo Salvini. Non risultano ispettori ministeriali per verificare le conseguenze di infiltrazioni mafiose nella pubblica amministrazione né minacce di scioglimento del Comune benché ad essere arrestato non sia stato un oscuro funzionario di infimo grado, ma la massima autorità istituzionale del Consiglio, cioè il suo Presidente.

Strano, ma vero.

(La Secchia Rapita)