Imola. Sono tre gli ex pazienti dell’Istituto di riabilitazione di Montecatone impegnati ai Giochi Paralimpici di Parigi: Carlotta Ragazzini, Giada Rossi e Stefano Travisani. Non è un caso: a Montecatone, infatti, come spiega Roberta Vannini, coordinatrice del programma Riabilitazione tramite Gesto Sportivo, “l’inserimento dello sport nel Progetto personalizzato di riabilitazione del paziente (Rds) ha lo scopo di utilizzarne i benefici per incrementare i risultati del programma riabilitativo. In particolare, l’utilizzo del gesto sportivo in modo mirato e specifico, ha l’obiettivo di aumentare la capacità di reazione, la forza e il tono muscolare, la resistenza allo sforzo e la capacità cardiorespiratoria, il controllo del tronco, la coordinazione e la sicurezza nella gestione della carrozzina”.
Carlotta Ragazzini, 23 anni, di Faenza, è impegnata nel tennistavolo. “Durante il ricovero nell’unità spinale di Montecatone, a seguito dell’aggravarsi della sua condizione fisica dovuta a un cavernoma intramidollare insorto a 18 mesi di vita – è scritto nella presentazione della squadra italiana preparata dal Comitato Italiano Paralimpico, col quale Mri collabora da tempo – ricorda di aver sentito il rumore di uno scambio di tennistavolo proveniente dal terzo piano della struttura, dove si tenevano le attività ricreative. Si è incuriosita e ha deciso di provare. In breve tempo il tennistavolo è diventato una vera e propria passione”.
Giada Rossi, 30 anni, di San Vito al Tagliamento (Pn), anch’ella impegnata nel tennistavolo, spiega al Cip di ricordare molto bene “la prima convocazione in Nazionale: mi ero appena diplomata – dice – e sarei andata a disputare gli Europei di tennistavolo, ero emozionatissima”, succedeva nel 2013. Nel 2008, a 14 anni, un tuffo nella piscina di casa le causa una tetraplegia. Tante le persone che hanno contribuito alla sua crescita sportiva e personale: “La mia famiglia è stata fondamentale, così come lo è sempre stato il mio allenatore, che mi ha motivata e aiutata nei momenti difficili”.
Stefano Travisani, 39 anni, di Milano, impegnato nel tiro con l’arco, dice al Cop che “quando tutto sembra finito, è proprio là che comincia la storia. La disabilità va in primis accettata, poi mostrata con orgoglio”. A Stefano lo sport ha tolto tanto, perché la sua paraplegia è dovuta a un incidente nel 2015 in sella alla mountain bike ma gli ha anche restituito molto e oggi è una delle punte di diamante della Nazionale. A Tokyo 2020 il momento più emozionante della sua carriera. “La medaglia d’argento nel mixed team l’ho dedicata alla mia famiglia, ai miei geni- tori e alla mia compagna. Anche se dico sempre che l’argento è una medaglia persa, è stata la mia prima Paralimpiade e va bene così”.
Un grande in bocca al lupo è stato rivolto agli atleti dal commissario straordinario di Mri, Mario Tubertini secondo il quale “questi risultati sono anche frutto del lavoro che quotidianamente i nostri operatori, in sinergia con i tecnici Cop, svolgono verso le persone ricoverate, facendo conoscere e praticare diversi sport paralimpici. Per noi la rieducazione tramite gesto sportivo è un vero e proprio strumento di riabilitazione e di integrazione”.
Il Progetto riabilitativo prevede infatti l’eventuale inserimento dei pazienti in diverse discipline sportive: nuoto, tennis, basket, scherma, tiro con l’arco, tiro a segno con pistola e carabina ad aria compressa, ping-pong, uniciclo e golf. L’attività richiede luoghi disponibili – per lo più all’esterno dell’ospedale – e competenze tecniche specifiche. L’Istituto si avvale della collaborazione del Comitato italiano paralimpico per ciò che riguarda il reperimento di attrezzature, luoghi di svolgimento e personale tecnico specifico.