Si discute molto di che ruolo avrà (ha già) l’intelligenza artificiale nel mondo odierno e, soprattutto, nel campo dell’informazione e nello specifico del giornalismo. Giovedì 23 e venerdì 24 maggio vi sono state due interessanti occasioni. La prima a Bologna, la seconda a Rimini.
A Bologna – per iniziativa di leggilanotizia e della Fondazione Duemila – il tema è stato “L’editoria fra nuovi signori e l’intelligenza artificiale”. A Rimini si è trattato di un seminario di formazione per giornalisti organizzato dall’Ordine professionale e dalla sua Fondazione in collaborazione con l’Associazione protezione diritti e libertà privacy (un’associazione di promozione sociale).
Non interessa in questa sede dar conto delle tesi e delle argomentazioni di ogni singolo dei numerosi relatori intervenuti, ma dei problemi individuati ai vari livelli: sociale, sindacale, etico-deontologico.
L’intelligenza artificiale (IA) sta avendo un impatto significativo sul settore dell’editoria, cambiando il modo in cui le notizie vengono prodotte e consumate. I giornalisti devono cercare di farne uno strumento di aiuto e non sostitutivo della propria professione, avendo chiaro che questo strumento sarà molto utilizzato nel marketing e nella pubblicità per cui deve esserci una vigilanza attenta da parte della categoria sul suo utilizzo.
° D’altro canto, l’IA potrebbe essere utilizzata per migliorare la produttività, aumentare il lavoro di qualità grazie alla riduzione del tempo impiegato dal giornalista per le attività a basso lavoro aggiunto. Questo significherebbe che l’IA non sostituirebbe gli esseri umani, ma piuttosto che lavorerebbe in collaborazione con loro. Ma siamo sicuri che questa sia l’impostazione che gli editori vogliono dare all’introduzione sempre più invasiva di questo strumento nel processo produttivo?
Un esempio di come l’IA stia influenzando l’editoria può essere visto nell’accordo tra l’editore tedesco Axel Springer ad OpenAI. Questo accordo, del valore di decine di milioni di euro, permette ad OpenAI di utilizzare i contenuti di testate come Politico, Bild e Business Insider.
E’ lo stesso editore che si è reso protagonista anche del solo caso italiano noto, per ora, di licenziamenti di giornalisti a seguito dell’introduzione dell’IA. Ha chiuso le redazioni europee della piattaforma Upday, licenziando in Italia tre giornalisti e una poligrafica, dichiarando che d’ora in avanti le news saranno curate dall’IA generativa.
Certo, l’IA può aiutare a produrre informazioni più mirate e financo personalizzate, aiutando gli operatori a superare la frammentazione dei canali e l’eccessiva valanga d’informazioni. Ma questo dipende da che scelte compiranno gli editori.
In sintesi, l’IA sta rivoluzionando il settore dell’editoria, portando nuove opportunità, ma anche nuove e vecchie sfide, come quelle occupazionali.
Gli editori, a livello internazionale, puntano ad adattarsi a queste nuove tecnologie per rimanere competitivi e rilevanti nel panorama mediatico in continua evoluzione. Ma, quelli italiani almeno e non solo italiani come dimostra il caso Springer, lo fanno nella logica che ha dominato le loro scelte in questi anni: riduzione del personale giornalistico e sua costante precarizzazione per contenere i costi.
Alcuni editori perseguono un vecchio sogno, a volte perfino pubblicamente dichiarato: creare articoli senza, o almeno con il minimo, apporto umano.
I giornalisti, invece, debbono battersi non contro l’IA in quanto tale, ma affinché questo processo avvenga sempre sotto la supervisione umana, arrivando anche – e questa è una questione sindacale rilevante – a contrattare gli algoritmi che debbono rispettare la professionalità ed i principi deontologici del giornalismo. In questi giorni si è riaperto il confronto contrattuale tra Fnsi (lo storico sindacato di categoria) e Fieg (la Federazione degli editori) dopo 10 anni dalla firma dell’ultimo contratto. Oltre al recupero dell’inflazione per i giornalisti si pone il problema di regolamentare in modo adeguato tutte le innovazioni che si sono manifestate nel mondo del lavoro (uso dei social, lavoro agile, intelligenza artificiale per citarne alcune).
Insomma, si tratta di “rivoluzionare” le regole del Contratto nazionale di lavoro giornalistico (Cnlg).
Accanto al tema “Intelligenza artificiale” c’è quello delle concentrazioni editoriali e dell’assalto politico all’informazione, a cominciare da quella primaria: il caso dell’Agenzia Italia è emblematico. I giornalisti di quella redazione vogliono evitare di diventare portavoce di una ben individuata parte politica, pericolo che si manifesta, peraltro, dopo anni di continui ridimensionamenti. Senza contare quanto accade in RAI (dove l’invadenza partitica – che c’è sempre stata – ha assunto toni più acuti ed arroganti) e le incredibili vertenze come quella dell’Agenzia DIRE, dove – in spregio di norme contrattuali e di legge – si è arrivati a “sospendere” dal lavoro dei redattori.
Ce n’è abbastanza per chiedere una revisione generale delle norme che riguardano il mondo dell’informazione (non ultima la stessa, obsoleta, legge ordinistica) e la creazione di specifiche normative di salvaguardia dell’autonomia del servizio pubblico e, più in generale, delle aziende editoriali dagli interessi “altri” (industriali di vari settori che sono, in genere, prevalenti) dei loro proprietari, rilanciando una vecchia idea del Movimento dei giornalisti democratici di tanti anni fa riguardo ad uno Statuto dell’impresa editoriale che ne garantisse autonomia ed indipendenza.
Forse ora sarebbe davvero il caso di organizzare degli Stati generali dell’informazione, in modo serio ed approfondito. Materia su cui discutere e – si spera – decidere ce n’è tanta.
(Giovanni Rossi)
Questi i link per vedere (o rivedere) l’incontro organizzato da legggilanotzia.it
Parte I
https://youtu.be/MPUovcCRLzk?si=tP2gmeBb1tJaQsRG
Parte II