Nell’Olimpiadi in cui tutti festeggiano i vincitori di una medaglia, ci sono anche atleti che hanno storie da raccontare fuori dal contesto dei “forti, belli e vincenti”.

Usain Bolt (photo Bobilderivative work)

Temalini Manatoa ha vent’anni e ha corso i cento metri femminili in 14”04, non proprio una performance indimenticabile. Viene da Tuvalu, uno dei paesi più piccoli al mondo. Anzi, nemmeno un paese, una striscia verde in un mare d’ acqua. La capitale è Funafuti, che ha l’aeroporto con quattro voli a settimana.
Quando atterra l’aereo suona la sirena e Temalini (e non solo lei) deve sloggiare dalla pista che serve da campo di allenamento, da autostrada, da tavola da picnic, da spazio comunitario, da tutto.

Tuvalu spesso va sottacqua, scompare sotto le mareggiate. È una mini Venezia polinesiana, senza calle, senza palazzi storici. Tra vent’anni non ci saranno più isola e dintorni. Tuvalu sarà sommersa dall’innalzamento dei mari, lo dicono gli studiosi del cambiamento climatico. Non serve imparare a correre i cento metri, perché a Tuvalu il traguardo più che irraggiungibile sarà inesistente. La marea si porterà via la terra e la pista.

Nauru è un’isoletta della Micronesia, la terza più piccola al mondo per territorio e popolazione. Ci vogliono 25 minuti in auto per fare il giro completo. C’è un solo semaforo e quando è rosso bisogna fermarsi: atterra o decolla l’aereo. Non ha confini terresti, solo mare. Clima caldo (30° fissi) e umido. Winzar Kakiouea, 23 anni, è stato il solo rappresentante di Nauru a Parigi. Gli altri paesi che si sono presentati con un solo atleta: Belize, Liechtenstein e Somalia. A Parigi il suo tempo sui 100 metri maschili in atletica è stato di 11”15. In Italia la donna più veloce corre in 11”01. Però va capito, l’isola ha un alto tasso di obesità, il 40% della popolazione è affetta da diabete mellito di tipo II: lui non ha allenatore, solo un cugino a cronometrarlo.

Kimia Yousofi, 28 anni, è arrivata ultima con 13”42 nella sua serie dei cento metri femminili. Ha il capo velato e gli occhi pieni di dolore. Viene dall’Afghanistan, era stata portabandiera a Tokyo, quando è stato il momento di rientrare a Kabul l’hanno avvisata: meglio che cambi aria, i talebani non gradiscono donne atlete. È scappata a Sydney in Australia. La delegazione afgana a Parigi aveva tre uomini e tre donne, ma le autorità del paese hanno affermato che era composta solo da tre persone, i tre maschi. C
osì lei al traguardo si è tolta il pettorale e ha mostrato le tre righe che aveva scritto dietro: Education. Sports. Our rights. (Educazione. Sport. I nostri diritti). “Ho delle compagne di squadra che sono state prese a calci dai soldati talebani mentre cercavano di allenarsi. Non possiamo andare a scuola, non contiamo come esseri umani, dobbiamo solo stare zitte. Io voglio dare una piattaforma a tutte le ragazze in Afghanistan, a tutte le donne alle quali è stato rubato un sogno”.

C’è sempre un modo per andare veloci, anche se si corre piano.

(Tiziano Conti)

Usain Bolt (photo Bobilderivative work)