Non rileviamo nessuna novità positiva nell’anno, tutto sta procedendo  come al solito per gli agricoltori: di male in peggio.

Il cambiamento climatico è sempre più evidente e presente: tre alluvioni in 18 mesi, gelate tardive, grandinate, una tromba d’aria, temperature estreme.

I costi dei mezzi tecnici permangono, la mancanza di manodopera ( professionalizzata) oramai è endemica, i prezzi al produttore  non sono tali da  fargli ottenere un reddito positivo aziendale.

Abbiamo assistito all’ennesimo tonfo (informatico gestionale) degli indennizzi Agricat e  delle domande PAC, centinaia di milioni di € di soldi pubblici per una informatizzazione che stenta a funzionare, come al solito spesi male. Il fondo Agricat inoltre  una barzelletta, con soli 350 ml€ di dotazione dovrebbe coprire danni per miliardi. Ne hanno spesi si e no 45 ml € più altri 60 ml € su altra legge. Mah! Adesso parlano di un tavolo tecnico con le associazioni, della possibilità di ripresentare le domande: bocciate al 80% nella prima tornata. Il presidente di Cia Emilia Romagna è sceso in campo per provare a fare proposte non solo sui danni da calamità eccezionali che stanno divenendo ordinarie. Ha ragionato anche sulle delle assicurazioni agevolate. Che sono tali sicuramente per le grandi compagnie assicurative non per gli assicurati. Si parla di riformarle, renderle più efficienti, perché oramai per un agricoltore, la maggior parte, pagare una di queste polizze significa prendere la “grandine.

Registriamo da parte dei commercianti privati e anche dalle cooperative (?) la nuova usanza di pagare il prodotto frutticolo alla consegna. Non per rispetto delle norme, mai attuate, ma per il grande bisogno di avere prodotto locale, sempre più scarso, evitando di andare a comprarlo a centinaia di km. Comincia a farsi magra la situazione per questi signori che per anni hanno fatto il loro esclusivo interesse senza coltivare con cura la base produttiva agricola  che,causa calamità, età avanzata, ecc. sta piano piano (si fa per dire) estinguendosi. I giornali di settore in particolare negli scorsi mesi hanno sottolineato che il futuro dell’agricoltura si trova nella agronica, nella AI, nella meccanizzazione 4.0, il tutto sovvenzionato parte da fondi pubblici e dalle banche con mutui e prestiti agevolati.

Non solo hanno riportato da parte di coop e privati di bilanci soddisfacenti (grazie ai fondi UE e anche alla fiscalità privilegiata?) con ritorni economici verso i produttori aumentati di alcuni punti percentuali. Mi sembra onestamente tutta propaganda fatta per evitare di guardare il baratro su cui si trovano loro, ma anche noi. Idee nuove, in linea con l’attuale presente e l’immediato futuro poche.

In Italia abbiamo troppi centri decisionali sulle politiche agricole, istituzionali o meno, non collegati fra loro o per meglio dire che lavorano solo per gestire il presente. Ha ottenuto di più la protesta degli trattori dall’UE che l’intera panoplia delle Organizzazioni sindacali di categoria. Con questo non si può affermare che gli Agricoltori Italiani hanno vinto la guerra, ma solo una battaglia.

Questi agricoltori devono riflettere su cosa fare nell’immediato e agire comunque velocemente. Già per loro essere stati assenti per mesi (lavoravano nei campi per guadagnarsi il companatico)   dal palcoscenico mediatico non gli è stato di aiuto. Una riflessione, prima lasciano le OPA meglio è. In questa fase cruciale è necessario destabilizzare sempre di più le organizzazioni storiche agricole, in primis la Coldiretti che di fatto controlla la politica agraria nazionale, primo perché lo hanno dichiarato senza mezze misure, più di una volta, prova è che hanno in mano il Masaf , Ministro e dirigenti, non solo dall’ultimo governo.

I risultati li vediamo da anni, calo delle aziende coltivatrici dirette familiari, redditi per oltre il 40% di queste sotto la soglia di povertà. Ha portato avanti negli ultimi 25 un azione di “occupazione” dei centri decisionali ed economici del settore agroalimentare. Non solo, quale scopo ha avere creato una società per azioni come Bonifiche Ferraresi? Quali vantaggi hanno avuto i soci, coltivatori diretti a conduzione familiare, della Coldiretti a partire da quelli  ferraresi? Cia e Confagricoltura, a livello nazionale, oramai sono sempre più omologate sulle posizioni della Coldiretti.

Non hanno fatto sentire la loro voce su Agricat e problemi PAC. Sono pronte ad unirsi a Coldiretti nel lodare il Masaf, ma non a criticare o stigmatizzare tutti i problemi derivanti da una inefficiente gestione degli strumenti tecnici , vedasi anche AGEA. La voce della CIA Emilia Romagna non sposta purtroppo le questioni irrisolte sul tavolo.

Riponiamo un minimo di speranza sugli agricoltori che hanno dato prova di volere cambiare le cose, sono però ancora pochi…e soprattutto sono condizionati da anni di martellamento, da parte di chi ha grandi interessi economici sul produrre a tutti i costi. Purtroppo il nostro paese e quindi anche la nostra regione non si può permettere di investire risorse su produzioni di bassa qualità, fatte in ogni dove, dove chi ne trae vantaggio non sono i produttori agricoli , ma tutti i soggetti a valle e a monte. Vi è bisogno di porre le basi per una nuova imprenditoria che si approcci ai contratti di rete e di filiera fuori da condizionamenti politico sindacali.

Bisogna iniziare a riprogettare il sistema agricolo su cui si basa il settore agroalimentare italiano che potrebbe andare verso una crisi irreversibile. In questa fase oltre che puntare sulla qualità, certificata, fatta nelle zone vocate, promozionata e valorizzata all’estero da un intero sistema, è opportuno riflettere sul ruolo dell’impresa agricola nelle nostre fragili zone collinari e montane.

Forse è venuto il momento di sostenere in maniera decisa dal punto di vista finanziario le ancora esistenti aziende cd che possono e devono produrre Capitale Naturale: biodiversità animale e vegetale in primis. Opporsi ai cambiamenti climatici non si può, le parole e gli slogan partitici non servono. Grandi imperi sono crollati sotto queste dinamiche. In ultimo non è più pensabile che la politica si disinteressi del settore primario che diventerà sempre più elemento legato agli equilibri geo strategici. Il cibo, l’acqua, la gestione corretta del territorio, la qualità dell’aria sono questioni che non possono essere solo governate e conosciute da tecnici o gruppi di cittadini ideologizzati, o da organizzazioni sindacali autoreferenziali, i partiti devono andare oltre ai semplici slogan utili ad acquisire consenso elettorale.

Le alluvioni in Romagna forse stanno insegnando qualcosa, purtroppo si impara solo dopo avere subito questi disastri. La Regione, visto il ruolo e le competenze che gli sono attribuite,  ha la responsabilità di interpretare in maniera corretta , fuori da condizionamenti economici di parte i processi in atto. Questa la sfida epocale che stiamo affrontando.

(Raul Dardi)