Il giorno 7 settembre 1840 a Ferrara moriva Costanza Monti (Roma 1792-Ferrara 1840), unica figlia del celebre Vincenzo, poeta illustre dell’epoca nativo di Alfonsine, e di Teresa Pikler: poi, sposa del conte pesarese Giulio Perticari, ne prese il cognome.
Nascita e triste fine
Era nata a Roma il 7 giugno, dove visse fino all’età di 5 anni, ricevendo il nome della madrina di battesimo, Costanza Falconieri Braschi, moglie del nipote di papa Pio VI, don Luigi Braschi, di cui Vincenzo era segretario.
Alla fine della sua vita se ne andò povera, sola, assistita dal cugino Cesare e dalle suore Orsoline del collegio dove aveva studiato da fanciulla e dove aveva insegnato negli ultimi tempi, con il volto scavato dalla malattia, il corpo macerato, il seno devastato dal cancro che l’aveva divorata negli ultimi mesi, il braccio sinistro gonfio e piagato.
Le suore le avevano concesso la sepoltura sotto l’altare dell’Addolorata, privilegio riservato a nobili o a chi moriva “in fama di santità“.
Bellezza, invidie, “corna” e maldicenze: “donna di facili costumi”?
Una ventina di anni prima, alla morte del marito Giulio Perticari, era stata cacciata da Pesaro con l’accusa di essere una “scellerata che si mostrò sempre indegnissima di sì virtuoso marito … di indole più ferma che umana … scaltra e rea femmina” che condusse anzitempo il marito alla tomba. Tutta invidia.
Il padre, il grande poeta di Alfonsine Vincenzo Monti, la fece studiare in collegio dalle Orsoline di Ferrara, poi al monastero di Sant’Antonio, infine ella seguì i genitori a Milano, unica figlia, poiché il fratello Giovan Francesco morì in giovane età.
Costanza trascorse lunghi periodi a Maiano, frazione di Fusignano, presso la casa degli zii paterni con i cugini, luogo che considerò per tutta la sua vita un rifugio.
Il centro del paese, oggi detto Maiano Monti, coincide proprio con la Villa Monti costruita nel 1717 a Maiano per volere di Matteo Tamburini: nel 1769 fu venduta a Fedele Monti che venne ad abitarvi con la famiglia quattro anni dopo, quando il figlio Vincenzo Monti, poeta e letterato, aveva 17 anni. La famiglia Monti vi abitò fino al 1889 ed il poeta dopo esservi cresciuto vi soggiornò nei periodi estivi, ricevendo gli amici del mondo artistico milanese.
Monti ebbe per la figlia tante cure e le cercò un degno matrimonio, ad esempio con l’esule greco Andrea Mustoxidi, di cui Costanza si era innamorata: studioso valoroso, ma di brutto aspetto e povero, aveva aiutato Monti nella traduzione dell’Iliade, ma purtroppo la moglie Teresa si oppose, per cui nel 1811 Costanza fu promessa in sposa al conte Giulio Perticari di Pesaro, anche lui amico del Monti, bello, affabile e ricco, ma di cagionevole salute.
Il marito la inserì nell’Accademia letteraria cittadina, di cui era fondatore; purtroppo la bellezza ed il carattere esuberante di Costanza suscitò invidie e maldicenze sulla sua condotta morale.
Il matrimonio non fu del tutto felice, ma il conte tenne sempre la moglie in grande considerazione e anche Costanza, rimasta vedova, dimostrò di averlo amato.
Ella nel 1816 provò una forte simpatia per un poeta aretino, Tommaso Sgricci, amico del padre e di Giulio: non s’accorse che lo Sgricci era un noto gay, forse più interessato a Giulio che a lei, ma l’infatuazione fu breve. Il marito, del resto, aveva varie amanti e un figlio illegittimo da una popolana che ancora frequentava, e Costanza era l’unica a non saperlo.
I racconti e gli aneddoti narrano di altri corteggiatori di Costanza che furono sistematicamente respinti: il capitano dei carabinieri pontifici Fortunato Gavelli che, rifiutato, la offese e la colpì con un pugno; Paolino Giorgi, giovane dandy che fu respinto e sparlò di lei. Costanza scrisse lettere al “caro amico” Antaldo, di ventidue anni più grande di lei e sposato da tempo con la bolognese Lucrezia Hercolani, che si concludevano con “la tua Costanza” o con “ti amo sempre teneramente“. Inoltre, si parlava di una morbosa simpatia per il giovane conte pesarese Terenzio Mamiani e di un altro molestatore, il maggiore della Finanza Molinari. Le chiacchiere parlavano addirittura di incontri galanti di Costanza nel buio dei palchi del teatro.
Quando il Perticari morì a causa di un tumore al fegato, Costanza venne pubblicamente accusata dai familiari del marito, decisi ad impossessarsi della notevole dote: insinuarono persino che avesse avvelenato il povero marito.
Alla fine, Costanza dovette partire da Pesaro, infangata e depredata, nell’agosto 1822.
Costanza vedova a Milano poi in Romagna
Costanza si trasferì in casa dei genitori a Milano, ove fu corteggiata e chiesta in moglie da personaggi noti e facoltosi, ma rimase vedova per rispetto al marito: rifiutò persino una proposta del celebre patriota Carlo Cattaneo che per lei scrisse due sonetti d’amore.
Era bella, per i criteri dell’epoca, con i capelli biondo-castani ondulati, la carnagione lattea, le forme opulente, gli occhi neri, luminosi e intensi, un sorriso dolcissimo velato di malinconia.
Alla fine, cercò conforto nella religione e cadde così in uno stato di depressione che si aggravò quando il padre Vincenzo Monti, colpito da un ictus, morì nel 1828 dopo lunghe sofferenze: Costanza lo assistette sino alla fine.
Esclusa dal testamento del Monti per volere della madre, cercò un po’ di quiete presso i cugini in Romagna a Maiano, ma anche qui non trovò pace.
La fine
Visse anche a Lugo, finché nel 1836 si trasferì presso il Convento delle Orsoline a Ferrara, ove scoprì l’evolversi di una grave malattia: cancro al seno.
Prima di morire all’età di quarantotto anni, dopo tre anni di tormenti fisici e morali, Costanza ordinò di bruciare buona parte delle lettere personali (forse d’amore) che aveva con sé a Ferrara.
Il medico curante dottor Finzi, affezionatosi alla povera donna, così scrisse: “Col più profondo dolore devo annunziarle che questa mattina volò in Paradiso la impareggiabile Costanza. Colei che fu la nostra diletta amica, che visse virtuosa ed è morta martire e santa, ora è beata nell’amplesso di Dio. Io volea sfogare con voi il mio dolore, ma esso è troppo grande, e sono istupidito come un uomo senza mente“.
Ai piedi dell’altare della Vergine Addolorata l’epitaffio della lastra tombale, dettato per lei da Paride Zaiotti, amico del padre, che le voleva bene, recita: “La figlia di Vincenzo Monti, la vedova di Giulio Perticari, Costanza, anima, cuore, ingegno pari a questi gran nomi, di fortuna ahi troppo diseguale, qui sotto l’altare di Maria Addolorata, suo rifugio e sua tutta speranza, depose come aveva desiderato la terrena sua spoglia e i suoi patimenti. Sempre buona, ora anche felice“.
Donna di cultura, non solo gossip
Costanza non fu solo tutto questo, visse appieno gli ambienti culturali del padre, studiò e scrisse opre letterarie e poesie, la più famosa delle quali, “L’origine della Rosa”, è un poemetto in ottava rima composto tra il 1816-1817, famoso all’epoca, ma in seguito dimenticato.
Si dedicò pure ad impegnativi studi danteschi, purtroppo in gran parte andati perduti: qualcosa rimane spulciando appunti sparsi ed i carteggi.
Fu in rapporti con le donne intellettuali dell’epoca, tra cui Madame de Stael, ne frequentò i salotti letterari, inoltre collaborò alla stesura e pubblicazione di opere del famoso padre.
Inoltre, ha dedicato tempo, pazienza e competenza all’approfondimento dello studio e dell’analisi dell’opera di Dante Alighieri.
Il ricordo
Nel 2006 si tenne un “processo” postumo che la riabilitò completamente dalle accuse che ne avevano infangato la memoria: sono stati pubblicati gli “Atti del processo a Costanza Monti Perticari”, Sonciniana, Fano, 2008, inoltre è ricordata nella Treccani, nel volume di Claudia Bassi Angelini. Donne nella storia del territorio di Ravenna, Faenza e Lugo dal Medioevo al XX secolo, Longo, Ravenna, 2000 ed in quello di Bruna Bertini, Strade al femminile – Le donne nella toponomastica dei Comuni della Bassa Romagna, Tempo al Libro, Faenza, 2022.
Tra coloro che hanno scritto su di lei: Luciano Baffioni Venturi, Gina Nalini Montanari, Maria Borgese, Maria Romano, Chiara Agostinelli; inoltre, ci sono raccolte di suoi versi e lettere.
Il Comune di Fusignano le ha intestato una strada nella sua Maiano Monti.
Anna Bianchet si è laureata all’Università Cà Foscari di Venezia con una documentata tesi su “Costanza Monti Perticari. Una letterata di inizio ‘800 e i suoi studi attorno a Dante”, reperibile online, che contiene una ricca bibliografia e riporta suoi scritti.
“Ella merita un posto tra gli intellettuali dell’Ottocento”: così la Bianchet conclude.
E per tutto questo noi abbiamo voluto ricordarla.
(Marco Pelliconi)