Massa Lombarda (Ra). “L’impegno politico non è mai stato al primo posto nella mia vita, ho sempre dato priorità alla mia professione nel campo della formazione, come lavoratrice autonoma. Tuttavia la politica mi ha sempre attratto, e sono una delle fondatrice del Partito Democratico a Massa Lombarda. Quella del Pd è stata la mia prima tessera di partito. A metà degli anni ’90 ho fatto l’esperienza di vice sindaca del Comune di Massa Lombarda e, a seguire, quella di Consigliera provinciale a Ravenna”. Mirella Dalfiume, consigliera regionale dal 2023 si racconta a leggilanotizia.
Partiamo proprio dal 2019 quando sei stata candidata alle elezioni regionali.
“La candidatura per le elezioni regionali è nata quasi fuori tempo massimo. Per me era chiaro che non c’erano le condizioni per essere eletta, ma l’importante prima di tutto era portare voti al mio partito per favorire la vittoria di Stefano Bonaccini. Quando sono usciti i risultati ho subito pensato che circa 2 mila preferenze fossero un risultato infelice, poi ho capito che non era proprio così, considerando che ho fatto meno di due mesi di campagna elettorale. E finita la campagna elettorale ho ripreso il mio lavoro abituale. Insieme alla pandemia mi sono caricata il lavoro di cura per mamma e zia e quando lo scorso anno il consigliere Gianni Bessi si è dimesso per ricoprire un altro incarico, la mia vita si è scombussolata un’altra volta, perchè avevo avviato da pochi mesi una nuova collaborazione su un’attività di orientamento per i disoccupati e quindi…”.
Che cosa significa entrare in corsa durante una legislatura?
“Non è certo facile entrare su un treno in corsa con accanto tanti colleghi che hanno già fatto diversi anni e alcuni più legislature. Ancora oggi dopo circa un anno è molto faticoso nonostante le mie precedenti esperienze come amministratore locale. Il ruolo del consigliere regionale è prettamente politico ed entrare in tutti i meccanismi procedurali, imparare a padroneggiare tutti gli strumenti, banalmente anche quelli di lavoro, e capire come interpretare il ruolo, non è così automatico. Certo, non approviamo delle leggi ogni giorno, però assumiamo degli orientamenti politici attraverso risoluzioni, interrogazioni, ordini del giorno, sollecitiamo la giunta su temi di particolare importanza e così via. E per mia indole non mi piace essere impreparata. A tutto questo aggiungiamo che sono entrata ai primi di giugno del 2023, praticamente 15 giorni dopo l’alluvione che ha colpito i territori della Romagna, compreso il mio comune”.
Ma come sei stata accolta all’interno del tuo gruppo?
“L’inserimento nel gruppo del Partito Democratico è stato positivo, mi ha aiutato il fatto che alcune consigliere le conoscevo per esperienze comuni sui temi della parità di genere, dei diritti. Ma come sempre quando si entra in nuovi contesti ci si ‘annusa’, ci si conosce un po’ alla volta. Io sono entrata in punta di piedi. All’inizio è stato anche piacevole ascoltare le posizioni e i commenti dei colleghi, soprattutto nei momenti informali, perché è lì che si conoscono meglio le persone”.
Quali sono i principali temi di cui ti occupi?
“Faccio parte della Commissione per la parità e per i diritti delle persone, alla quale fanno riferimento non solamente le pari opportunità tra uomini e donne, un tema di cui mi occupo da sempre, ma anche tutti gli istituti di garanzia sui diritti delle persone dall’infanzia, ai detenuti. La Commissione ha un potere di indirizzo anche rispetto alle nomine all’interno di questi organismi. Sono in Commissione bilancio, la cui importanza è chiara, infine ho chiesto di stare nella Commissione territorio, ambiente e mobilità proprio perché provengo da un territorio colpito pesantemente dagli eventi climatici di maggio 2023″.
Dopo dieci mesi di esperienza puoi dire di avere trovato quello che ti aspettavi?. Cosa ti soddisfa di più e cosa ti crea più problemi?
“Potrei cavarmela con quella che non è tanto una battuta: ogni tanto non dormo la notte in quanto il livello di ansia si mantiene piuttosto alto. Ho avuto la soddisfazione alla fine del 2023 di essere relatrice di un progetto di legge di iniziativa della giunta per la tutela degli alberi monumentali. Può sembrare una piccola cosa, ma per me è stato un po’ come il battesimo di fuoco e mi ha dato soddisfazione perché il tema dell’ambiente, così come quello delle pari opportunità, me li porto dietro fin dai tempi dell’università. Ciò che mi disturba maggiormente è di non sentirmi a volte padrona del mio terreno. D’altra parte non posso pretendere di avere la stessa autonomia che ho sul lavoro, acquisita in 35 anni di libera professione”.
A volte hai la sensazione che si potrebbe fare qualcosa di più di quello che si fa?
“Oltre ai lavori in commissione, i consiglieri dedicano anche tanto tempo alla predisposizione degli atti da portare in sede di assemblea legislativa: interpellanze, interrogazioni a risposta immediata, risoluzioni. Tutti istituti che fanno parte delle prerogative dei consiglieri, per portare in assemblea la voce dei territori, segnalando criticità e per dare un indirizzo politico all’esecutivo. Servono comunque a sollecitare, a chiedere l’attenzione su temi importanti per tutti i cittadini. Ritorno, quindi, a ciò che dicevo riguardo la capacità di padroneggiare gli strumenti a disposizione. Se ci si riesce si può davvero fare un buon lavoro”.
Sull’alluvione spesso si è assistito ad un tira e molla con il governo nazionale, com’è oggi la situazione?
“Possiamo dividere gli interventi in due momenti temporali diversi. La prima fase, di competenza del commissario delegato per l’emergenza, presidente della Regione Stefano Bonaccini, ha riguardato la gestione dell’emergenza, dall’attività di soccorso e assistenza alla popolazione, ai contributi per l’autonoma sistemazione, passando per i primi interventi di somma urgenza sui corsi d’acqua.
Dal 10 luglio, con la nomina del generale Figliuolo a Commissario straordinario alla ricostruzione, siamo alla seconda fase, le funzioni sono passate alla struttura commissariale, con una struttura che opera principalmente da Roma. Non era mai successo prima ed è abbastanza evidente quanto avrebbe aiutato che il commissario fosse stato il presidente Bonaccini, e la struttura commissariale presente sul territorio, anche per l’esperienza pregressa nella gestione del sisma del 2012. Così non è stato e di conseguenza c’è stato un rallentamento nelle misure da intraprendere e nell’azione di ripristino.
Anche se si cerca di scaricare sulla Regione la responsabilità dei ritardi nella presentazione delle domande, il dato vero è che il meccanismo è talmente farraginoso, con tanti paletti che di fatto rendono complessa la pratica e creano incertezze e lungaggini inutili. Conosco famiglie che hanno rinunciato. La macchina si è messa in moto, ma famiglie e imprese hanno ancora tante ferite non rimarginate e non stiamo ancora parlando di ricostruzione ma di ristori per i danni subiti. Faccio un ultimo esempio: con le donazioni sono stati raccolti più di 50 milioni di euro. I soldi raccolti prima della nomina del commissario Figliuolo sono stati nella disponibilità della Regione e utilizzati per i primi interventi, compresi i rimborsi per chi ha perso l’auto. Ma su quelli raccolti dopo il 10 luglio decide la struttura commissariale di Figliuolo, chiaramente in accordo con la Regione ma è comunque un passaggio in più che rallenta”.
Altri temi caldi?
“Certamente la sanità, in primo luogo la necessità di sfoltire le liste di attesa. L’attivazione dei Cau (Centri di assistenza urgenza), nati per alleggerire le pressioni sui pronti soccorsi, sta dando buoni risultati, ma serve tempo. La Regione Emilia-Romagna ha messo in campo 30 milioni di euro per ridurre i tempi attualmente previsti di prenotazione e accesso a visite ed esami clinici specialistici (le cosiddette prestazioni specialistiche ambulatoriali) erogati dal Servizio sanitario pubblico.
Un investimento destinato al Piano straordinario voluto dalla Giunta, composto da misure concrete che verranno attuate entro l’estate da tutte le Aziende sanitarie, col duplice obiettivo di incrementare sia il numero di prestazioni specialistiche disponibili, sia la quota di tempo dedicato alle prestazioni ambulatoriali da parte del personale medico.
Il piano è finalizzato principalmente alla sfoltimento delle liste d’attesa per le prestazioni specialistiche e la diagnostica. Però non bisogna dimenticare che c’è soprattutto un problema di risorse nazionali, che non sono adeguate. In termini percentuali rispetto al Pil, la spesa sanitaria era oltre il 7% e ora sta scendendo verso il 6,1, non siamo allineati con gli altri paesi europei. I tre miliardi in più messi dal governo sono un dato fuorviante se si considera l’inflazione e il rinnovo dei contratti, quindi non si dica che servono per le prestazioni a favore dei cittadini”.
Quello della sanità è comunque un problema atavico?
“Non è piacevole rivolgersi ai Cup e sentirsi dire che le liste sono bloccate o che servono mesi e mesi prima di ricevere la prestazione. La conseguenza, per chi ha disponibilità economiche, è la fuga verso le strutture private. Come consiglieri abbiamo chiara la percezione di questa difficoltà, la tocchiamo con mano ogni giorno. E’ necessario un forte impegno affinché la nostra sanità resti una delle migliori, lo confermano i tanti cittadini che vengono a curarsi qui da altre regioni, lo dice la fondazione Gimbe, lo stesso ministero della Salute riconosce all’Emilia-Romagna la capacità di erogazione dei Lea (Livelli essenziali di assistenza). Abbiamo grandi eccellenze, siamo una regione benchmark anche nel confronto con altre parti del mondo e dell’Europa, ma anche qui il servizio sanitario è in sofferenza: medici e infermieri che abbandonano i servizi, carenze di organico e difficoltà a reperire medici e infermieri. Dobbiamo fare in modo che le risorse siano sufficienti sia a mantenere questo livello di qualità, ma nello stesso tempo a garantire a qualsiasi cittadino la possibilità di curarsi presso la struttura pubblica. Ciò significa anche evitare che tanti bravi medici fuggano all’estero o nel privato”.
Politiche di genere e violenza sulle donne, in che Regione viviamo?
“La violenza sulle donne non è un’emergenza ma un dato strutturale, con radici culturali che stanno all’origine della nostra storia. Pensiamo ai miti fondativi della nostra cultura e troviamo stupri, ancora oggi usati come strumento di guerra. Non possiamo trattare i femminicidi alla stregua di altri omicidi, o ancor peggio, da meno. Siamo immersi in una cultura secondo la quale la donna merita di essere uccisa in quanto essere inferiore che deve sottostare alla volontà di un uomo. Questo concetto è talmente radicato che le donne, pur essendo la maggioranza della popolazione, sono considerate una minoranza da tutelare.
Da qui l’equivoco delle quote rosa. Non si tratta di una questione numerica o di esserci in quanto donna, come ci dimostra oggi la presidente del consiglio, ma perché la nostra presenza arricchisce lo sguardo sul mondo e garantisce una diversità di pensiero all’interno di qualsiasi organismo. La strada è ancora lunga e incontra nuovi ostacoli ogni giorno, per abbattere stereotipi e pregiudizi è necessario un lavoro costante, per cui sarebbe importante agire a livello formativo fin dai primi anni di scuola. Certo con questo governo è sotto gli occhi di tutti la battaglia ideologica sui diritti e sui corpi delle donne”.
Sono aumentate le politiche, dell’argomento si parla tanto, ma i casi di violenza crescono…
“C’è un aumento più complessivo della violenza, a partire da quella verbale. E sui social trova la sua massima espressione. E’ un fenomeno che colpisce tutte le generazioni, ma che sui più giovani è devastante. I casi di suicidio per cyberbullismo sono in crescita. Ma senza arrivare a tanto c’è chi smette di avere una vita sociale e delega qualsiasi rapporto ai social, vive di relazioni virtuali attraverso lo schermo di un computer. Avere un figlio che per proteggersi dal mondo rifiuta qualsiasi rapporto col mondo fuori è un fenomeno dolorosissimo per la famiglia. Quanti vivono una vita fuori dalla realtà e quando si scontrano con essa vanno in difficoltà”
Altro tema che ti vede impegnata è quello ambientale…
“Abbiamo una visione antropocentrica, pensiamo che l’uomo possa dominare anche le forze della natura. Ormai avremmo dovuto capire che questa idea ci porta verso il baratro. Anche nel dibattito post alluvione ho sentito fare delle affermazioni aberranti, anche da persone che si definiscono ambientaliste, a partire dal concetto che i fiumi siano solo dei vettori che devono portare acqua come lo può essere una conduttura di cemento. Ci dimentichiamo che attorno a noi ci sono miliardi di organismi viventi e che siamo inseriti in un ecosistema fragile. Dobbiamo esserne consapevoli e imparare a misurarci su questi temi con un nuovo approccio”.
In generale come consideri la tenuta sociale della nostra regione?
“Direi che stiamo meglio di tante altre regioni. Ma non si può essere soddisfatti se il tuo vicino sta peggio di te, quindi non parliamo di isole felici. Sento ancora tanta diffidenza e fastidio verso chi arriva da altri paesi. Non vogliamo ammettere che con il calo demografico il futuro economico anche nella nostra regione passa attraverso l’impiego di lavoratori stranieri. Lo chiedono gli imprenditori, spesso alla difficile ricerca di manodopera. Certo, serve personale qualificato, ma in Emilia Romagna non mancano certo le opportunità formative per l’aggiornamento e la riqualificazione delle persone adulte. Discorso a parte meriterebbero le nostre scuole”.
Siamo a pochi giorni dalle elezioni europee, usciamo dalla Regione e guardiamoci attorno, cosa vedi?
“Tanta preoccupazione. C’è una campagna denigratoria verso l’Europa che rischia di creare danni irreversibili. Ci sono forze politiche che rappresentano l’Europa come una matrigna che ci pone solo dei vincoli. Ad esempio la transizione climatica è in atto, l’aumento delle temperature non è un opinione, è un dato. Ci sono cambiamenti necessari che vanno accompagnati e sostenuti per invertire la rotta: transizione energetica, riduzione della CO2, riduzione del consumo delle risorse se vogliamo garantire la vita sul pianeta. Le catastrofi che ci succedono intorno sembra non servano a nulla per capire che la strada intrapresa rischia di essere senza uscita.
Poi abbiamo un’Europa, nata per garantire la pace tra Paesi che si erano fatti la guerra per secoli, che oggi si ritrova con due conflitti per i quali non si intravedono vie d’uscita. Senza dimenticare le decine e decine di conflitti minori che insanguinano tante parti del mondo. Spira un vento di nazionalismo che non sappiamo dove possa portare. Pensare che ognuno possa fare da solo è pura follia e se si mettono barriere all’ingresso poi finiscono per diventare barriere anche per l’uscita, sia per le persone che per le merci. Pentirsi in seguito, poi si rischia che sia troppo tardi, la Brexit insegna”.
Il Pd, il tuo partito, sembra sempre alla ricerca di una identità. Non riesce mai a trovare una quadra tra le tante anime che lo compongono.
“In generale stiamo scontando un equivoco di fondo. L’idea, ormai prevalente, che i partiti sono una roba brutta. Un pensiero che si è consolidato in tanti anni di berlusconismo e in seguito con i movimenti che vogliono eliminare questa forma di libera associazione per concorrere democraticamente alla politica nazionale. Non siamo riusciti, anche per demeriti nostri, a invertire questa tendenza. Io non ho paura di essere in minoranza, lo sono stata tante volte anche nel mio partito. Ma una volta finita la discussione ho sempre messo davanti l’interesse generale. Ciò che mi infastidisce è che una volta individuato un segretario o una segretaria, poi inizia il fuoco amico e la messa in discussione. Se si vuole costruire un percorso che dia risultati non si può cambiare segretario così di frequente”.
Però alcune linee guide, che facciano capire ai cittadini che tipo di partito vuole essere il Pd, sarebbero necessarie…
“Dentro al Pd ci sono tante sensibilità che occorre tenere assieme. Escludere dei pezzi sarebbe comunque perdente. Credo non sia impossibile individuare alcune parole chiave, dalle quali far discendere delle politiche che debbono guidare la nostra azione. Lotta alle disuguaglianze, giustizia sociale, rispetto delle differenze, dignità e tutela dei diritti fondamentali.
Per formare i cittadini di domani dobbiamo partire dalle scuole e far capire che non c’è alternativa a una società multiculturale e multietnica, quindi impariamo a lavorare per l’inclusione, per non creare dei muri e sempre dei nuovi nemici. L’impegno contro ogni guerra in ogni angolo del mondo.
Poi la questione ambientale. Senza affrontare con serietà e determinazione questo tema a rischio non c’è il Pd, ma la vita stessa sul pianeta.
Infine mi piacerebbe rivalutare il volontariato politico. Perché vergognarsi a dire che il Partito democratico vive grazie all’impegno di migliaia di volontari che si impegnano in tantissime attività (tesseramento, feste, pranzi di autofinanziamento, ecc.) per finanziare la politica. Per me questa è una forma pulita di attivismo, che ha un valore e che serve da collante per gli iscritti e per tutte le persone che si avvicinano a noi”.
A breve in molti comuni, compreso il tuo, si andrà al voto, cosa prevedi?
“Anche nei nostri territori non mancano i problemi, ma io credo che i nostri primi cittadini abbiano governato bene, anche in contesti difficili come quelli degli ultimi cinque anni. Credo che il centrosinistra meriti la fiducia dei cittadini. Piuttosto noto una tendenza che non mi piace molto. In quasi tutti i comuni sotto ai 15 mila abitanti è prassi per il Partito democratico presentarsi come lista civica, che raccoglie al proprio interno una coalizione di forze politiche e sociali. Oggi siamo al paradosso che in alcune realtà l’elettore fa davvero fatica a distinguere l’area di appartenenza del candidato sindaco. Io credo sia necessaria una profonda operazione di chiarezza, quantomeno specificare di quale schieramento politico è espressione una lista ed il suo candidato. Noi, per il centro sinistra, lo stiamo facendo”.
Note biografiche
Mirella Dalfiume è entrata in Assemblea legislativa il 6 giugno 2023, nel gruppo del Partito Democratico, per surroga a seguito delle dimissioni del consigliere Gianni Bessi, della Circoscrizione di Ravenna.
Nata a Sant’Agata sul Santerno, vive a Massa Lombarda, è sposata e ha un figlio. Si è laureata in architettura allo IUAV di Venezia. In seguito, dopo una formazione biennale sui temi dell’organizzazione e sociologia del lavoro, dal 1987 svolge attività libero professionale come consulente di organizzazione aziendale e sviluppo delle risorse umane, prima in collaborazione con una primaria società di consulenza italiana e poi come freelance.
Dal 1995-1999 è stata vice sindaca del Comune di Massa Lombarda con deleghe a urbanistica, edilizia privata, lavori pubblici. Dal 1997-2001 Consigliere provinciale della Provincia di Ravenna, da Febbraio 1996 a dicembre 1997 Consigliere di amministrazione del Consorzio di bonifica della Romagna occidentale, su nomina dell’Amministrazione provinciale di Ravenna.
Per passione e per lavoro si è spesso occupata di politiche di genere e pari opportunità. Fa parte della Conferenza regionale delle Democratiche fin dalla sua costituzione. E’ stata coordinatrice provinciale delle democratiche dal 2017 fino a febbraio 2022 e attualmente è componente del coordinamento nazionale.