La Francia caput mundi olimpica non sarà immune dal vecchio adagio a ricordare che “dopo i confetti si vedono i difetti” così ad offuscare il motto nazionale transalpino più famoso al mondo di “Libertè” a protegge i diritti impedendo ciò che nuoce alla società, garantendo altresì “Egalitè” ovvero l’uguaglianza degli stessi tra i cittadini a salvaguardare l’etica della reciprocità che alla parola “Fraternitè” definisce l’obbligo morale del “non fate agli altri ciò che non vorreste fosse fatto a voi”.

Questo motto da sempre uno dei caposaldi della cultura occidentale ha conosciuto il suo primo “inciampo” ben prima dell’inizio dei Giochi di Parigi 2024, quando dal manifesto ufficiale scomparve la croce che si erge sulla cupola della chiesa degli Invalides, un primo atto a bannare il principale segno di cristianità della Chiesa di Roma così a imbonire qualcun altro credente che potesse sentirsi disturbato, dopo quello prettamente “parlamentare” di costituzionalizzare il diritto all’aborto.

Fraternitè perciò alle ortiche almeno a ciò che il fronte Rassemblement national e della quasi totalità dei propri deputati ha fatto intendere, al pari del fronte più clericale della coalizione di centrodestra italiano che per bocca del vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani ha espresso con forza la propria contrarietà al maltorto operato dal comitato organizzatore dei Giochi Olimpici di Parigi accusandolo di stupidità.

La croce che da simbolo di morte diventa salvezza ha sempre concigliato fede e ragione al pari delle mezzelune, può venir “proposta”, meglio se non “imposta”, ma mai destinata alla cancellazione malgrado ciò che avvenne anni addietro quando risultò offensiva a qualche famiglia reale dinastica del mondo arabo che tramite accordi commerciali “convinse” ad eliminare il simbolo religioso dallo stemma della società di calcio del Real Madrid per favorire il businnes commerciale delle magliette in penisola arabica.

Accodati a questo poco edificante trend etico-morale della plurivincitrice madrilena anche la società catalana del Barcellona e quella francese del Paris Saint Germain convinte entrambe a suon di petroldollari a cambiare stemma cancellando croci, così a negazionare cultura del modo cristiano ed ideali del mondo occidentale.

Il potere è sempre un equilibrio instabile e chi governa deve creare in continuazione nuovi equilibri fra meccanismi che agiscono nella vita quotidiana di ogni raggruppamento umano, imprese, istituzioni, partiti politici quasi sempre in competizione fra loro stessi, a volte per coalizzare a volte per rovesciare ma sempre attorno a un capo o premier che, come sta accadendo oggi in Francia, si sta indebolendo e non più in grado di assicurare stabilità al punto che l’appoggio di “vicini” potenti, anche se di una ideologia religiosa diversa dalla propria, finisce per diventare indispensabile.

La storia purtroppo ci ha sempre mostrato di stranieri che una volta arrivati si sono impossessati del Paese a spengere l’originalità a favore della mediocrità e dove creatori e imprenditori sono stati sostituiti da funzionari e burocrati, ed ciò che la Francia odierna assomiglia perché sembra essere diventata la cartina di tornasole di una Ue che non sa dove andare, così ingabbiata dallo spettro che ristagno e decadenza siano dietro l’angolo di sabotaggi e terrorismo islamico, e che decidere di fare qualche passo indietro rinunciando a simboli e bellezze propri sia la panacea giusta.

Niente di più sbagliato perchè il presente e le necessità pratiche e finanche la nostra fede occidentale sono mete ultime di come vogliamo vivere e ciò che vogliamo essere, e che devono far ricordare a chi ha idee confuse che adagiarsi solo sulle necessità del presente, sulla inclusione a prescindere e sul puro calcolo finanziario, concedendo “crediti inesigibili” (anche) dal punto di vista etico-morale, ha sempre solo voluto dire perdere slancio vitale e perciò il futuro.

(Giuseppe Vassura)