Abbiamo fatto alcune domande a Andrea Valentinotti, autore di un volume sulle leggi fasciste.

Cosa c’è di simile alle leggi fasciste degli anni ’20?
“Occorre prestare molta attenzione per evitare il rischio di “facili conclusioni”, probabilmente utili solamente a chi invece sostiene questo Governo.
Il Disegno di Legge detto “Sicurezza” non prevede norme penali identiche a quelle che il regime fascista, per penna del Ministro Rocco, introdusse nella seconda metà degli anni ’20: un Tribunale speciale e lo scioglimento di associazioni è una eventualità impedita dall’esistenza della Costituzione.
Ciò che invece evidenzia analogie è l’introduzione di nuovi reati, di discutibile utilità, motivati da una necessità, francamente non individuabile, di proteggere l’ordine urbano. Per essere chiari, questo Governo in due anni è intervenuto più e più volte nel Codice penale; su tutti, è noto il reato anti rave-party.
La prima critica che ritengo si possa muovere è quella che si ritiene, ancora una volta, che il diritto penale sia lo strumento per contrastare tutto ciò che non piace al Governo; con il non piace intendo dire ciò che, sempre per il Governo, è moralmente o eticamente censurabile. Si badi bene che questo metodo non è nuovo alla politica degli ultimi venti anni, ma certamente la frequenza con la quale si è intervenuti in questa legislatura non ha rivali.
Da qui partono due aspetti: l’idea che il diritto penale, quindi il carcere, sia l’unico strumento per contrastare fenomeni sgraditi e soprattutto la trasformazione del diritto penale in diritto morale. Torno sull’esempio del reato anti-rave party: in un sistema che prevede già il reato di molestie o disturbo del sonno (ed ovviamente anche altre ipotesi più gravi) qual è il significato di creare un nuovo reato come quello in esame? La risposta è ovvia: non si punisce chi disturba ma si vuole criminalizzare l’autore, ossia il soggetto che frequenta tali ambienti.
La seconda critica, qui torniamo al DDL Sicurezza, è motivata dall’introduzione di nuovi reati, o aggravanti di reati già esistenti, la cui scelta sembra essere solamente quella di ostacolare, per non dire reprimere, alcune forme di dissenso.”

Per esempio?
“Molto brevemente, due sono i nuovi reati maggiormente criticati: la cosiddetta norma “anti-Gandhi” che punisce chi ostruisce una strada col proprio corpo, prima sanzionato solamente in forma amministrativa (l’equivalente di un divieto di sosta) e il reato di rivolta in carcere anche con resistenza passiva.
Nel primo reato di fatto si va a parificare, anche se con pene meno severe ma pur sempre sanzioni penali, colui che, anche da solo, rallenta la viabilità (quasi certamente per protestare e manifestare) all’interruzione dell’intero servizio, come già previsto dal Codice penale. È ovvio che se le conseguenze sono queste, il cittadino che intende manifestare o protestare in forma pacifica, fuori dai casi di manifestazioni organizzate, sarà certamente disincentivato.
Il secondo reato, ossia la rivolta in carcere, è emblematico: in una situazione ormai decennale di sovraffollamento nelle carceri, con la conseguenza che queste sono vere e proprie polveriere, lo strumento normativo per evitare le rivolte non può essere quello della sanzione detentiva (sarebbe un palese controsenso). Punire anche il comportamento passivo, da sempre considerato del tutto privo di rilevanza penale in ambito di reati contro corpi e ufficiali di polizia, è costituzionalmente ancora più discutibile e incomprensibile.
Se ne deve aggiungere un terzo, ossia l’aggravante di chi compie resistenza o minaccia a pubblico ufficiale per impedire la realizzazione di un’opera pubblica o infrastruttura. Ferma ogni condanna contro atti di violenza, questa nuova aggravante, voluta parallelamente alla discussione parlamentare sul ponte sullo Stretto di Messina, sembra essere uno strumento preventivo per quel che sarà.”

Come può Nordio accettare tutto?
“Personalmente auspicavo che la nomina di Nordio quale Ministro di Giustizia fosse una garanzia al rischio di deriva populista. Nelle sue diverse pubblicazioni della seconda metà degli anni ’90, criticò l’introduzione di nuovi reati e anzi sosteneva la necessità della depenalizzazione di tante fattispecie. Diventa quindi difficile provare ad accennare ad una risposta.”

(m.z.)