Un gruppo di militanti del Manifesto – Pdup da tre anni si incontra a Rimini per non perdere il vizio di voler capire cosa succede e come la sinistra possa costruire una sua proposta. Dell’incontro che si è svolto a marzo ci parla uno degli organizzatori, Famiano Crucianelli.

Cosa è emerso dal dibattito di questo anno?
“Questi incontri che ripetiamo ormai ogni anno, dopo la morte di Lucio Magri vedono insieme un’area vasta di compagne e compagni dell’ex Manifesto – Pdup . Questi incontri hanno un valore sentimentale e un interesse politico – culturale , ma non hanno, né possono avere la pretesa di definire una linea politica, una strategia, quasi fossimo un  piccolo partito. Siamo una comunità culturalmente solida che ha avuto la fortuna di discutere e confrontarsi per anni con Lucio Magri, un vero maestro. Questa radice comune paradossalmente ci dà un senso di appartenenza più forte di quello che si avrebbe in un partito e al pari tempo non ci obbliga ai vincoli delle convenienze di partito. Insomma la condizione ideale per discutere, confrontarci, litigare senza incrinare l’affetto e la stima reciproca. Quest’anno la compagna Castellina ci ha posto in premessa un titolo all’apparenza scandaloso, ovvero l’urgenza di un cambiamento rivoluzionario, di una rivoluzione. E’ del tutto evidente che una lettura superficiale  porterebbe a tutt’altra conclusione. Siamo di fronte ad un dilagante populismo e qualunquismo di destra nelle metropoli del capitalismo; la tragedia della guerra circonda e coinvolge direttamente il continente europeo; diritti sociali e del mondo del lavoro conquistati nei decenni passati sono stati in gran parte compromessi; precarietà e delocalizzazione segnano il mondo del lavoro; aumentano esponenzialmente le diseguaglianze e la stessa rivoluzione tecnica, scientifica e tecnologica rischia di essere uno straordinario strumento nelle mani del potere e dei poteri. Insomma la tendenza generale sembra essere ipotecata dalla controrivoluzione reazionaria, piuttosto che da una rivoluzione che si muove verso il sol dell’avvenire. In realtà le cose sono molto più complesse. Quel che sta accadendo è la crisi profonda di un sistema e del suo ordinamento economico – sociale che coinvolge tanto l’egemonia della borghesia, quanto la forza del pensiero alternativo della sinistra. Vengono al dunque due grandi questioni, due sfide alle quali nessuno può sfuggire a destra come a sinistra.  La sfida del collasso ambientale che coinvolge l’intero pianeta e che chiama in causa la relazione fra l’uomo e la natura e le relazioni sociali che governano il mondo. In secondo luogo è in crisi profonda la democrazia e le sue ragioni sociali. Siamo in uno di quei passaggi storici dai quali non si esce restando se stessi, non si esce senza un profondo cambiamento. E la rivoluzione tecnologica, l’intelligenza artificiale, gli algoritmi sono parte essenziale di questa rivoluzione o controrivoluzione. Quel che è sul tavolo e non da oggi è il problema della soggettività politica, una volta si sarebbe detto del Partito.”

Quali gli impegni per il futuro ?
“L’impegno è quello di muoversi in due direzioni. Da una parte lavorare ad una ricognizione di quella soggettività politica che nei territori fa vivere esperienze alternative. Sia la crisi dei partiti, sia la difficoltà dei sindacati, ma ancor più la frammentazione sociale, la precarietà del lavoro, la perdita di peso specifico dei grandi agglomerati del mondo del lavoro fanno del territorio  il luogo fondamentale della ricomposizione sociale, della sperimentazione, della definizione di processi e strategie alternative.  Non si tratta di ripetere l’esperienza dei consigli di zona degli anni 70, altro contesto storico e altri protagonisti sociali e politici, ma è certo che allora come oggi il territorio si propone come un luogo fondamentale per la ricostruzione di una soggettività politica che sia critica e alternativa al sistema. Né il grande tema del cambiamento climatico, né la partecipazione e la democrazia, né il governo delle tecnologie, né la ricomposizione del mondo del lavoro, né il recupero dei diritti sociali smarriti sono ipotizzabili senza un impegno sociale e politico che veda il territorio come il teatro fondamentale. Questa rete dei territori e delle soggettività politiche e sociali che si esprimono dei territori è il primo degli impegni. Altro obiettivo è quello di lavorare ad un luogo di analisi della realtà, di elaborazione di teoria e cultura politica che possa intrecciarsi con il lavoro dei territori. La ricostruzione di una soggettività politica critica non può che essere il risultato di un processo complesso, di una dialettica che tenga insieme il pensiero “ globale” e l’agire “ locale. ”

(a cura di m.z.)