“La passione religiosa appassiona sempre meno gli italiani”. Ed è divenuta molto tiepida. Questa tendenza non accenna a rallentare. Al contrario: negli ultimi anni si è accentuata, come dimostra il sondaggio di Demos sulle passioni degli italiani, condotto alcuni mesi fa.
Demos è un istituto di ricerca, fondato dal prof. Ilvo Diamanti, che opera nell’ambito della ricerca politica e sociale attraverso indagini di carattere locale, nazionale ed internazionale.
In questo rilevamento demoscopico appare come, in pochi anni rispetto al 2016 l’interesse verso “la religione o la comunità religiosa” sia sceso sensibilmente. E oggi, “appassiona” meno del 40% degli italiani. In calo di 15 punti, negli ultimi 8 anni. E oggi appare ridimensionata, rispetto ad altri aspetti e attività che attraggono gli italiani. I luoghi del territorio e lo sport, anzitutto.
Ma la religione ha perduto interesse anche rispetto ai temi della politica.
Negli ultimi anni il mondo “politico”, ha coinvolto e attratto i cittadini soprattutto in quanto “centro dell’opposizione”. Contro le istituzioni, i luoghi e gli attori di governo, in Italia, ma anche in Europa e oltre. Non è un caso che si siano affermati anti-partiti, fautori di anti-politica. Con il problema che, quando conquistano il potere, divengono, a loro volta, partiti e leader di governo. E, quindi, bersaglio di opposizione e di ostilità.
Quanto alla Chiesa, è indubbio che molto è cambiato nel corso del tempo. Lo rileva l’Istat, quando osserva come, negli ultimi anni, si sia toccato il minimo storico della frequenza alla messa. Meno del 20% fra gli italiani, infatti, va a messa regolarmente, ogni settimana. Mentre i “mai praticanti” sono saliti a oltre il 30%. Cioè, il doppio rispetto a 20 anni fa.
Anche il sondaggio condotto da Demos conferma questa tendenza e dimostra come continui a diminuire la quota di coloro che considerano “l’insegnamento della Chiesa rispetto alla morale e alla vita delle persone” molto importante e da seguire. Una componente ormai ridotta al 15%. Nel 2019, 5 anni prima, costituiva ancora il 22%.
Peraltro, anche fra coloro che dichiarano una pratica religiosa assidua e regolare l’insegnamento della Chiesa è ritenuto, in prevalenza (50%), “utile ma non essenziale”, perché ciascuno deve agire “secondo coscienza”.
L’età orienta in modo evidente questi atteggiamenti. La poca attenzione nei confronti della Chiesa e dei suoi insegnamenti, infatti, cresce sensibilmente inversamente all’età. Fino a raggiungere il distacco maggiore fra i più giovani, al di sotto dei 30 anni. Mentre circa 3 su 4 fra coloro che superano i 65 anni continuano a esprimere interesse e attenzione.
Dovunque, però, oltre ogni distinzione e differenza di partito, appare maggioritaria la quota di chi attribuisce al pensiero ecclesiale un’importanza relativa, non determinante al punto di condizionare le scelte delle persone. D’altronde, nel corso degli anni, è cambiata profondamente anche la Chiesa. Non solo perché la sua influenza sulla società e sulla vita delle persone si è ridimensionata. Ma perché i suoi orientamenti si sono differenziati. Il suo insegnamento è divenuto pluralista.
E oggi, nel mondo cattolico e nella Chiesa, le posizioni sui temi della disuguaglianza e del rapporto con la società vanno ben oltre la distanza e la distinzione fra schieramenti politici.
In particolare, se si pensa all’impegno nei confronti delle persone, delle situazioni di fragilità e dei Paesi più deboli.
Un solo esempio: quello dell’alluvione, dove nei nostri territori i sacerdoti sono stati spesso i punti di riferimento della solidarietà alla popolazione colpita.
Fortunatamente esistono esperienze, associazioni e figure importanti di riferimento. E tutti noi ne abbiamo conosciute e frequentate molte, che ci hanno aiutato a guardare il mondo nel segno della solidarietà e della speranza. Che sanno aiutare gli altri e nello stesso tempo dare fiducia anche a noi stessi.
(Tiziano Conti)