La Commissione europea ha votato favorevolmente alla proposta di declassamento del grado di protezione del selvatico, ma cosa significa in termini pratici? Sarà “caccia selvaggia” perchè i lupi sono “oramai troppi”? Oppure è una risposta sbagliata ad un problema? Già, ma quale problema?
Cosa è accaduto
E’ chiaro che il ritorno dei grandi carnivori nei territori antropizzati di tutta Europa, sta mettendo in discussione gli equilibri tra molte attività umane e la fauna selvatica. Di certo, la presenza del lupo o dell’orso, ma anche quella della lince e dello sciacallo dorato, non sono paragonabili agli effetti di una salamandra, di un coleottero o di un pipistrello.
Su pressione delle associazioni agricole, già a novembre 2022 il Parlamento europeo aveva approvato una risoluzione con la quale si chiedeva alla Commissione di modificare lo status di protezione di lupi e orsi. La Commissione aveva quindi avviato un’analisi per valutare la richiesta e a dicembre 2023 (“Lupi: la Commissione vuole abbassare il grado di protezione in UE“) aveva annunciato la sua posizione favorevole al declassamento dello stato di protezione, sulla base dei dati raccolti in un’analisi pubblicata anch’essa a dicembre che stima una popolazione di circa 20.300 lupi nel territorio dell’Unione.
In altre parole, a differenza del 1979, periodo dei negoziati della Convenzione di Berna (ovvero l’accordo internazionale sulla conservazione dell’ambiente, a cui l’UE ha aderito) la popolazione europea del lupo ha superato il rischio dell’estinzione, una buona notizia, ma che non è scevra di conseguenze.
Ecco, allora, che, a fine settembre scorso, il Consiglio europeo ha dato il via libera definitivo alla proposta di chiedere una modifica dello stato di conservazione del lupo al Comitato permanente della Convenzione di Berna, La proposta consiste nello spostamento della specie dall’allegato II (elenco delle specie rigorosamente protette) all’allegato III (specie protette) della Convenzione.
Cosa è cambiato, facciamo un pò di chiarezza
Per il momento non è cambiato assolutamente nulla, ossia fino a quando il lupo non sarà formalmente escluso dall’allegato II della Convenzione di Berna (dove ci sono anche il castoro, il gatto selvatico e la tartaruga marina, tanto per citarne altri) è vietato catturarlo, ucciderlo, detenerlo, trasportarlo, scambiarlo, commercializzarlo, disturbarlo e/o danneggiare i siti di riproduzione e le aree di sosta (art. 8, D.P.R. 357/1997) violazioni che comportano l’arresto da due a otto mesi o l’ammenda da € 774,00 a € 2.065,00 (art. 30, com. 1°, lett. b, L. 157/92 e s.m.i.).
Ciononostante le norme attuali già prevedono la possibilità che, in casi motivati di grave rischio al bestiame e/o di tutela della sicurezza pubblica, sia possibile ricorrere ad “abbattimenti in deroga”, ovvero in eccezione alla norma. Solo che per procedere in tal senso è necessaria l’autorizzazione del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ed il parere favorevole di Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale). Fermo restando che tutti i tecnici concordano che, al fine di evitare i danni al bestiame e, più in generale, agli animali domestici, lo strumento fondamentale resta la prevenzione, ossia il buon governo degli animali (custodia, ricovero notturno) e la difesa (cani da guardiania, recinzioni).
Insomma quindi ad oggi, sono già presenti strumenti normativi per intervenire nei casi in cui singoli individui presentino comportamenti problematici oppure nuclei familiari abbiano un impatto rilevante sulla zootecnia in determinate aree. Esempio dell’utilizzo delle deroghe all’attuale stato di protezione del lupo sono oggi presenti in alcuni stati Europei che da anni praticano abbattimenti selettivi in determinati casi.
Cosa potrà cambiare?
L’iter di declassamento potrà durare molti mesi, addirittura anni, perchè comporta l’aggiornamento “a cascata” di numerose norme, tra le quali gli allegati della direttiva Habitat (la norma europea attuativa della Convenzione di Berna). Una volta concluso l’iter UE, i singoli paesi potranno stabilire nuove norme per regolare le condizioni di controllo del selvatico (per l’Italia, tra le altre, la Legge 157/1992 – Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) compreso l’abbattimento selettivo, fermo restando che va salvaguardato un livello soddisfacente di conservazione della specie su scala nazionale.
Dal punto di vista scientifico probabilmente è vero che il lupo è scampato dal pericolo di estinzione, ma l’assunto che, in realtà, ha messo in moto tutto questo ambaradan è un altro, ovvero: meno lupi = meno predazioni… ma ne siamo proprio sicuri? Gli equilibri ambientali sono fenomeni complessi che non sempre rispondono a formule matematiche semplificatrici, tant’è vero che questa correlazione non è attualmente supportata da prove.
Un articolo recentemente pubblicato sulla rivista Conservation Letters ha analizzato gli effetti degli abbattimenti dei lupi sull’andamento delle predazioni sul bestiame in Slovacchia nel periodo 2014-2019. Questo studio non ha osservato alcuna correlazione tra il numero di lupi abbattuti e le perdite di bestiame registrate. In pratica non si è evidenziata alcuna variazione nel tempo del numero di capi d’allevamento uccisi nelle zone in cui venivano fatti gli abbattimenti e non sono state trovate differenze nel numero di capi predati rispetto alle zone di controllo, nelle quali i lupi non venivano prelevati. In Slovacchia le quote di abbattimento dei lupi erano state definite su scala nazionale e regionale pertanto non miravano a specifici hotspots in cui si erano registrati danni elevati agli allevamenti, dimostrando che la riduzione delle predazioni non è una giustificazione su base tecnico-scientifica agli abbattimenti generalizzati.
In Francia, dove c’è un Prefetto che coordina un Piano di azione nazionale sul lupo, vengono organizzati piani di abbattimento, in base ai danni sul bestiame, che possono arrivare al 20% della popolazione, ma i risultati di questi abbattimenti si sono rivelati addirittura controproducenti, aumentando in qualche occasione l’impatto predatorio a danno delle aziende dove erano stati praticati gli abbattimenti.
Dobbiamo tener presente che il lupo è un animale stanziale, i branchi familiari, una volta che hanno stabilito un territorio che conoscono alla perfezione e rappresenta la loro dispensa alimentare, scacciano lupi sconosciuti, inoltre il numero di componenti del branco dipende sostanzialmente dalla quantità di cibo reperibile. Inoltre dalle analisi delle feci è documentato che la predazione sugli animali allevati, generalmente, è una quota piuttosto limitata della dieta dell’animale.
I lupi si rivolgono ai domestici solo saltuariamente, quando li trovano come cibo “facile”, oppure in mancanza di alternative, ma la loro dieta è fondamentalmente costituita da prede selvatiche, senza le quali non potrebbero sopravvivere.
Prelevare qualche componente dal branco non porterà particolari modifiche alle abitudini e verrà rapidamente sostituito (l’aspettativa di vita dei lupi, ad un anno, è mediamente del 50%). E aggiungo un’altra considerazione: eliminare l’intero branco significa rendere disponibile quel territorio a nuovi individui, animali che non conoscono a fondo le risorse alimentari presenti e potranno trovare più semplice rivolgersi ai domestici, di facile individuazione.
Insomma, diversi studi concludono che per ridurre le predazioni sul bestiame è più utile ricorrere ad interventi non letali ed alla diffusione capillare degli strumenti di prevenzione come mezzo per favorire la coesistenza fra lupi e attività zootecniche.
Non va mai dimenticato, infine, che il lupo è particolarmente soggetto al bracconaggio, in paricolare da bocconi avvelenati, una pratica devastante per gli ecosistemi faunistici ma molto difficile da perseguire ed eradicare. Allentare le norme sulla salvaguardia di questo animale, facendo pensare che possa essere considerato un animale “nocivo”, senza intensificare i controlli sui territori e sulla specie, non potrà che far aumentare questo reato (Portale nazionale degli avvelenamenti dolosi degli animali)
(Luca Bartolucci)