Qualcuno, un po’ di tempo fa, aveva già scritto le parole qui sopra, ma sono quasi certo che, sotto sotto, non lo pensava veramente. Pur avendo dovuto assistere alle ultime immani sciocchezze dell’uomo perpetrate verso i propri simili sono propenso a credere che un filo di speranza, leggero e molto sottile, si sforzasse di esistere. Di tener duro, come si suol dire.

Ora, nella forzata consapevolezza di quanto ci è dato vedere, provare, sentire, vivere, credo veramente che sia tutto da rifare e che l’uomo sia diventato l’essere più spregevole che mai abbia calpestato il suolo di questa povera terra.

Poi la farsa di chi, imperterrito e in pieno spregio di quanto sia umanamente possibile comprendere ed osservare, insiste nel tentare di riscontrare ora la ragione dell’uno, ora il torto dell’altro, come se fosse umanamente possibile individuare da quale parte tenda il riscontro della bilancia. Anche i nostri giovani che scendono in piazza parteggiando per la parte decisamente più debole altro non fanno che ripetere, ciclicamente, il lamento degli impotenti, dei non colpevoli, di chi sa solo o può solo fuggire. Tentare di fuggire. Ma la domanda è: tentare di fuggire per andare dove? E trovare rifugio e un anelito di sapore di vita presso chi?

Il colmo del disprezzo dei valori dell’uomo risiede poi in quella che appare come una novità che va consolidandosi, rafforzandosi, nell’infantile ipotesi che risiede nel dichiararsene fuori continuando ad armare le mani di chi la guerra la fa davvero.

Foto di Amber Clay da Pixabay

O, certo, noi non forniremo mai uomini disposti a morire al fronte, ma ecco pronta ogni sorta di ordigno bellico destinata ad uccidere meglio, con migliore precisione, con novella potenza. Sarebbe come fornire un solido bastone ad uno dei contendenti per farlo prevalere e fare ben attenzione perché, inevitabilmente, anche all’altro contendente viene fornito un randello ancora più grosso e così via.

Nell’immenso bailamme, tra nuvole di polvere che non dovrebbe esistere, tra le perdute grida di disperazione e di impotenza, tra menzogne sempre più grandi e neppure nuove, la parola di Francesco cerca, inutilmente ma non con perduto vigore, di far sentire la propria voce con l’ultimo anelito di speranza, di fede, di carità. Quella vera. Povero Francesco, tutta la mia invidia nella Tua forza e tutta mia consapevolezza dell’inutilità del Tuo gesto. Tu hai un grande vantaggio: un Dio nel quale credere. Io, neppure quello.

Non perdo tempo nel delineare, tra queste righe buttate giù di rabbia, di quale argomento, di quale guerra tra le tante, di quale vendetta individuale o collettiva si stia cercando di parlare. C’è forse differenza? Queste povere righe sono più appropriate a quella o indecenti per l’altra? Una sola certezza rimane, consapevole e disarmante, la certezza che stiamo seminando tanto odio verso l’altro che ci attendono secoli e secoli di vendetta, di disprezzo, di rancore, di rivalsa.

Andiamo nello studio del notaio più vicino e scriviamo il testamento per i nostri figli: nascono già colpevoli. Colpevoli di non capire.

(Mauro Magnani)